Apple e Tesla: arriva lo split e si prevedono faville sull’azionario
Il frazionamento azionario torna in auge a Wall Street con i due gruppi hi-tech che lo programmano per il 31 agosto. Ma in Piazza Affari la memoria corre al "caso" Tiscali
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I sogni hanno un prezzo? Qual è valore dei sogni? Miliardi su miliardi sempre che siano appaganti e sostenuti da una buona operazione di marketing. se poi sono sostenuti da validi progetti industriali possono trasformarsi in sogni che non svaniscono all’alba. Lo dicono le quotazioni di Borsa dove si scambiano titoli che poggiano su progetti ancora da realizzare in tutto o in gran parte parte.
Se con la bolla delle dotcom, a inizio Millennio, si valutavano start-up sulla base di un’idea di business, con il risultato di aprire il mercato a migliaia di società poi fallite nel corso di una manciata di anni, oggi in Borsa si comprano, tra l’altro, futuri (possibili) viaggi intergalattici, progetti di treni supersonici, macchine che esistono solo come prototipi oltre a speranze di vaccini e utenti, almeno nelle attese del mercato, affetti da shopping compulsivo.
E così Virgin Galactic vale quasi 5 miliardi di dollari nonostante i viaggi spaziali siano ad oggi accessibili ai più solo nei sogni e il bilancio 2020 della società fondata da Richard Branson non sia particolarmente incoraggiante. Virgin Galactic ha chiuso il quarto trimestre 2020 con uno zero alla casella dei ricavi, una perdita netta di 74 milioni e 666 milioni in cassa da spendere. Il mercato comunque in attesa della quotazione della Space X di Elon Musk e della Bue Origin di Jeff Bezos, guarda con fiducia alle galessie ancora sconosciute e punta fior di soldi sulle frontiere della space economy (che, secondo i dati della Satellite Industry Association vale già 366 miliardi di dollari di cui il 74% riconducibile all’industria satellitare) attraverso etf dedicati. Chi vuole investire sui treni hyperloop, capsule sparate in tubi pressurizzati che, sfruttando la levitazione magnetica, dovrebbero arrivare a viaggiare a regime a oltre mille chilometri orari, per ora ha a disposizione la strada private. Ma, anche in questo, caso potrebbero esserci novità vista la “fame” degli investitori per i progetti futuribili.
E proprio in quest’ordine, di progetto futuribile, si collocano le auto elettriche di Evergrande Nev arrivata a valere 110 miliardi di dollari sul listino di Hong Kong pur senza aver mai venduto una sola auto. Non si parla di numeri di vendita relativamente bassi, almeno rispetto all’auto tradizionali, come accade per i maggiori operatori del mercato dei veicoli elettrici a iniziare da Tesla che, nel corso del 2020, ha consegnato in tutto 499.550 macchine pur essendo arrivata a valere a Wall Street 685 miliardi di dollari (più di tutta Piazza Affri). Ma proprio di un dato di vendite pari a zero. Insomma chi compra in Borsa Evergrande Nev, almeno per ora, compra un sogno. Lo riportano fonti stampa asiatiche ripresa da Bloomberg in concomitanza con l’apertura, lunedì, dell’Auto Show Cinese 2021.
La società, che da sola vale più di Ford Motor (44 miliardi), General Motor (79 miliardi) e Stellantis (53 miliardi di euro), ha messo a segno negli ultimi dodici mesi uno storico rally del 1000% pur essendo entrata nel business delle auto elettriche solo nel marzo del 2019, all’epoca del debutto mondiale di Tesla con il Modello Y.
Due anni fa Hui Kayan, numero uno del colosso finanziario cinese Evergrande, si era proposto come obiettivo quello di diventare il maggiore produttore al mondo di veicoli elettrici entro i successivi cinque anni. E così prima ha rindirizzato e poi rinominato la divisione dedicata al business sanitario del conglomerato (Evergrande Health Industry Group) in Evergrande New Energy Vehicle Group. Da allora, secondo quanto spiegato dal presidente Xiao En nel corso della presentazione del bilancio, alle auto elettriche sono stati destinati 7,3 miliardi di dollari. Ma il business si è rivelato tutt’altro che semplice a livello operativo nonostante, lo scorso agosto, siano stati svelati sei modelli di veicoli che utilizzeranno il brand Hengchi e le basi produttive di Shangai e Guangdong.
Evergrande Nev, dopo aver chiuso il 2020 con un amento delle perdite nette del 67% nel 2020 a 1,19 miliardi di dollari su un giro d’affari di 2,4 miliardi di dollari (+175%), ha annunciato di dover posticipare a fine 2021 la produzione di massa e di ritenere raggiungibile l’obiettivo di produzione tra i 500mila veicoli e il milione non prima del 2025 rispetto al marzo 2022 come inizialmente previsto.
Nel frattempo, negli ultimi due anni, Tesla ha conquistato spazio in Cina dove ha costituito il primo impianto di produzione al di fuori degli Usa e consegnato 35.500 macchine in marzo, mentre la rivale cinese Niv ha appena raggiunto la soglia di produzione di 100mila veicoli, dopo aver venduto complessivamente 43.728 veicoli nel 2020.
Ma nonostante Evergrande Nev sia indietro rispetto ai competitor cinesi e internazionali, l’entusiasmo raccolto sulla società è particolarmente effervescente, tanto da raccogliere, lo scorso settembre, 4,5 miliardi di dollari di finanziamenti con due diverse operazioni e da continuare a brillare in Borsa.