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Per il country head Italia di Allianz GI, l’incidente aereo in cui ha perso la vita il presidente iraniano non porterà instabilità interna. Sui mercati attesi movimenti intensi ma transitori del greggio. E l’ipotesi scontro diretto con Israele resta lontana
Si aprono scenari inaspettati per l’evoluzione del conflitto in Medioriente, con possibili riflessi anche sui mercati finanziari. Nella mattinata del 20 maggio è infatti arrivata la notizia della morte di Ebrahim Raisi, presidente dell’Iran, in seguito allo schianto dell’elicottero sui cui viaggiava insieme al ministro degli Esteri Hossein Amir Abdollahian e ad altre otto persone. Un evento che non ha lasciato superstiti e le cui circostanze, ancora da ricostruire, saranno oggetto di indagine da parte delle autorità locali. Anche se le redini del governo verranno assunte ad interim dal vicepresidente Mohammad Mokhber, come indicato dalla Guida Suprema nonché capo di Stato Ali Khomeini, c’è chi non esclude che l’accaduto possa ridefinire almeno parzialmente la collocazione di Teheran sullo scacchiere regionale dopo il sostegno incondizionato dimostrato ad Hamas e il tentativo di attacco ai danni di Israele. FocusRisparmio ha raggiunto Enzo Corsello, country head Italia di Allianz Global Investors, per capire cosa aspettarsi e come dovrebbero muoversi gli investitori in una parantesi di così elevata incertezza.
Cosa potrebbe succedere adesso in Iran?
Nonostante siano passate solo poche ore dalla notizia, lo scenario mi sembra già abbastanza delineato: Khomeini indirà elezioni che si terranno a stretto giro e, nel mentre, la gestione ordinaria degli affari governo sarà affidata al vicepremier Mokhber. Quanto alla natura del disastro, non ritengo ci siano spazi per letture in chiave cospirazionista: stando a quanto emerso, si tratta di un incidente riconducibile sia a condizioni atmosferiche estremamente avverse sia alla scelta di ‘sfidarle’ con velivoli risalenti agli anni Settanta e che probabilmente non hanno ricevuto le manutenzioni ordinarie a causa dell’embargo e delle sanzioni a cui l’Iran è sottoposto. Non credo quindi che l’episodio possa essere fonte di destabilizzazione interna, anche perché il Paese ha sempre dimostrato di sapersi compattare di fronte a casi simili.
È quindi da escludere che le future elezioni, alla luce anche dei movimenti di protesta degli ultimi mesi, possano generare nuovi squilibri nel Paese?
Questa ipotesi mi sembra più simile a quanto verificatosi in seguito al caso di Mahsa Amini, percossa a morte dalla polizia religiosa dopo essere stata arrestata perché si rifiutava di indossare il velo nei luoghi pubblici. È in quella circostanza che si è toccato il livello massimo di tensione, ma si tratta di un episodio strettamente legato a vicende interne e che riguardano temi estranei alla geopolitica come l’emancipazione femminile. Quando le minacce venivano dall’esterno, come il raid USA del 2020 in cui rimase ucciso il generale Qasem Soleimani, il Paese si è sempre saputo compattare. Nonostante fatichi a scorgere un coinvolgimento di Washington o Tel Aviv nelle vicende attuali, perché dovrebbe fare diversamente proprio ora che sta combattendo una guerra per procura contro Israele in un territorio così vasto da comprendere lo Yemen e la Siria?
I prezzi del greggio sono tornati a salire anche a causa dei timori di un inasprimento delle tensioni. Cosa potrebbe succedere sui mercati?
È chiaro che il dossier mediorientale stia rappresentando una fonte di tensione notevole sul fronte dell’oro nero ma lo rappresenta nella sua interezza e non in relazione al singolo episodio di cronaca. Lo dimostra il fatto che il movimento al rialzo cui si è assistito nelle ore immediatamente successive alla notizia della morte di Rasi sia durato giusto l’arco di una mattinata, dimostrandosi così effimero. Inoltre, per quanto alto su alti livelli, le quotazioni dell’oro nero non scontano un’involuzione ulteriore dello scenario perché i mercati sono i mercati stessi a non ritenerla un’ipotesi concreta: la stessa Teheran si è sempre chiamata fuori dalla possibilità di un conflitto diretto con Israele o addirittura con gli USA e questo nonostante abbia avuto un casus belli ideale il bombardamento per mano israeliana della sua ambasciata iraniana a Damasco. Credo che tali oscillazioni, alla pari di quelle osservate nel segmento dei metalli industriali, vadano inquadrate anche come conseguenza dell’accorciamento delle supply chain e della ipoglobalizzazione. Siamo passati da una stagione dall’impronta chiaramente disinflazionistica a una caratterizzato dalla re-inflazione, dove la geopolitica e il prezzo delle materie prime contribuiranno a tenere prezzi e tassi di interesse più elevati rispetto al ciclo precedente.
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E per quanto riguarda il risparmio gestito? Quali sono i rischi e i possibili scenari?
La situazione è quanto mai incerta e frammentata, cosa che non giova agli investimenti. D’altro canto, il sistema economico mondiale sta beneficiando di una congiuntura di crescita robusta grazie anche a all’effetto di aiuti senza precedenti dal punto di vista della politica monetaria e fiscale. Chi approccia il processo di investimento deve quindi essere consapevole di un cambiamento strutturale notevole dal punto di vista delle condizioni macroeconomiche e geopolitiche, con maggiore inflazione e più incertezza legata anche a un mondo ormai consumato dalla lotta per la supremazia tra Stati Uniti e Cina.
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