Emergenti: Fed e trade war i driver da monitorare
L'indebolimento del dollaro e il maggior stimolo fiscale in Cina avranno un effetto positivo. Ma gli investimenti devono essere selettivi. I casi di Turchia e Argentina
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Il 31 gennaio scorso, cinque Paesi Gcc (Arabia Saudita, Eau, Qatar, Kuwait e Bahrein) hanno iniziato il loro periodo di ingresso graduale di nove mesi nell’indice Jp Morgan Embi Global Diversified. Questa rappresenta la maggiore singola modifica mai effettuata al principale indice del debito in dollari dei mercati emergenti. L’Oman, l’altro Paese Gcc, è già entrato nel 2018. I nuovi Paesi Gcc costituiranno l’11,4% dell’indice di riferimento, un notevole cambiamento in un solo anno. Alla Cina, per esempio, ci sono voluti sei anni per passare dal 2% al 10%. “Sottolineiamo quanto è necessario che gli investitori in obbligazioni sappiano”, avverte Sabrina Khanniche, senior economist di Pictet Asset Management.
L’Arabia Saudita domina i Paesi Gcc dal punto di vista economico, con una quota del 44% del Pil complessivo. Gli Emirati Arabi Uniti rappresentano il 25%, il Qatar il 14%, il Kuwait il 9%, l’Oman il 5% e il Bahrein il 2%. “Ciò che accomuna tutte le economie Gcc è la loro concentrazione: rappresentano cinque delle sei economie più concentrate al mondo, secondo i dati dell’Onu – spiega l’esperta – . Di conseguenza, le economie dei Paesi Gcc sono molto vulnerabili alle oscillazioni del prezzo del petrolio, il che rende la crescita del loro Pil più volatile”.
Ecco perché la parola d’ordine è diversificare. “Con bassi prezzi del petrolio destinati a diventare una costante e non un fattore temporaneo, è d’obbligo per i Paesi Gcc diversificare le loro economie – avverte l’economista -. Hanno compiuto enormi progressi per raggiungere questo obiettivo. Gli Eau spiccano in modo netto, malgrado la ricchezza petrolifera di Abu Dhabi. Esaminando il sondaggio ‘Ease of doing business’ della Banca Mondiale, gli Eau continuano a essere il Paese favorito, occupando un 11° posto su 190 che li rende molto credibili. Tuttavia, per altri Paesi Gcc la strada è ancora lunga. Ad esempio, l’Arabia Saudita ha attuato numerose riforme dal 2005, ma la sua posizione in classifica è ancora arretrata”.
Guardando avanti, secondo la Khanniche, tutte le economie Gcc mirano a una maggiore diversificazione economica nei rispettivi obiettivi di Vision 2030. Ma adesso occorrono i risultati: gli investitori terranno conto dell’applicazione dell’Iva, delle riforme del contesto imprenditoriale e del mercato del lavoro, e della riduzione dei sussidi, per citare alcuni fattori.
Perché i Paesi Gcc sono stati aggiunti all’indice? “In precedenza erano ritenuti troppo ricchi per rispondere ai normali criteri di ammissibilità nell’indice dei mercati emergenti – risponde l’economista -.Tuttavia, Jp Morgan ha introdotto il coefficiente di parità del potere d’acquisto come nuovo parametro, rendendoli ammissibili per l’inserimento. Inserimento che riflette anche il fatto che i governi Gcc sono diventati tra i principali emittenti di debito al mondo, in quanto il crollo di prezzi del petrolio li ha costretti a rivolgersi ai mercati del debito per ottenere finanziamenti. Le emissioni da parte dei Paesi Gcc sono cresciute fino a raggiungere il 4-5% del loro Pil”.
Qual è l’impatto? “Oltre ad aggiungere una componente di beta del prezzo del petrolio all’indice Jp Morgan Embi, circa 120 miliardi di dollari di obbligazioni saranno aggiunti all’indice entro fine settembre – chiarisce quindi -. Il numero di Paesi che compone l’indice aumenta fino a 72, il più elevato di sempre. Aumenta anche il numero di emittenti e strumenti (rispettivamente di 52 a 731 e di 14 a 168). Con Kuwait, Qatar e Eau nella fascia di rating a doppia A, il rating medio ponderato del benchmark diventerà investment grade (passando a BBB- da BB+). Ciò compenserà i problemi di rating avuti dall’indice per via dei significativi deterioramenti in Brasile, Russia e Turchia”.
La qualità del credito e il rendimento sono differenti tra i Paesi Gcc, sottolinea ancora la Khanniche. Kuwait, Qatar, Arabia Saudita ed Eau evidenziano una maggiore qualità del credito e bassi rendimenti, al contrario di Bahrein e Oman. “È troppo presto per capire quale sarà l’impatto generale dell’inserimento di questi Paesi in termini di rendimento per gli investitori. Tuttavia da inizio anno il Jp Morgan Embi Global Diversified è il migliore indice obbligazionario con un rendimento del 7,65%, quasi il doppio del rendimento del Jp Morgan Gbi-Em Global Diversified in valuta locale. In generale, riteniamo che i Paesi Gcc siano interessanti in termini relativi rispetto all’universo complessivo dei titoli sovrani dei mercati emergenti, dati i loro rating elevati, il minore rischio e riserve finanziarie generalmente più solide, oltre al fatto che sono agganciati al dollaro Usa”, conclude.