Mario Draghi visto dai gestori di fondi. L’impatto sui portafogli
L’ex governatore Bce apre al terzo governo della diciottesima legislatura e calma la speculazione dei mercati. Ma gli investitori restano alla finestra
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Non si ferma l’effetto Mario Draghi a Piazza Affari. Anzi, piuttosto sembra aumentare d’intensità mano mano che le consultazioni procedono e si allarga il consenso politico intorno alla formazione di un esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. Dopo la corsa degli ultimi due giorni, il listino milanese è ancora in rialzo, ma è soprattutto lo spread a risentirne in modo evidente, tanto che in mattinata è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 punti base, ai minimi da dicembre 2015, attestandosi a metà seduta a quota 97, con il rendimento del decennale italiano allo 0,52%.
E per molti esperti ciò a cui stiamo assistendo è solo l’antipasto. Il differenziale Btp-Bund, termometro della fiducia che gli investitori nutrono nel nostro Paese, già sceso di circa quindici punti base da quando Mattarella ha pronunciato il nome di Supermario, potrebbe infatti calare in maniera decisa e arrivare intorno a quota 70 punti base, e più giù ancora, fruttando all’Italia notevoli risparmi.
“La formazione di un governo a guida Draghi vale a nostro giudizio un restringimento dello spread di 20/25 punti base – afferma Andrea Delitala, head of euro multi asset di Pictet Asset Management -. L’effetto annuncio e i progressi di ieri hanno già provocato una compressione di 15 punti base fra mercoledì e giovedì. Unulteriore compressione di 20 punti base sarebbe possibile sui progetti presentati e approvati dalla Commissione europea contestualmente a credibili riforme strutturali su PA, pensioni e giustizia presentate nei prossimi mesi. Il differenziale contro il Bund potrebbe così comprimersi dai 100 punti base attuali a 70 punti base, non lontano da quello fra il Bund e i Bonos spagnoli”.
Quindi, secondo i calcoli di Delitala, oltre ai risparmi sugli interessi già maturati in tutta la fase di discesa dei rendimenti a livello globale che consente al Paese di emettere oggi a tassi mediamente (tra Bot, Cct e Btp ecc.) vicini allo 0%, ben al di sotto del costo medio del debito pregresso (circa 2,5%), un ulteriore restringimento dello spread di circa 50 punti base vale ogni anno un risparmio aggiuntivo quantificabile in circa 1,5 miliardi di euro.
“I fondi che verranno trasferiti all’Italia a valere sul bilancio della Commissione europea – prosegue Delitala -, consentiranno ulteriori risparmi rispetto alla traiettoria del debito pubblico italiano, in quanto quei fondi rappresentano minori emissioni italiane e corrispondenti maggiori emissioni da parte dei Paesi ‘finanziatori (Germani, Francia, ecc.). Il differenziale di rendimento dovrebbe dunque comprimersi ulteriormente negli anni di erogazione dei fondi Rrf (fino al 2027)”.
Per l’esperto di Pictet Am, se le riforme strutturali verranno realizzate efficacemente utilizzando i fondi del Recovery Fund producendo un sostanziale incremento della crescita potenziale dell’economia italiana, un ulteriore restringimento dello spread è prevedibile passando attraverso il miglioramento del merito di credito del debito italiano da parte delle agenzie di rating. Per questo, il governo Draghi è l’occasione per instaurare “un circolo virtuoso da non mancare”, conclude.
Ancora più ottimista è Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm. “Nel lungo periodo – spiega -, se davvero l’Italia dovesse risollevarsi dalla stagnazione dell’ultimo decennio e ridurre il proprio livello di indebitamento, in uno scenario estremamente ottimistico, lo spread potrebbe tornare a livelli pre 2008 (circa 20 punti base), o comunque riassestarsi ai livelli degli altri Paesi dell’Europa periferica (Spagna e Portogallo), i cui spread sono intorno ai 50/57 bps”.
Per Morra questo dipende da numerosi fattori quali unione fiscale, ripresa dalla pandemia e ammodernamento del paese tramite messa in atto di riforme strutturali, richieste più volte dallo stesso Mario Draghi in veste di presidente della Bce.
“Nel breve termine – avverte comunque l’esperto Moneyfarm – la volatilità rende difficile fare previsioni e riteniamo che restringimenti considerevoli del differenziale potrebbero essere di breve durata se non supportati da dati su Pil e utili societari solidi e in crescita già da quest’anno. Ricordiamo inoltre che lo spread è un indicatore altamente ciclico. In altre parole, indipendentemente dall’andamento dell’Italia, nel breve termine, crescerà e diminuirà di pari passo con la volatilità dei mercati globali”.
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