Debito globale, allarme Fmi: al 93% del Pil quest’anno
Supererà i centomila miliardi di dollari. E nel 2030 arriverà al 100%. Necessario un aggiustamento del 3-4,5% del Pil ogni anno. “Ritardare richiederà un intervento più ampio”
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Modalità risk-on inserita. I family office istituzionali dicono addio al cash, puntano ancora moderatamente sull’obbligazionario per non perdersi le opportunità offerte dai tassi di interesse più elevati e fanno rotta con decisione sugli asset di rischio, quotati e non. È quanto emerge dal report ‘Eyes on the Horizon’ di Goldman Sachs, che mostra anche come gli strumenti alternativi siano sempre più nel mirino, con private equity, private credit, infrastrutture e real estate in testa.
Il sondaggio, che ha coinvolto 166 family office istituzionali con un patrimonio netto di almeno 500 milioni di dollari (il 72% dei quali con almeno un miliardo), mostra quindi una chiara predilezione per il rischio. Nel dettaglio, l’asset allocation per la prima parte del 2023 prevede il 28% di azionario pubblico, il 26% di private equity, il 12% di cash o equivalenti (esclusi i Treasury statunitensi), il 10% di reddito fisso, il 9% di real estate privato e infrastrutture, il 6% di hedge fund, il 3% di private credit e l’1% di commodity. Quanto ai settori, quelli con il maggior sovrappeso dei family office sono l’information technology e l’health care, considerati temi di crescita secolare con il potenziale di affrontare i cicli economici e di generare valore nel lungo periodo. Inoltre una percentuale consistente ha intenzione di incrementare le proprie allocazioni nel mercato pubblico (48%), private equity (41%), reddito fisso (39%), private credit (30%) e private real estate e infrastrutture (27%).
Un’assetto, quello fotografato dal sondaggio, che pare destinato a cambiare. Soprattutto in riferimento alla liquidità. Il 35% prevede infatti di diminuire le allocazioni in cash e cash equivalent (esclusi i Treasury). Solo il 10% stima invece di ridurre l’allocazione in azioni del mercato pubblico, mentre il 13% punta a essere meno esposto all’equity privato. “Potendo investire in modo flessibile su tutto lo spettro di rischio, i family office hanno mantenuto un approccio sostanzialmente omogeneo verso allocation più aggressive al fine di ottenere rendimenti superiori”, sottolinea Meena Flynn, co-head of global private wealth management e co-lead of One Goldman Sachs Family Office Initiative. “Le allocazioni risk-on programmate ci indicano che gli intervistati vedono ottime opportunità di ottenere un alpha aggiuntivo”, aggiunge l’esperta. Che conclude: “Questo approccio paziente, strategico e a lungo termine è spesso vantaggioso ai fini della gestione e della conservazione del patrimonio familiare”,
Per quanto riguarda le asset class, la maggior parte dei family office investe attraverso gestori specializzati piuttosto che per via diretta. L’eccezione principale è rappresentata dal settore del private real estate, area in cui le famiglie ultra-high net worth sentono di avere una maggiore affinità. La maggior parte sembra poi essere soddisfatta della propria allocation in termini geografici, con una forte attenzione agli Stati Uniti e agli altri mercati sviluppati: il 26% del campione ha in programma di aumentare l’esposizione ai mercati statunitensi, compreso il 41% dei family office dell’Asia-Pacifico, mentre il 27% intende incrementare le allocation in altre economie progredite.
Gli alternativi si confermano un punto di riferimento importante per i family office, con un’allocation media totale del portafoglio pari al 44% tra le varie asset class, a differenza del 20-25% attribuibile ad altri soggetti ultra-high net worth. Una tendenza dovuta, secondo l’indagine, alle difficoltà di rendimento, alla sofisticazione e agli orizzonti d’investimento multigenerazionali della categoria, oltre che ai maggiori ritorni potenziali offerti dai mercati privati. Inoltre, potrebbe indicare la crescente importanza del ruolo che i family office svolgeranno in qualità di limited partner nella raccolta di nuovi fondi e come potenziali co-investitori diretti.
“I family office continuano a investire in modo significativo in strumenti alternativi, tra cui private equity, private credit, infrastrutture, real estate e hedge fund”, evidenzia Tony Pasquariello, global head of hedge fund coverage e co-lead of One Goldman Sachs Family Office Initiative. “Da un sondaggio approfondito condotto nel 2021, è emerso come mediamente il 45% del portafoglio fosse allocato in questo comparto. Nonostante le sfide del 2022, nella nostra più recente analisi la percentuale è rimasta pressoché invariata (44%)”, fa notare.
Il real estate residenziale si conferma interessante, con circa un terzo del campione che intende aumentare l’esposizione al comparto nei prossimi 12 mesi e con un altro 30% desideroso di mantenere quella attuale. Meno appetibile, invece, l’immobiliare commerciale: solo il 7% sta cercando di aumentare l’allocazione nel settore office e solo 4% nel retail, mentre arrivano rispettivamente al 12% e al 10% quelli che vogliono addirittura disinvestire. Apprezzati poi gli oggetti da collezione, che arricchiscono il portafoglio del 38% dei family. Oggetti d’arte, vino e aeromobili sono i più gettonati. Infine, anche se il private credit rappresenta solo una piccola parte dell’allocation, pari ad appena il 3%, una percentuale considerevole degli intervistati (30%) ha affermato di volervi aumentare la propria esposizione da qui a 12 mesi.
A differenza del 2021, un numero maggiore di family office ha investito in criptovalute (26% dal 16%) ma solo il 12% (erano 45% alla precedente rilevazione) ha espresso un potenziale interesse futuro. L’estrema volatilità registrata dal relativo mercato nell’ultimo anno sembra aver spento gli entusiasmi, dato che il 62% degli intervistati dichiara di non essere investito e di non essere interessato (erano il 39% l’anno scorso). L’ecosistema più ampio degli asset digitali resta però al centro dell’attenzione: il 32% dei family office infatti investe in asset digitali e la ragione più citata è la “fiducia nella forza della blockchain”.
I family office si allineano ampiamente agli interessi degli altri investitori in materia di sostenibilità, con il 39% che si concentra da moderatamente a estremamente su queste strategie e il 48% che investe direttamente in società con impatto sociale e ambientale. L‘energia pulita è il tema prediletto, con il 60% che dichiara di voler puntare su questo settore nel prossimo anno. Altre aree di interesse sono il comparto alimentare e quello agricolo sostenibile, insieme all’assistenza sanitaria accessibile.
A livello globale, il 76% dei family office sostiene le famiglie a capo di imprese. Tra questi, il 44% dei decision maker dei family office ha dichiarato di voler rimanere coinvolto tali attività. Del gruppo, il 35% prevede di mantenere l’azienda, ben oltre la tipica aspettativa di cinque-sette anni, il range temporale tradizionale per altri investitori istituzionali. “Mentre alcuni nuclei possono separare le attività di family office da quelle di family business, i clienti spesso le considerano come un unico gruppo”, spiega Ken Hirsch, co-chairman di global technology, media & telecom group, all’interno di global banking and markets e co-lead di One Goldman Sachs Family Office Initiative. “Gli investitori spesso sfruttano la nostra attività a vantaggio dei loro business, ad esempio fornendo capitale per la crescita a prezzi interessanti o utilizzando gli asset del family office per generare capacità di prestito per i business esistenti o nuovi”, osserva.
Tra coloro che sono coinvolti in questi business, il 56% ha dichiarato che una “valutazione interessante” sarebbe un catalizzatore per la vendita. In caso di cessione, i family office preferirebbero un acquirente strategico o corporate (42%) o un’istituzione (22%), fattore che forse indica un’inclinazione verso coloro che sono percepiti come più propensi a offrire un prezzo superiore. Per il 25% degli intervistati, il profilo dell’acquirente non è importante. Mentre circa un terzo a livello globale ha indicato che l’investimento in realtà familiari è al centro della propria filosofia di investimento, solo l’11% ha indicato una preferenza per la possibilità di cedere l’attività a un’altra famiglia.
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