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Dal 2 agosto entra in vigore l’obbligo di integrare nella valutazione di adeguatezza Mifid anche l’assessment di sostenibilità. Istituzioni e industria si sono confrontati sul tema al Salone del Risparmio
Nel binomio Esg-comunicazione, la parola d’ordine è “complessità”. Un aspetto che coinvolge in particolare gli intermediari, chiamati a spiegare ai propri clienti la sostenibilità, e a breve tenuti a un ulteriore passaggio: dal 2 agosto, infatti, entrerà in vigore l’obbligo di integrare nella valutazione di adeguatezza Mifid le preferenze del cliente in tema di sostenibilità. Il tema è stato al centro della conferenza del Salone del Risparmio “Parliamo sostenibile: come spiegare l’ESG al tuo cliente”, in cui istituzioni e attori del mercato hanno discusso su come gli intermediari si devono preparare al confronto con i clienti in tema di sostenibilità.
In apertura dei lavori, Salvatore Gnoni, Head Investor Protection and Intermediaries Unit dell’Esma, ha raccontato gli aspetti più rilevanti delle linee guida in materia di valutazione di adeguatezza sulle quali l’authority è al lavoro. “Per promuovere l’obiettivo Ue della transizione verso un’economia più sostenibile è necessario che i flussi finanziari siano compatibili con gli sforzi per la decabornizzazione dell’economia”, ha esordito Gnoni, indicando così la ratio dell’introduzione dell’assessment di sostenibilità nella valutazione di adeguatezza Mifid. “Questo – ha proseguito – questo comporta la necessità di inviare ai risparmiatori chiari segnali che indichino l’importanza dell’Esg nelle loro scelte di investimento, e quindi di considerare la sostenibilità in sede di assolvimento dei doveri verso i clienti”. Il regolamento delegato che introduce l’obbligo di integrazione dell’assessment di sostenibilità ha dunque spinto Esma, che sta lavorando anche su un orientamento in materia di product governance, a rivedere le linee guida in materia di adeguatezza.
Il lavoro dell’Esma sulle linee guida si è concentrato in particolare su quattro aree: la raccolta delle informazioni dai clienti, i processi e sistemi per garantire adeguatezza, l’informativa ai clienti, gli aspetti organizzativi interni degli intermediari. Sul primo punto, “il regolamento introduce un aspetto innovativo, cioè le preferenze di sostenibilità: l’intermediario deve quindi interrogare il cliente sul fatto che abbia preferenze di sostenibilità, e in caso positivo ‘mapparlo’ sulla base di tre categorie: investimenti ecosostenibili; investimenti sostenibili tout court, quindi che considerano anche obiettivi sociali; investimenti che considerano i principal adverse impact”.
Sul punto, in sede di consultazione sono emersi timori, legati al fatto che le preferenze del cliente si scontrino con un’indisponibilità di prodotti sostenibili, o alla richiesta di individuare la proporzione minima di prodotti sostenibili, a cui Esma intende rispondere con elementi di flessibilità: per esempio introducendo soglie o range di proporzione minima, o lasciando un margine alla Sgr nel caso in cui il cliente abbia espresso una preferenza generica senza indicare una delle tre categorie di sostenibilità. In tal caso, la Sgr può proporre un determinato prodotto, spiegando ciò che sta vendendo. Sulle tempistiche, l’autorità non impone un’immediata integrazione della valutazione di adeguatezza già dal 2 agosto: basterà provvedere al primo aggiornamento periodico del profilo del cliente.
Sul secondo punto, il processo per la valutazione di adeguatezza, Esma propone un approccio in due fasi: la prima volta alla valutazione del profilo del cliente in modo tradizionale, e successivamente la valutazione delle preferenze di sostenibilità. Questo approccio si rivela utile anche nel caso in cui le caratteristiche del prodotto “non corrispondano del tutto alle preferenze del cliente, purché a quest’ultimo venga data la possibilità di adeguare le sue preferenze”, spiega Gnoni. Una cosa che non sarebbe possibile con la valutazione di adeguatezza tradizionale. Sul terzo punto, quello dell’informativa, Gnoni sottolinea che il sustainability report deve spiegare in quale misura il prodotto raccomandato realizza le preferenze del cliente. Sul quarto punto dell’organizzazione interna, “ci si atttende uno sforzo da parte degli intermediari nel fare un training interno, perché si tratta di una materia tecnicamente complessa, con un quadro in divenire, e i professionisti devono essere in grado di dare le informazioni corrette”.
Comunicare la sostenibilità
Ma quali sono le “tecniche” di comunicazione da prendere in considerazione per veicolare i giusti messaggi al cliente? Sul tema si è svolta una tavola rotonda, moderata da Jean-Luc Gatti, direttore comunicazione di Assogestioni, che ha visto protagonisti alcuni esperti di comunicazione. “I dati Consob evidenziavano che, su 1700 messaggi pubblicitari ricevuto dalla Consob, il 70% aveva riferimenti Esg. Confrontando il dato con le masse gestite, la percentuale sale all’80%”, ha dichiarato Gatti, che ha inoltre illustrato i dati di un sondaggio svolto da FocusRisparmio tra i consulenti finanziari. La ricerca ha evidenziato che il 14% dei rispondenti non sapeva dell’entrata in vigore delle nuove regole in tema di valutazione di adeguatezza, mentre alla domanda se i professionisti si sentano preparati in tal senso il 52% ha risposto di sì, il 36% ha detto di sentirsi pronto ma di avere bisogno di ulteriore formazione, e il 12% ha detto di non sentirsi ancora pronto. Mentre sull’utilità di introdurre un simile obbligo, se la maggior parte delle risposte sono state ottimiste (per il 57,8% sarà un’occasione per aumentare la consapevolezza per il 17,2% spingerà gli investimenti in sostenibilità), per il 4,7% è un’inutile complicazione e per l’1,6% addirittura un freno a investire in Esg.
“Spesso si scambia l’interesse con la competenza”, ha commentato Jole Saggese, caporedattore di Class CNBC, indicandola come un’insidia nella comunicazione, e aggiungendo che “il consulente ha la consapevolezza di cosa voglia dire sostenibilità, e diversi dati lo dimostrano”, ma le evidenze del sondaggio indicano che alcuni professionisti sentono il bisogno di maggiore formazione, quindi è necessario fare attenzione. Giovanna Boggio Robutti, direttore generale Feduf, ha sottolineato che “l’educazione finanziaria è una questione di comunicazione ma anche culturale”, e che è essenziale su questo fronte “accendere una curiosità, trovando chiavi di comunicazione per entrare nella testa delle persone, che come sappiamo tendono a chiudere le porte quando si parla di scelte finanziarie, perché si tratta di scelte difficili”.
Diego Rizzuto, formatore e comunicatore scientifico di Taxi1729, ha spiegato che “per farsi ascoltare occorre innanzitutto avere delle cose da dire, e bisogna soprattutto averle capite: sembrano banalità, ma spiegare qualcosa di cui non si ha una perfetta comprensione rischia di innescare noia o addirittura sofferenza”. La seconda regola, secondo Rizzuto , è “sfruttare le emozioni, perché con le emozioni memorizziamo più facilmente”, facendo attenzione a non usare troppo la paura e a bilanciare con elementi di ottimismo; la terza regola è usare lo storytelling.
Ma come comunicano i consulenti finanziari, con quali strumenti? L’8% indica le newsletter, il 7% i social media, il 35% video, articoli e materiali informativi, il 50% il dialogo costante con ciascun cliente. Rizzuto ha commentato che i video sono degli strumenti particolarmente promettenti nel veicolare i messaggi, e in particolare per far capire a un pubblico che ha già fatto scelte virtuose nella vita di tutti i giorni che può essere sostenibile anche con l’impiego dei suoi soldi.
La difficile “messa a terra” delle regole sulla comunicazione di sostenibilità
Nella successiva conferenza, moderata da Manuela Mazzoleni, Direttore Sostenibilità di Assogestioni, i protagonisti dell’industria si sono confrontati sulle difficoltà e altri aspetti pratici relativi alla comunicazione al cliente sui temi di sostenibilità. “C’è una crescente consapevolezza collettiva, principalmente sui temi climatici”, osserva Andrea Ragaini, Vice direttore generale Banca Generali. “Ma per comunicare in maniera efficace – continua – è necessario adottare un approccio chiaro e semplice: come ha detto il presidente di Assogestioni Carlo Trabattoni all’apertura del Salone del Risparmio, bisogna pensare al modo in cui un medico parla con i suoi pazienti. L’attuale evoluzione normativa ci aiuterà a parlare di più di temi di sostenibilità, ma dobbiamo imparare a farlo meglio. Evitare l’eccesso di informazioni, che può creare confusione. Per Ragaini le leve da sfruttare per comunicare l’Esg al cliente sono la formazione, l’adozione di uno storytelling semplice e chiaro, e l’uso degli SDG delle Nazioni Unite, che aiutano a capire con chiarezza quali sono le mete intermedie nel percorso di sostenibilità. Da ultimo, “far capire che integrare i fattori Esg nel processo di investimento aiuta a intercettare rischi che un approccio tradizionale non avrebbe intercettato”, ha aggiunto Ragaini.
Lorenzo Alfieri, Country Head J.P. Morgan AM e presidente Comitato Sostenibilità Assogestioni, sottolinea le differenze tra gli istituzionali, e le società prodotto, che affrontano queste tematiche in maniera diversa dai primi. “Dover comunicare la sostenibilità al cliente finale attraverso un intermediario pone sul tavolo temi e obiettivi radicalmente diversi. Uno dei problemi principali è che troppo spesso di sguarda alla sostenibilità come tema di investimento, che comporta un orizzonte di minore respiro e un approccio tattico, con tutte le conseguenze del caso: molti clienti si lamentano perché portafogli sostenibili stanno sottoperformando, considerato l’exploit dell’energia. E tutto nasce da questa percezione sbagliata”. Un istituzionale, sottolinea Alfieri, non deve confrontarsi con queste componenti psicologiche, a differenza dell’asset manager. Ed è quindi necessario far passare il messaggio che la sostenibilità non è un tema di investimento, ma una direzione obbligata.
Alexia Giugni, Country Head DWS e vice presidente del Comitato Sostenibilità di Assogestioni, ha aggiunto che “chi costruisce il prodotto ha bisogno di distillare un messaggio che passi l’informazione giusta ai collocatori”. Il sondaggio citato indica che un numero importante di consulenti (33%) per informarsi fa riferimento ai siti delle banche. Quindi la trasparenza è essenziale: “Dobbiamo insegnare a chi colloca questi prodotti quali informazioni dare e spiegare loro come stiamo costruendo questi prodotti”, ha affermato Giugni. “Noi gestori affrontiamo una grande rivoluzione interna, in cui ogni fondo deve essere guardato alla luce dei temi di sostenibilità. E la comunicazione deve parlare di opportunità e di rischi: sta a noi mettere insieme questo storytelling”, ha aggiunto.
La conferenza è stata chiusa da Maria Antonietta Scopelliti, Segretario Generale e Responsabile della protezione dei dati personali di Consob. Scopelliti ha sottolineato il ruolo centrale dei consulenti nella promozione della consapevolezza e della corretta informazione dei risparmiatori, che è uno dei pilastri del piano strategico di Consob per supportare il processo di canalizzazione del risparmio verso l’economia reale e verso gli investimenti sostenibili. Nell’indagine Consob “La relazione consulente-cliente”, analisi mirroring su sostenibilità e investimenti, è emerso che la proattività del consulente finanziario nel proporre investimenti Esg è valutata dal risparmiatore come un elemento molto importante, ma ci sono disparità di vedute, tra le due parti, sul fatto che il consulente sia stato effettivamente produttivo o meno.
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