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Le emissioni di carbonio sono la metrica Esg più riportata e l’engagement è lo strumento più utilizzato per gestire il rischio climatico. Clima e ambiente le principali preoccupazioni dei clienti
Gli investimenti Esg continuano ad andare a gonfie vele nonostante il difficile contesto dei mercati, ma per i gestori i problemi restano. E, malgrado sforzi e progressi, sono sempre gli stessi: i limiti sui dati e la mancanza di una rendicontazione standardizzata in molte asset class. È quanto emerge dell’ottava edizione della Esg Manager Survey di Russell Investments che scatta una fotografia a tutto tondo del settore.
Emissioni di carbonio la metrica Esg più riportata
Dall’indagine, che ha coinvolto 236 gestori patrimoniali, emerge infatti che la misura dell’intensità di carbonio dei portafogli è complessivamente la metrica Esg più riportata (87%), principalmente dalla maggior parte delle società che investono in titoli quotati (azioni: 86%; obbligazioni corporate investment grade: 62%; obbligazioni corporate high yield: 57%). Ma la scarsa disponibilità di dati o la mancanza di quadri di rendicontazione standardizzati fanno sì che meno del 30% delle società che investono in altre classi di attività sia in grado di fornire metriche relative alle emissioni di carbonio dei rispettivi portafogli.
Tra le altre preoccupazioni dei clienti, spiccano poi il cambiamento climatico e le questioni ambientali, che pesano complessivamente il 68%. L’engagement è lo strumento più utilizzato dalle società di gestione per gestire il rischio climatico nei propri portafogli di investimento, mentre aumenta dal 55% del 2021 al 63% di quest’anno la percentuale delle risorse Esg dedicate nell’industria del risparmio gestito.
Insomma, nonostante le crescenti aspettative e le linee guida del settore sul reporting Esg, i risultati della ricerca di Russell indicano che questo aspetto continua a rappresentare una sfida. Molte società assegnano punteggi Esg qualitativi, mentre i dati sul carbonio sono più spesso di tipo scientifico. Tra le società focalizzate sul reddito fisso, il 41% ha detto di disporre di dati Esg per le obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati, mentre solo il 27% dispone di una qualche forma di dati sulle emissioni di carbonio. Il 20% delle società sul reddito fisso dispone di una qualche forma di dati Esg per le obbligazioni cartolarizzate, mentre per i dati sulle emissioni di carbonio ciò vale solo l’8%.
“Nello spazio delle obbligazioni societarie ci sono ancora diverse sfide, come ad esempio la misurazione del carbonio nei green bond – osserva Yoshie Phillips, head of fixed income Esg investing di Russell Investments -. Al di fuori degli emittenti societari, la comunicazione dei dati Esg continua a evolversi in modo non strutturato a causa dell’assenza di chiari standard di settore. Sono stati proposti alcuni quadri di riferimento per la rendicontazione delle emissioni degli emittenti sovrani, il che rappresenta uno sviluppo positivo”.
Mentre il dato sulle emissioni di carbonio fornisce un’istantanea, l’indagine rivela una tendenza crescente a valutare la transizione energetica con una visione di lungo periodo, come suggerisce l’aumento dei gestori patrimoniali che collaborano con organizzazioni di settore incentrate sulla transizione energetica, come il Transition Pathway, i Science Based Targets e le iniziative della Net Zero Asset Managers. Il 26% degli intervistati ha aderito a queste ultime, rispetto al 10% dello scorso anno.
“Durante le nostre conversazioni con i gestori patrimoniali, sentiamo spesso parlare delle sfide poste dai risultati dei fornitori di dati Esg di terze parti e di come essi cerchino di integrare le loro analisi Esg prospettiche interne – spiega Phillips -. Stiamo assistendo a un maggiore sostegno verso un’informativa standardizzata delle principali metriche Esg”.
Clima e ambiente le principali preoccupazioni dei clienti
Il rischio climatico è il tema Esg più sentito dai clienti dalle società di investimento, per quasi la metà (45%) degli intervistati, in aumento rispetto al 39% del 2021, ed è ampiamente il tema dominante in Canada, Regno Unito e Australia. In Europa, invece, la situazione è più bilanciata: il 53% vede le questioni ambientali più ampie in cima alla lista delle preoccupazioni dei propri clienti, mentre per il 45% il principale rischio è il cambiamento climatico. Complessivamente considerati, cambiamento climatico e questioni ambientali sono la principale preoccupazione per il 68% dei clienti dei gestori a livello globale, in aumento rispetto al 60% del 2021.
I risultati mostrano che altre tematiche Esg non hanno invece una risonanza altrettanto forte. Diversità, equità e inclusione (Dei) sono state citate praticamente solo negli Stati Uniti dal 16% degli intervistati, oltre al 3% nel Regno Unito. Allo stesso modo, le più ampie tematiche sociali sono state citate per il 5% negli Usa e per il 6% in Oceania.
L’engagement è lo strumento più utilizzato per gestire il rischio climatico
Alla domanda su come i partecipanti gestiscono il rischio climatico all’interno dei propri portafogli, l’engagement è stato citato come lo strumento più utilizzato, sia in termini complessivi sia guardando alle risposte per asset class. Questo dato, viene sottolineato nella survey, dimostra come le pratiche di engagement si siano estese oltre i titoli azionari, dove il concetto è più radicato.
È interessante notare come l’esclusione sia più comune tra le società dell’Europa continentale (31%), comunque dopo l’engagement (38%). Piuttosto che disinvestire, per contribuire positivamente a risultati sostenibili molti gestori patrimoniali ritengono infatti più efficace un’attività di engagement. Questo perché quando un asset manager disinveste da una società con metriche di sostenibilità scarse, diminuisce anche la propria capacità di influenzarne la gestione.
Ma cosa succede se invece l’engagement non va a buon fine? In questo caso, complessivamente il 54% dei partecipanti ha dichiarato di avere disinvestito. Confrontando le risposte per area geografica, le società con sede nell’Europa continentale (74%) e nel Regno Unito (71%) hanno registrato le pratiche di disinvestimento più elevate.
Il 63% degli asset manager dispone di professionisti Esg
Guardando alle risorse impiegate, dei 236 intervistati, il 63% dispone di professionisti che dedicano oltre il 90% del proprio tempo alle questioni Esg, in aumento rispetto al 55% del 2021 e al 43% del 2020. L’Europa continentale si conferma l’area geografica con il maggior numero di professionisti Esg, con il 90% delle società con sede in Europa che impiega risorse dedicate, in leggero aumento rispetto all’88% del 2021. Questo elevato riscontro deriva probabilmente dalla combinazione tra un contesto normativo più rigido e un maggiore interesse da parte dei clienti.
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