Economia reale e Esg nel radar dei fondi pensione
Guardare come cambia l'asset allocation dei fondi pensione può essere una strategia per individuare i trend di investimento del futuro. L'opinione di State Street Global Investors
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Nove in totale. È decisamente scarno il bilancio delle dichiarazioni non finanziarie volontarie degli emittenti italiani nel 2020, soprattutto se confrontato con la crescente domanda da parte degli investitori di una maggiore trasparenza sulle informazioni Esg relative agli strumenti finanziari. Un gap che indica, stando alle riflessioni Consob, come la strada sia lunga ma abbia bisogno di essere percorsa in fretta.
“Il numero di emittenti italiani, quotati o meno, che aderiscono al regime di pubblicazione delle Dichiarazioni non finanziarie volontarie si mantiene esiguo”, ha infatti osservato la commissaria Consob Anna Genovese, facendo appunto riferimento all’elenco dell’Authority aggiornato al 7 ottobre nel corso del webinar di presentazione della Call for evidence sul Regime volontario di pubblicazione della dichiarazione di carattere non finanziario (Dnf).
“La Call, attraverso una serie di domande, punta a raccogliere informazioni sulle ragioni della mancata diffusione dello strumento” e a individuare “possibili e appropriati correttivi”, ha spiegato la commissaria sottolineando appunto come invece la domanda di informazioni Esg (ambientali, sociali e di governance) sulle imprese, sia invece aumentata. “È cresciuta – ha evidenziato – l’esigenza degli investitori di comprendere i rischi finanziari derivanti dal cambiamento climatico; si è incrementata l’offerta di prodotti finanziari che cercano di mitigare le problematiche ambientali e sociali e supportano la transizione energetica”. Ed è quindi proprio in questo che la Consob ritiene che la disclosure su base volontaria del profilo Esg delle imprese italiane “vada incentivata” e “possibilmente convogliata verso la dichiarazione non finanziaria”.
Secondo Genovese questa necessità è tanto più forte quanto si considera che “per il Green New Deal e il Recovery Fund prevedono ingentissimi investimenti che privilegeranno impegni di Esg”. Anche per questo, la Commissione di vigilanza sul mercato ha aperto il primo settembre scorso una call for evidence sul regime volontario di pubblicazione della Dnf. “Esiste, in Europa come in Italia, una divergenza fra la domanda di informazioni Esg da parte degli investitori e l’offerta da parte delle imprese. Rimane quindi molto da fare, anche a livello di regolazione, per consentire a domanda e offerta di trovare un punto d’incontro”, ha affermato Genovese.
Tornando ai dati, gli emittenti che hanno presentato la dichiarazione non finanziaria volontaria sono Acquevenete, Aimag, Alba Leasing, Banca Farmafactoring, Cassa centrale Raffeisen dell’Alto Adige, Feralpi Holding, Infrastrutture wireless italiane, Novamont e Università Tor Vergata.
Genovese ha quindi citato alcuni risultati della consultazione della Commissione Ue sul reporting sulle informazioni non finanziarie, che potrebbe portare a una proposta legislativa entro fine anno. Ebbene, la maggioranza dei rispondenti alla consultazione europea ha ritenuto che l’ambito di applicazione della direttiva sulla Dnf obbligatoria dovrebbe essere ampliato a tutti gli enti di interesse pubblico che non siano piccole e medie imprese secondo la normativa Ue. Modifica questa che, come sottolineato dalla commissaria, “porterebbe ad abbassare la soglia dimensionale rilevante da 500 dipendenti a 250”.
In ogni caso, per gli enti di interesse pubblico società quotate, la maggioranza valuta opportuna una previsione di obbligo di Dnf indipendente dalla dimensione della società. La percentuale è più alta della media fra i rispondenti che operano del settore finanziario, mentre è più bassa e addirittura minoritaria fra le pmi industriali. Circa il 70% degli intervistati concorda, inoltre, sul fatto che l’ambito di applicazione della Direttiva dovrebbe essere esteso a tutte le grandi società europee non quotate, o quotate al di fuori dell’Ue, e anche alle grandi società extraeuropee quotate nei mercati regolamentati dell’Unione.
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