Arriva il Fondo sovrano Ue
Bruxelles annuncia la sua strategia per difendersi dall’Inflaction Reacton Act Usa: subito un piano industriale per il Green Deal, poi l’European Sovereignty Fund per sostenere la transizione green
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Stati Uniti, ma anche India e Germania, private asset e sempre più Emergenti. I fondi sovrani, con una potenza di fuoco che ha ormai raggiunto i 33 mila miliardi di dollari, hanno le idee ben chiare quando si parla di asset allocation, e hanno ormai abbandonato il Regno Unito, passato dall’essere il mercato preferito alla quarta posizione, per altri più promettenti lidi.
Lo rivela l’edizione speciale pubblicata per il decennale di Invesco Global Sovereign Asset Management Study, basata sui dati raccolti negli ultimi dieci anni, che ha fotografato l’ascesa degli investitori sovrani al rango di istituzioni pubbliche molto influenti, con un ruolo di leadership ormai commisurato alle loro dimensioni e importanza come investitori.
Dal primo studio Invesco, gli investitori sovrani sono cresciuti in termini di dimensioni collocandosi tra gli investitori istituzionali più influenti del mondo, con asset gestiti per 33 mila miliardi di dollari Usa. Questo percorso li ha visti maturare fino a diventare istituzioni pubbliche di alto profilo dalle quali ci si aspetta trasparenza e responsabilità e che diventino i fautori di un cambiamento economico e sociale positivo.
Il successo dei fondi sovrani ha spinto numerosi Paesi a creare i propri. Nell’ultimo decennio si è assistito a un aumento costante del numero di fondi sovrani di sviluppo, ossia impegnati nella diversificazione e nello sviluppo dell’economia locale. I governi di diversi mercati emergenti, in particolare in Africa, riconoscono sempre più il ruolo che possono svolgere nella promozione dello sviluppo a lungo termine. Negli ultimi dieci anni, nel continente africano sono stati istituiti 12 nuovi fondi sovrani di cui 11 con un ruolo strategico nello sviluppo delle rispettive economie locali.
I fondi sovrani di sviluppo sono aumentati diventando sempre più sofisticati.
Un tempo considerati i depositari del patrimonio statale, oggi sono investitori globali più convenzionali con target di rendimento aggressivi. Gli investimenti strategici diretti che nel 2013-14 costituivano il 79% dei portafogli di fondi sovrani di sviluppo, sono scesi al 46% nel 2022, a favore di allocazioni più elevate ad azioni, obbligazioni e strumenti alternativi.
Nel 2014, come si diceva, i fondi sovrani consideravano il Regno Unito la destinazione più ambita in cui investire, seguita rispettivamente da Germania e Stati Uniti. Da allora, grazie alla costante crescita economica, alla solidità della valuta e alla stabilità sul piano normativo, Washington ha soppiantato Londra come mercato più interessante, e quest’ultima è scasa al quarto posto, dietro anche a India e Germania.
Ma qualcosa sta cambiando di nuovo. Sebbene nell’ultimo decennio gli Usa siano stati una destinazione primaria per gli investimenti, recenti interviste rivelano un crescente desiderio di ottenere un’esposizione globale più bilanciata. Alcuni investitori sovrani ritengono infatti di essere diventati eccessivamente dipendenti dai rendimenti del mercato statunitense, condizione che li ha esposti alla correzione dei mercati azionari del 2022.
E gli Emergenti sono destinati a beneficiare di tale ribilanciamento. L’India ha superato la Cina quale mercato emergente più apprezzato avendo scalato la classifica da nono mercato preferito in generale nel 2014 a secondo nel 2022. Sebbene, a detta degli analisti Invesco, ciò sia riconducibile in parte alla riduzione dell’esposizione alla Cina da parte dei fondi con allocazioni asiatiche dedicate, gli investitori hanno elogiato le positive riforme economiche e il solido profilo demografico dell’India.
“I profili demografici hanno rappresentato un tema chiave nei nostri recenti colloqui con gli investitori sovrani – spiega Rod Ringrow, head of official institutions di Invesco -. Essendo investitori a lunghissimo termine, in genere sono più propensi ad accettare i rischi politici e valutari che caratterizzano Paesi con popolazioni in rapida crescita, che potrebbero invece dissuadere altri tipi di investitori istituzionali. Si ritiene che tali mercati offrano spesso opportunità a lungo termine nel settore immobiliare e delle infrastrutture, in particolare”.
Nel perseguire la diversificazione tra i bassi rendimenti, le allocazioni dei fondi sovrani al segmento private equity, immobiliare e infrastrutture hanno registrato un aumento passando dall’8% nel 2013 al 22% nel 2022. I fondi sovrani gestiscono ora asset dei mercati privati per 719 miliardi di dollari Usa, rispetto ai 205 miliardi del 2011.
Tuttavia hanno dovuto competere per tali asset con altri grandi investitori istituzionali e, in recenti interviste, molti si sono chiesti se sia possibile mantenere questo ritmo nel prossimo decennio. Un intervistato della regione Apac ha osservato che la “domanda sempre maggiore di mercati privati… rema contro i proprietari di asset in termini di prezzi e potrebbe essere fonte di problemi nel lungo termine”.
L’incremento dei rendimenti potrebbe offrire una valvola di sfogo. Sebbene dal 2013-14 al 2021-22, le allocazioni obbligazionarie dei fondi sovrani di tipo liability sono scese dal 38% al 29%, questa tendenza potrebbe essere destinata a invertirsi nei prossimi anni e, a detta di molti, l’obbligazionario mostra ancora una volta un potenziale difensivo di diversificazione a lungo termine.
“Negli ultimi dieci anni, i fondi sovrani hanno investito con il vento in poppa – sottolinea Ringrow -. Gli investitori sovrani con i quali abbiamo parlato per la stesura di questo report prevedono uno scenario futuro molto più complesso in cui l’inasprimento delle politiche monetarie mette in discussione gli assunti macroeconomici in base ai quali hanno operato negli ultimi dieci anni”.
Detto ciò, gli investitori sovrani hanno orizzonti d’investimento pressoché unici e il calo delle valutazioni crea punti di ingresso interessanti per sfruttare le opportunità a lungo termine. “Nel corso degli ultimi dieci anni, i fondi sovrani si sono adattati ed evoluti, sviluppando strategie per far fronte alle oscillazioni dei mercati e cogliere le opportunità. Con il 2022 che sembra assomigliare a un punto di flesso, dovranno continuare a farlo per i prossimi dieci anni”, conclude Ringrow.
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