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L’evidenza empirica suggerisce che le azioni, su ampi orizzonti temporali, possono costituire una fonte di rendimento. Ma il periodo medio di detenzione dei titoli è calato negli ultimi decenni, passando da sette anni a soli 10 mesi
Le sfidanti condizioni economiche odierne, in cui le valutazioni elevate rendono gli investitori vulnerabili e li privano del tutto o quasi del margine di errore, rafforzano la necessità di un approccio di lungo termine agli investimenti azionari. Ne è convinto Gaëtan Delculée, global head of ETF ed Indexing & Smart Beta Sales di Amundi, che richiama l’attenzione su come l’eccessiva attenzione ai risultati di breve possa esporre una maggiore volatilità e ridurre i rendimenti su orizzonti temporali più ampi. Inoltre, dal suo punto di vista, un’allocazione alle azioni internazionali costruita attraverso ETF offre il potenziale per catturare il premio al rischio azionario nel lungo periodo. La redazione di FocusRisparmio ha raggiunto l’esperto per approfondire la sua view.
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Quali fattori possono aver influenzato questa riduzione del periodo medio di detenzione delle azioni?
Tanti sono i fattori responsabili. E tra di essi figurano anche quelli legati al progresso tecnologico, come l’automazione delle borse, che ha ridotto i costi di negoziazione e aumentato il volume delle transazioni possibili. Un fenomeno dimostrato dalla crescita del trading ad alta frequenza, che oggi rappresenta il 50% del volume totale degli scambi negli Stati Uniti e il 40% in Europa. Ma il progresso tecnologico ha anche cambiato la mentalità degli operatori sui mercati. Le piattaforme online hanno infatti reso gli investimenti più accessibili e a portata di mano, anche grazie alle app per dispositivi mobili, per cui gli utenti sono diventati meno pazienti e più attivi. Il rischio potenziale di concentrarsi sui rendimenti a breve invece che sul valore fondamentale di lungo periodo è che gli investitori siano tentati di vendere prematuramente o ad acquistare d’impulso, il che può avere un impatto negativo sulla performance nel lungo periodo.
Questo vale anche in un periodo come quello attuale, dove la volatilità di breve insita nel mercato azionario si somma a una più generale incertezza portata da geopolitica, elezioni o evoluzione dello scenario macro?
Se osserviamo la variazione annualizzata dell’indice MSCI World dall’inizio degli anni ’70, è evidente come la variabilità del rendimento diminuisca al crescere dell’orizzonte temporale. Ciò implica che, allungando la prospettiva di un investimento azionario, i ritorni annualizzati composti siano potenzialmente meno volatili di quelli a breve termine. I dati ci portano quindi a concludere che, per l’equity, la probabilità di una performance positiva aumenta con il crescere del tempo di detenzione. Una condizione che trova conferma anche in periodi come quello attuale, in cui le valutazioni sono tese.
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Perché proprio le azioni internazionali?
Molti investitori sono istintivamente attratti dai titoli nazionali perché hanno familiarità con il mercato locale e spesso nutrono la percezione che investire entro i propri confini aiuti a mitigare il rischio valutario. La scelta di azioni appartenenti esclusivamente al mercato domestico può però limitare la diversificazione, aumentare il rischio del portafoglio e far perdere opportunità in altre regioni del mondo. Ampliando il campo all’equity internazionale, ad esempio attraverso gli ETF, questi svantaggi possono essere mitigati: ciò può consentire di ridurre la volatilità legata a un singolo mercato e fornire un’esposizione a settori che non sono sempre disponibili o prevalenti alle proprie latitudini. Inoltre, si ha l’opportunità di sfruttare i diversi cicli economici delle varie regioni e quindi di beneficiare della crescita di aree in espansione quando altre economie sono in contrazione. Senza dimenticare l’esposizione a diverse valute, che aiuta coprirsi dall’impatto delle fluttuazioni valutarie nazionali.
Quale, dunque, il ruolo che questa asset class dovrebbe avere in portafoglio e perché usare gli ETF per investirvi?
In definitiva, l’esposizione alle azioni globali consente di migliorare la diversificazione a livello settoriale e geografico e di accedere a un potenziale di rendimento più elevato nel lungo periodo. In un contesto economico sfidante come quello attuale, riteniamo che debba essere una componente fondamentale del portafoglio core. Il motivo per cui gli ETF rappresentano uno dei modi più efficienti per approcciare l’asset class in termini di costo è perchè essi consentono di investire nei mercati globali in modo semplice e immediato, componendo un’allocazione diversificata con un’unica transazione. Amundi offre una gamma di exchange traded funds per accedere all’equity globale, esposti a diversi indici, che vanno dai tradizionali a quelli ESG in modo da soddisfare diverse esigenze.
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