La Fed non dà segni di tapering ma anticipa il rialzo dei tassi
Powell conferma gli acquisti ma stima due aumenti del costo del denaro entro il 2023. Rivisto al rialzo il Pil Usa 2021. Balzo anche dell’inflazione. Ai mercati non piace il dot plot
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Una colomba con occhi di falco. La Fed continua nel suo atteggiamento accomodante e rassicurante, ma tra una ripresa più rapida del previsto e i progressi delle campagne vaccinali, guarda ben avanti, lasciando intendere che una riduzione degli stimoli, seppure non immediata, non è poi così lontana. E gli occhi dei mercati sono ora puntati su Jackson Hole, la consueta riunione agostana quando si prevedono annunci più precisi, anche se alcuni osservatori sono convinti che il tapering potrebbe concretizzarsi già a settembre.
“Il Fomc Sep rilasciato il 16 giugno implica che la Fed potrebbe aumentare i tassi di interesse due volte nel 2023 invece che nel 2024 o più tardi, come aveva previsto a marzo. Inoltre, il presidente Jerome Powell ha detto ai giornalisti che il comitato ha iniziato a discutere le opzioni del Fomc per terminare il programma di acquisto di obbligazioni. Lavorando a ritroso dal 2023, nuova data prevista per il primo rialzo dei tassi, pensiamo che il Fomc potrebbe annunciare la prima riduzione del suo programma di acquisto di obbligazioni già a settembre”, commenta Tiffany Wilding, economista esperta di America Settentrionale di Pmico.
L’esperta fa notare come le posizioni più decise rispetto alle aspettative del percorso dei tassi dei membri del Fomc siano arrivate nonostante cambiamenti contenuti nelle previsioni del tasso di disoccupazione e dell’inflazione per il 2023. “Questo suggerisce meno tolleranza per i picchi di inflazione di quanto si pensasse in precedenza”, sottolinea.
“Vediamo il recente aumento delle aspettative d’inflazione come uno sviluppo gradito, perché le aspettative d’inflazione erano probabilmente ancorate sotto l’obiettivo del 2% del Fomc – chiarisce la Wilding -. Powell ha fatto eco a questi sentimenti, notando che le aspettative di inflazione sono recentemente tornate in un intervallo più coerente con l’obiettivo di inflazione della Fed. Ciononostante, la velocità del movimento verso l’alto delle aspettative di inflazione a lungo termine ha probabilmente suscitato qualche allarme tra i funzionari del Fomc. Queste preoccupazioni, più la necessità percepita di ancorare le aspettative di inflazione all’obiettivo, hanno probabilmente contribuito alla revisione del percorso dei tassi”.
Per Nicolas Forest, global head of fixed income and member of the executive committee di Candriam, mentre la banca centrale americana non ha cambiato la propria politica monetaria, la riunione del Fomc è stata l’occasione per chiarire le aspettative dei suoi membri sui tassi di riferimento. E con due rialzi dei tassi previsti nel 2023 è stato difficile per Powell mostrarsi accomodante.
“Il mercato sembrava credere ai messaggi rassicuranti di una inflazione transitoria – osserva -. Tuttavia, con due potenziali rialzi nel 2023, ciò che sta prendendo forma è effettivamente la normalizzazione monetaria con un potenziale arresto degli acquisti di asset nel 2022”. Per Forest si tratta chiaramente della prospettiva di una stretta monetaria nei prossimi anni che, anche se del tutto logica, era stata messa in secondo piano dai mercati. “I tassi americani a breve termine hanno reagito al rialzo con un aumento di quasi 10 punti sulla scadenza a 5 anni e il dollaro si è fortemente apprezzato”, evidenzia.
Luca Tobagi, Cfa investment strategist di Invesco, sottolinea i punti chiave emersi dal meeting di ieri: crescita e inflazione più alte, nessuna variazione sul fronte mercato del lavoro e soprattuto il cambiamento emerso dal dot plot sui tassi. “La Fed insomma – assicura – sta cercando di non farsi trovare impreparata nel caso l’inflazione si muovesse al rialzo con più intensità di quanto previsto nei mesi scorsi e il dot plot lancia un segnale del fatto che un’inflazione per periodi anche prolungati sopra l’obiettivo medio del 2% è accettabile, ma il rischio di lasciare surriscaldare l’economia lo è molto meno e si vuole evitare”. Per lo strategist la variabile chiave, dopo questo passaggio sul fronte inflazione, è l’andamento del mercato del lavoro.
“Sui mercati obbligazionari per adesso stiamo assistendo al replay di quanto visto a maggio – analizza -: un rialzo del rendimento decennale di circa 10 bps che si sta già un po’ assestando. Allora i tassi hanno imboccato un sentiero discendente. Adesso si vedrà. Con queste proiezioni, è possibile che la parte media della curva (fra i 3 e i 7 anni) possa risentire un po’ di più”.
Quanto al dollaro, invece, posto che secondo Tobagi è quasi impossibile fare previsioni, non sarebbe sorprendente un rafforzamento, soprattutto se le dichiarazioni della Fed alimentassero incertezza e volatilità sui mercati finanziari. “Al momento non sembrerebbe essere il caso, ma non si può mai dire e sappiamo che in caso di discesa dei mercati, il dollaro tende ad essere oggetto di acquisti. Sulla base delle performance degli ultimi 5 anni, non sembrerebbe essere particolarmente probabile allo stato attuale immaginare un rafforzamento del dollaro contro euro che vada oltre 1.1776 nel breve”, conclude.
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