Tabula IM: “Italia mercato ideale per gli Etf obbligazionari”
"Il mercato italiano dei fondi passivi offre ottime prospettive di sviluppo, soprattutto nel reddito fisso", spiegano Michael John Lytle e Franco Mancini. Il broker al debutto su ETFplus
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Chi innova vince. La regola numero uno per le imprese vale anche nel mercato degli Etf, dove novità e intuizione premiano più del track-record. Il dato emerge con chiarezza dall’ultimo report di Bloomberg Intelligence relativo al mercato europeo degli strumenti passivi, “2020 New Launches Remain Strong”. Stando ai numeri, infatti, circa il 40% dei 25 miliardi di euro di flussi confluiti verso gli Etp europei nel corso del 2020 è stato indirizzato verso strumenti lanciati nel 2019.
Secondo gli esperti di Bloomberg Intelligence, questa predisposizione degli investitori a selezionare exchange traded products senza un lungo track-record stimolerà gli emittenti ad essere sempre più innovativi nell’ampliare la propria gamma di strumenti.
Non è un caso, come fa notare Francesco Branda, head of passive & Etf specialist sales Italy di Ubs Am, che nonostante il Covid i lanci di nuovi prodotti quotati sulle Borse europee siano rimasti elevati in questa prima parte dell’anno. Secondo Bloomberg Intelligence, gli emittenti colmano le lacune del mercato, nonostante l’aumento della volatilità.
Nella top ten del Vecchio Continente, in testa c’è proprio Ubs Am, con 39 lanci, seguita da Leverage Shares (28) e iShares (22). Fuori dal podio Lyxor, che oltre ai 19 lanci conta anche 8 chiusure, seguita da Dws con 9 lanci e 1 chiusura. Sesto posto per Invesco (8 e 4), cui seguono Credit Suisse, 7 lanci, e Jp Morgan con 6 e 3. Penultima Amundi, con 5 lanci, mentre chiude la classifica Bmo con nessun nuovo lancio e ben 15 chiusure.
Ma dove risiedono i margini di innovazione in un mercato degli Etf sempre più affollato e competitivo? Secondo Ubs Asset Management ci sono ancora grandi opportunità in due aree, quella degli Etf a reddito fisso e quella delle soluzioni d’investimento sostenibili. Sul primo fronte, nel prossimo futuro l’offerta di Etf obbligazionari sarà notevolmente più raffinata e varia; rivivremo, insomma, l’innovazione vista sugli Etf azionari.
“Nel complesso ci aspettiamo più soluzioni, diverse da indici core, strategie più innovative e disegnate per rispondere anche ad esigenze guidate dalle autorità di regolamentazione, come ad esempio quelle legate a requisiti di liquidità per alcune tipologie di investitori istituzionali secondo i criteri previsti da Basilea 3 – evidenzia Branda -. L’attenzione alla sfera obbligazionaria passiva è già evidente guardando ai numeri: basti pensare che nei primi sei mesi del 2020, gli Etf obbligazionari hanno rappresentato più del 62% della raccolta complessiva in Europa (fonte: ETFGI)”.
Relativamente alla sfera Esg, l’esperto premette che l’attenzione verso gli strumenti Esg è un trend e non una semplice moda e sostiene che la spinta verso il lancio di sempre nuove soluzioni proseguirà, sostenuta anche dall’attenzione del regolatore, che ha definito in modo chiaro che in tutti i settori, incluso quello del risparmio gestito, il tema rischi Esg sarà normato in maniera sempre più stringente. “In questo senso, nel definire la struttura dell’offerta è importante capire anche le più semplici indicazioni che arrivano dai regolatori, in modo tale da costruire prodotti innovativi e coprire esigenze che un domani possono diventare obbligatorie per gli investitori”, osserva Branda.
Per l’esperto, la difficoltà di essere innovatori nel mercato europeo degli Etf risiede, oltre che nel citato crescente affollamento in termini di strumenti ed emittenti, anche nella non scontata capacità di mettere in campo tutte quelle dispendiose ma fondamentali attività di ricerca e selezione degli index provider a cui affidarsi per lo sviluppo di nuovi prodotti. “Perché innovazione deve sempre fare rima con qualità e in tal senso entra in gioco anche il tema dei costi – conclude – . Sul fronte della scelta degli indici, ad esempio, se invece di selezionare un indice Msci, S&P o JP Morgan, ci si orientasse su indici meno conosciuti e diffusi, certamente si potrebbero proporre strumenti più convenienti, ma con il rischio concreto di una qualità del prodotto inferiore. Perché l’indice da replicare, per quanto innovativo, deve essere costruito in modo efficiente”.