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Chauchat (Dorval Am): “Gli argomenti a favore dello scenario di ripresa ci sembrano solidi. Il rallentamento economico tedesco è reale, ma l’entità sorprendente si deve a fattori temporanei che deprimono il settore automobilistico e quello chimico”
“Possiamo sperare in una ripresa dell’Europa nei prossimi mesi? Noi crediamo di sì, salvo uno choc di grande entità (come una no-deal Brexit). Siamo anche convinti che la Bce non esiterà a intervenire se necessario”. François-Xavier Chauchat, chief economist e membro del comitato investimenti di Dorval Asset Management, si mostra ottimista sul futuro del Vecchio Continente.
“Il consensus – argomenta l’analista – prevede ormai una crescita di appena il +1,25% nell’Eurozona nel 2019, prima di un lieve recupero nel 2020. Tale dato è nettamente al di sotto delle ultime previsioni della Bce (+1,6%), per quanto l’istituto vedesse dei rischi di ribasso. Gli investitori sono preoccupati, come indicano le basse valutazioni dei titoli azionari europei più sensibili al ciclo interno”.
Detto questo “gli argomenti a favore dello scenario di ripresa ci sembrano comunque solidi. Il rallentamento economico tedesco è reale, ma l’entità sorprendente si deve a fattori temporanei che deprimono il settore automobilistico e quello chimico. Inoltre, l’effetto gilet gialli in Francia non dovrebbe durare a lungo. Al contrario, le recenti misure del governo rafforzano il potere d’acquisto.
Infine, “se il timore di una Brexit senza accordo comincia a nuocere alla crescita del Regno Unito e anche a quella europea, la ratifica di un accordo, che resta la soluzione attivamente ricercata, allevierà la tensione”.
Capitolo Italia. “La situazione – spiega l’economista – non è catastrofica come spesso si dice. In particolare, una depressione simile a quella del 2011-2013, con l’aumento incontrollato del debito pubblico, sembra improbabile. In effetti, alcuni indicatori chiave dell’economia interna restano in territorio positivo, come la fiducia dei consumatori o il clima nel settore edilizio”.
“Inoltre, i crediti inesigibili hanno raggiunto il livello più basso in sette anni, a 100 miliardi di euro, con il riassorbimento di due terzi dell’aumento legato alle crisi del 2008 e 2012”, conclude Chauchat.