Fed, è la volta di Powell. I gestori: “Business as usual, fino a ciclo contrario”
10 novembre 2017
di Eugenio Montesano
6,30 min
Cosa pensano i fund manager dell’avvicendamento al timone di una delle principali banche centrali a livello globale? Con un occhio all’asset allocation, Focus Risparmio passa in rassegna le previsioni di cinque case di investimento presenti in Italia.
Come ampiamente atteso, in settimana il presidente americano Donald Trump ha annunciato la nomina di Jerome Powell alla presidenza della Fed. Dal 2012 membro del board Federal Open Market Committee (Fomc), il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, in questi anni Powell ha sempre votato in linea con l’attuale chairwoman Janet Yellen (il cui mandato quadriennale scadrà il prossimo febbraio), sostenendo a volte anche opinioni più dovish di quelle della media del Fomc.
Powell offre quindi a Trump la possibilità di ottenere un cambiamento formale alla guida delle Fed, con un candidato anche relativamente favorevole alla deregolamentazione bancaria, che allo stesso tempo è una garanzia di continuità con la politica di prudente rimozione dello stimolo monetario condotta finora dalla Fed.
Se la sua nomina sarà confermata dal Senato, Powell sarà il primo presidente della Fed in trent’anni a non avere un PhD in economia. Il futuro presidente della Fed, un avvocato, ha lavorato per una banca di investimento, come partner di un private equity, al dipartimento al Tesoro e come governatore della Fed dal 2012.
Altamente significativo sarà quindi soprattutto il giro di poltrone nel board dell’istituto centrale americano. Stanley Fisher, vice presidente del Fomc e William Dudley, altra colomba della politica monetaria americana, abbandoneranno le loro cariche, così come la colomba Neel Kashkari che dovrebbe lasciare il posto a John Williams.
Proprio il processo di ricostruzione del board metterà entro breve alla prova l’influenza e la visione di Powell. Il mercato sarà impaziente di vedere come si comporterà il neopresidente della Fed – dinamica, questa, che potrebbe acuire la pur bassa volatilità di breve termine, soprattutto sul fronte valutario.
Ma il prossimo appuntamento di grande rilevanza per i mercati sarà ancora presieduto dal chair uscente Janet Yellen. Gli economisti interpellati dal Wall Street Journal con un sondaggio successivo alla nomina di Powell ritengono che la Fed alzerà il costo del denaro durante la riunione del 12-13 dicembre, come previsto da più parti e per la terza volta quest’anno, e poi – nonostante il cambio al vertice – altre tre volte nel 2018 e due nel 2019, come segnalato dalla Fed stessa nei mesi scorsi.
Powell? Per i tassi, un non-evento Secondo Adrian Hull, corresponsabile del team fixed income di Kames Capital, il percorso dei tassi in America rimarrà quello definito da Janet Yellen.
Di base questo non è un evento. Non c’è dubbio che Powell imprimerà il suo stile ma in termini di strategia sui tassi rimarrà tutto invariato e si continuerà verso un rialzo graduale dei tassi a breve termine, non certo verso un balzo repentino. Non attendiamoci 4 o 5 rialzi nel 2018.
Il lavoro di Powell non è quello di sgonfiare i prezzi degli asset, ma piuttosto rimettere in ordine la politica monetaria e i target della Fed. L’inflazione si è indebolita e non rafforzata negli ultimi mesi, cosa che va a favore del mantenimento di una certa lentezza nel rialzo dei tassi.
Asset allocation. Il crollo della volatilità nei tassi di interesse è stato uno dei temi cardine del 2017. Si conti che da inizio anno il rendimento del decennale Usa è oscillato all’interno di un range di 60 punti base. Questo, di fatto, crea un bel po’ di opportunità. Si è registrata, inoltre, una certa pressione sulle curve di rendimento, ma i prezzi non seguono una linea retta.
Guardando ai mercati emergenti, il nostro fondo investment grade ha messo a segno un rendimento dell’8% quest’anno, anche se, a nostro parere, i mercati obbligazionari emergenti non hanno tenuto il passo rialzista degli altri mercati investment grade e high yield. Si apriranno quindi buone opportunità nel 2018.
Usa, la fine del ciclo è alle porte Sandra Crowl, membro del comitato investimenti di Carmignac, spiega come la casa francese si sta posizionando per non farsi trovare impreparata alla fine del ciclo economico statunitense, vista come prossima.
Il cambio al vertice di una banca centrale non è mai un “non-evento”, come abbiamo avuto modo di vedere quando Draghi e Kuroda si sono posizionati al timone delle rispettivi istituti. Tuttavia, visto che Powell è attualmente un membro del Fomc, ci aspettiamo un certo grado di continuità sul fronte della politica monetaria, probabilmente con qualche sgravio normativo per le banche.
La formazione giuridica di Powell potrebbe portarlo a nominare in qualità di vicepresidente un economista con una preparazione fortemente tecnica. Se da un lato Taylor sarebbe perfetto per questo ruolo, dall’altro fa sicuramente parte della fazione che sostiene una linea interventista/aggressiva. Del resto, siccome la fine del ciclo economico statunitense è vicina, è molto probabile che, a mano a mano che ci avviciniamo al 2018, Powell debba ridurre, e non incrementare, il ritmo del quantitative tightening.
Asset allocation. Investiamo con cautela nei comparti dell’azionario statunitense con un carattere più difensivo, come la sanità e i settori legati a internet, consapevoli che il ciclo economico del paese è in stadio avanzato. Riteniamo che i titoli di stato statunitensi siano costosi e prevediamo un rialzo dei tassi, sulla scia della ripresa delle pressioni inflazionistiche che si vedrà a fine anno, in concomitanza con la riduzione degli effetti base dell’incremento dei prezzi del petrolio.
Per questo motivo, attualmente abbiamo posizioni short sui T-Note statunitensi ma potremmo ridurre la nostra posizione via via che la fine del ciclo economico si avvicina, in particolare se i piani dell’amministrazione Trump sulla riduzione del gettito fiscale si dimostreranno deludenti e se la riduzione della liquidità da parte della Fed avrà un impatto negativo sulla crescita. Siamo inoltre cauti sugli high yield statunitensi, vista la robusta emissione e l’incremento dell’indebitamento.
Focus su vigilanza e (de)regulation Secondo Erik Weisman, capoeconomista di MFS Investment Management, uno degli aspetti principali della presidenza Powell sarà la potenziale revisione della regolamentazione del settore finanziario in una direzione meno interventista.
A inizio mandato Powell dovrà scegliere tra due percorsi. Può riprendere da dove lascerà Yellen e restringere molto gradualmente la politica monetaria, lasciando che l’economia statunitense corra al di sopra del potenziale fino a quando non vedrà un aumento delle pressioni inflative, stimolate da un incremento della domanda. In alternativa, può aumentare preventivamente i tassi in maniera più aggressiva per prevenire la possibilità di un’inflazione molto più elevata in futuro, evitando il potenziale di instabilità finanziaria che può derivare dal formarsi di bolle sugli asset.
Sospetto che sceglierà la prima strada e che un modesto aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo gli consentirà di restare su un graduale percorso di restringimento nel 2018. Il rischio maggiore in questo caso è che dovrà aumentare i tassi più rapidamente di quanto i mercati non stiano anticipando (come evidenziato anche dal gestore di Schroders Ugo Montrucchio in una recente intervista a Focus Risparmio, ndr), dato che le condizioni per una migliore crescita economica nominale sembrano promettenti.
Un risvolto potenzialmente importante – ma ancora poco sottolineato – del passaggio di consegne da Yellen a Powell riguarda le politiche di regolamentazione dei mercati. Nel periodo 2009-2017 il governatore Daniel Tarullo è stato l’uomo di punta della Fed sulla politica di regolamentazione finanziaria, sostenendo un approccio relativamente interventista apprezzato da Janet Yellen.
Nell’ottobre del 2017 Randal Quarles è stato confermato come vicepresidente della vigilanza bancaria per la Fed. Quarles è favorevole a un allentamento della sorveglianza regolamentare – in particolare sulle banche di piccole e medie dimensioni – che è una prospettiva sottoscritta anche da Powell. Di conseguenza, assisteremo probabilmente a un cambiamento significativo nel regime regolatorio che potrebbe favorire un aumento tanto dell’offerta quanto della domanda di credito, con un potenziale aumento dell’attività economica negli anni a venire.
Portafoglio invariato dopo la nomina Powell è un moderato e il suo percorso come governatore dimostra il suo supporto all’approccio graduale targato Yellen, osserva Dan Roberts, gestore del Global Fixed Income Team di Nordea.
Jerome Powell è considerato un moderato e il suo percorso come governatore della Fed ha dimostrato il suo supporto all’approccio graduale di Janet Yellen. L’elemento che ci solleva maggiori preoccupazioni è il fatto che Powell è un procuratore e non un economista di esperienza. Certo è circondato da economisti rinomati che possono supportarlo nell’affrontare questi mercati “superficiali”.
Asset allocation. Non ci saranno modifiche nelle nostre esposizioni causate dal cambio di poltrona. La flessione dei rendimenti dei Treasuries Usa è correlata, piuttosto, alla mancata vittoria di John Taylor, che i mercati ritenevano più affiancabile a una linea monetaria più rigida di quella attuale, data la sua famosa “Taylor rule” (la banca centrale dovrebbe modulare il tasso di interesse a breve in risposta agli scostamenti tra il tasso di inflazione ed il tasso di inflazione obiettivo e tra output corrente e quello potenziale, ndr).
Il nostro outlook per il 2018 non prevede particolari movimenti di mercato o macroeconomici, per lo meno nei primi nove mesi. Continuiamo a favorire il mercato del credito Usa, sia investment grade sia high yield, facendo attenzione a evitare gli emittenti o i settori che non offrono un ritorno sufficiente a compensarne il profilo di rischio.
Rialzo a dicembre, attenzione al rischio di sell-off Secondo Sophia Ferguson, senior portfolio manager per l’active fixed income e le valute di State Street Global Advisors, la grande sfida per Powell sarà trovare un equilibrio tra riduzione delle politiche monetarie accomodanti e supporto alla ripresa.
Di per sé è improbabile che la nomina di Powell porti a un cambiamento dell’attuale politica della Fed; con quattro seggi vacanti nel Fomc, tuttavia, le prospettive di lungo termine dipendono notevolmente da come l’Amministrazione Trump colmerà questi vuoti. Ci aspettiamo un cambiamento rispetto alle tradizionali nomine accademiche, a favore di personalità con una comprovata esperienza maturata nel settore privato, view a sostegno della crescita e pochi bias in termini di regolamentazione finanziaria.
Analisi tecnica. Stimiamo che l’ulteriore bear steepening della curva (tassi a lungo termine che crescono più rapidamente dei tassi a breve termine, ndr) dovrebbe essere limitato in quanto la parte anteriore delle stessa ha già incorporato il picco dei tassi per questo ciclo e la Fed ha abbassato le attese per i terminal fund rate al 2.75%. I tassi di interesse a breve termine restano prezzati in modo non corretto rispetto alle media dei DOT della Fed (il grafico dotplot è una tabella o matrice che fornisce un’indicazione delle similarità tra sequenze – in questo caso, tra i voti dei membri del Fomc, ndr), rispettivamente di 60 punti base per il 2018 e di 100 punti base per il 2019.
Con molta probabilità ci sarà un incremento dei tassi a dicembre e la parte anteriore della curva resterà vulnerabile ai sell-off. Se il trend rialzista del ciclo dovesse proseguire, anche se in maniera più graduale, la curva dovrebbe continuare ad appiattirsi ulteriormente, come abbiamo già avuto modo di osservare in passato.
In attesa della nomina del nuovo chairman della Fed, l’economia americana è più che mai sotto la lente degli investitori. Ne parliamo con Ugo Montrucchio, gestore multi asset di Schroders