Fed, per i gestori prossimo taglio a giugno
La solidità del mercato del lavoro USA rafforza l’approccio cauto della banca centrale. A dicembre creati 256.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre le attese. Disoccupazione giù al 4,1%
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La valutazione degli “intagibles” posseduti da un’azienda, ovvero di quegli asset non fisici e non finanziari, è uno dei campi di ricerca più dibattuti nell’economia contemporanea, un universo in cui i fattori di forza di un’azienda non sempre sono incasellabili in voci di bilancio.
“Il brand di un’azienda è un’intangibile internamente generato che non è rappresentato nelle consuete metriche aziendali. Possiamo intuitivamente comprenderne l’importanza ma anche vedere concretamente il suo contributo alle performance societarie se consideriamo la differenza fra il valore di libro di un titolo e quanto è riportato nero su bianco nel bilancio. Ci sono settori come quello del lusso dove il peso può essere perfino del 50% e molto di questa quota è rappresentato proprio dal marchio”.
Le parole di Lorenzo Coruzzi, valuation manager di Brand Finance, società specializzata nella valorizzazione economica dei marchi, riescono a fotografare immediatamente l’intuizione alla base del lancio del L&G Global Brands UCITS ETF, nuovo strumento della casa britannica quotato il 27 settembre scorso su Borsa Italiana.
“Non è un ETF tematico e growth”, spiega preliminarmente Giancarlo Sandrin, head of Wholesale Distribution per il Sud Europa di LGIM. Il punto di partenza è infatti costituito dalle 100 aziende globali identificate come meglio posizionate in assoluto da un punto di valore del marchio nelle analisi di Brand Finance, partner industriale della casa di gestione nel progetto.
La stesura di tale lista si basa sulla metodologia Royalty Relief che mira, attraverso un metodo quali-quantitativo sviluppatosi con crescenti standard di scientificità nell’ultimo decennio, a determinare, in sostanza, lo scarto di prezzo fra un bene sprovvisto di marchio e lo stesso identico bene una volta applicato un determinato brand per poi arrivare al valore del marchio attraverso tre passi consecutivi: partendo da un indice di solidità del brand viene calcolata la quota di royalty a partire dalla quale è possibile stimare gli effetti sui economici risultati futuri di un’azienda.
A questo punto, spiegano da Legal & General Investment Management, “i 100 brand più forti e solidi che emergono dall’analisi, prima di essere inclusi nell’ETF, devono oltrepassare ulteriori filtri ESG e di liquidità. I primi eliminano le imprese che violano l’UN Global Compact o che operano in settori come gli armamenti, il tabacco, l’oil & gas, il carbone e le scommesse/intrattenimento per adulti; mentre i secondi portano all’esclusione delle società con capitalizzazione inferiore ai 200 milioni di dollari e con un volume giornaliero di trade medio inferiore a 1 milione di dollari in un arco temporale di tre mesi. Inoltre, l’ETF è sottoposto a un meccanismo per cui la percentuale di azioni di una determinata impresa non può mai superare il 5% del totale”. Infine, il ribilanciamento dell’indice, attualmente composto da 81 titoli di aziende di grandi dimensioni e dal forte posizionamento, è semestrale.
“Il timing di lancio è particolarmente interessante”, aggiunge Sandrin, “perché con il rischio soft landing dell’economia globale l’investimento in megacap con un forte pricing power risulta difensivo”. “I grandi brand”, completa, “riescono con maggiore facilità a scaricare sul cliente finale l’aumento dei prezzi, assorbendo così il potenziale effetto di diminuzione delle vendite che potrebbe essere causato dall’inflazione”.
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