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Una performance quasi inaspettata quella dell’Msci Emerging Markets. Un rialzo da inizio anno di circa il 15% (variazione al 19 maggio) che “fa a cazzotti” con le attese successive al cambio di politica monetaria da parte della Federal Reserve. E da qui in avanti il trend positivo dovrebbe proseguire. Infatti il contesto macroeconomico globale appare molto incoraggiante, con la crescita che sta migliorando a livello mondiale. “La politica della Fed sul rialzo dei tassi di interesse si è trasformata in una storia positiva essendo venuto meno l’effetto sorpresa – commenta Enzo Puntillo, responsabile delle strategie obbligazionarie di Gam – Le ragioni alla base della scelta della Federal Reserve, tra cui la solidità dei dati di crescita economica, rappresentano un fattore positivo per le piazze in via di sviluppo. Quindi, la situazione attuale è molto diversa dal contesto in cui si dispiegò il tapering nel 2013, quando gli emergenti mostravano ancora profili di vulnerabilità e il ciclo monetario apparve come una sorpresa inaspettata. Sulla scia del ribilanciamento economico, i mercati si trovano oggi in una situazione economica molto più solida per gestire un dollaro più forte e rendimenti dei Treasury più alti”.
Al di là del contesto globale, ci sono poi alcuni sviluppi specifici negli emergenti che rappresentano un elemento positivo tanto per i singoli Paesi quanto per gli investitori. La storia di ribilanciamento è adesso a buon punto, “e perfino i cosiddetti fragile Five (Turchia, Brasile, Indonesia, India e Sud Africa, ndr) stanno mostrando buoni progressi partendo dalla depressione del 2013 – aggiunge ancora Puntillo – La loro stabilità non dipende più dagli afflussi nei portafogli dato che il bilancio di base è salito in maniera decisa a partire dal 2013. Pochi anni prima abbiamo assistito a una fattispecie simile nell’Europa dell’Est, poiché la regione è stata la prima a intraprendere la strada degli sforzi volti al ribilanciamento”.
Il credito in valuta forte
Il mercato delle obbligazioni emergenti in valuta forte appare oggi ancora a sconto dal punto di vista delle valutazioni, nonostante la forte ripresa dello scorso anno e quella registrata da inizio 2017. Il rendimento a scadenza non ha subìto significative variazioni e tratta ancora intorno a una media del 5,8%. “Ancora più interessante l’aspetto che riguarda lo spread, corretto per il rating, al di sopra delle obbligazioni ad alto rendimento, che ha raggiunto livelli simili a quelli registrati nel 2013 sulla scorta del taper tantrum – aggiunge ancora l’esperto di Gam – Nei primi due mesi dell’anno abbiamo aumentato la nostra esposizione nei confronti del Messico in seguito a quella che era stata una significativa riduzione precedente alle elezioni americane. Inoltre, abbiamo modificato la nostra esposizione nei confronti di alcune obbligazioni messicane in valuta forte, che hanno resistito molto bene durante la fase di correzione, a favore di obbligazioni in valuta locale. Di recente abbiamo anche incrementato la nostra esposizione al peso messicano. In Brasile, invece – continua – preferiamo le obbligazioni indicizzate all’inflazione rispetto ai bond nominali, sulla scia di un’evidentissima diminuzione delle attese d’inflazione. Le aspettative al momento si attestano intorno al 4,5% su un orizzonte temporale di 5-10 anni, una stima abbastanza ottimistica dato che il Paese rimane vulnerabile all’inflazione strutturale. La Banca Centrale brasiliana dovrebbe tagliare ulteriormente i tassi, elemento che ci attendiamo possa tradursi in una diminuzione dei rendimenti reali piuttosto che in un abbassamento delle attese di inflazione”.
E ancora, Puntillo ha una view positiva anche nei confronti della valuta indiana: “Dal nostro punto di vista, il mercato è stato eccessivamente negativo per quanto riguarda gli effetti della demonetizzazione, che ha esacerbato preoccupazioni minori rispetto a quelle temute. Il mercato azionario indiano, che si è ripreso dopo una fase di debolezza, è un driver importante per i flussi dei portafogli”.
I perché dell’Africa
Tra gli emergenti, poi, i gestori mostrano un’attenzione particolare per l’Africa, pronta ad una sovraperformance dopo la pesante debacle degli ultimi anni. L’indice Msci Africa Ex-South Africa è sceso del 31% da settembre 2014, mentre l’Msci World segna un +28 per cento. La perdita del 31% del primo nasconde perdite più ampie nei mercati locali e nel comparto delle small cap. Per esempio, il mercato azionario nigeriano è sceso del 62% e quello egiziano del 50 per cento. Le azioni del comparto bancario keniota hanno perso più del 40 per cento. Il mercato ghanese ha raggiunto il picco nel 2013 ed è anch’esso in perdita del 50 per cento. I driver del declino del mercato azionario africano sono stati il crollo del prezzo delle materie prime, la forza del dollaro e i deflussi dai fondi di investimento specializzati in questa area.
“E ora le valutazioni sono molto attraenti – fa notare Erik Renander, gestore del fondo HI Africa Opportunities di Hedge Invest Sgr – Mentre il mercato statunitense scambia a un rapporto prezzo/utili di 18x e l’Europa di 16x, molti titoli azionari in Africa sono scambiati a valutazioni storicamente basse. Le maggiori banche del Kenya hanno un p/e di 6-7x e dividendi del 6-9 per cento. Le banche nigeriane stanno scambiando a un p/e di 4-6x con profittabilità record e il 20% di coefficiente patrimoniale”.
Ma la sottovalutazione del mercato non è l’unica ragione per investire in Africa, che beneficerà anche di condizioni politiche migliori e della debolezza del dollaro. Oltre che di un processo di urbanizzazione tra i più veloci al mondo. “E le aziende globali riconoscono l’importanza della popolazione urbana africana in crescita – puntualizza Renander – L’importante progetto energetico egiziano, per fare un esempio, è stato il maggiore ordine nella storia aziendale di Siemens, mentre l’industria tedesca Man Diesel & Turbo ha molto nuovo lavoro in Africa, tanto che nel 2015 ha aperto una terza sede a Lagos in Nigeria. Finora, però, i movimenti verso l’Africa sono stati minimi, se comparati alle opportunità. Per il futuro ci aspettiamo che molte più banche, società di private equity, aziende di beni di consumo e aziende tecnologiche destinino risorse al continente africano. Tutto ciò sarebbe positivo per le valutazioni degli asset finanziari africani”.