Fed, per i gestori prossimo taglio a giugno
La solidità del mercato del lavoro USA rafforza l’approccio cauto della banca centrale. A dicembre creati 256.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre le attese. Disoccupazione giù al 4,1%
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Nel cambio di rotta imminente non spera più nessuno, piuttosto si cerca di capire se è realistico aspettarsi un taglio dei tassi nel terzo trimestre dell’anno. È con questo atteggiamento che gli investitori aspettano l’esito della riunione della Federal Reserve che si concluderà il primo maggio, con i mercati dei future che ormai non prevedono in sostanza alcuna possibilità concreta di una riduzione del costo del denaro almeno fino all’autunno. È infatti ufficiale che la lotta all’inflazione iniziata nel lontano marzo 2022 da Powell e colleghi non è ancora vinta, mentre l’economia a stelle e strisce continua a dare segni di vitalità.
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L’ultimo dato in ordine di tempo che rafforza l’atteggiamento attendista del Fomc è stato quello relativo all’inflazione Pce (il personal consumption expenditures price index, misura preferita dai governatori), che a marzo si è rivelato ancora alto. L’indice è infatti aumentato dello 0,3% rispetto al mese precedente, in linea con le attese e pari al dato di febbraio, ed è cresciuto del 2,7% in rapporto al 2022, sopra il 2,6% del consensus. La componente core, quella depurata dagli elementi volatili, è salita dello 0,3% su base mensile, mentre è rimasta al 2,8% su base annua, sopra il 2,7% atteso.
“La riluttanza dell’inflazione a scendere quest’anno ha intaccato la fiducia del mercato circa la capacità della Federal Reserve di allentare la politica monetaria. Attualmente il mercato non prevede un taglio completo dei tassi fino al novembre 2024”, commenta Jason Simpson, senior fixed income Etf strategist di Spdr Etf. L’esperto fa infatti notare come, in termini di comportamento degli investitori, nelle ultime settimane si è verificato un aumento dei flussi verso gli Etf a scadenze ultracorte. “Gli operatori stanno chiaramente cercando di proteggersi dall’inarrestabile aumento del rendimento del decennale statunitense e sembrano aver ritardato l’operazione di neutralizzazione della duration che avevano programmato per il 2024”, osserva. Per l’esperto, l’incremento dei rendimenti di mercato e il recente calo delle azioni hanno probabilmente inasprito le condizioni monetarie. E questo potrebbe consentire al presidente Powell di sostenere ancora che il Fomc stia continuando a osservare i dati. “Con il mercato che si aspetta una prospettiva di politica più falco, ciò potrebbe essere molto costruttivo per le obbligazioni”, sottolinea.
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Per Julien Houdain, head of Global Unconstrained Fixed Income di Schroders, gli ultimi dati sui prezzi sono una via di mezzo tra un ribaltamento dello scenario e un incidente di percorso. “Una serie di battute al rialzo non esclude tagli dei tassi nel corso dell’anno, ma di certo crea un motivo di riflessione per la Federal Reserve, con un taglio a giugno che sembra improbabile”, avverte. A suo parere, infatti, se si considera la misura dell’inflazione preferita dal presidente Powell, ovvero i servizi core esclusi gli alloggi, l’andamento degli ultimi due mesi è stato preoccupante. “Esaminando un’ampia gamma di misure, la realtà è che l’inflazione è attualmente troppo elevata perché la Fed possa sentirsi a proprio agio nell’allentare le condizioni della politica monetaria nel breve termine”, precisa. Aggiungendo però che non ci sono solo cattive notizie: da diversi punti di vista sembra infatti che il mercato del lavoro stia tornando al punto di equilibrio. “La crescita dei salari è in calo, i posti vacanti diminuiscono gradualmente e, soprattutto, il tasso di abbandono del posto di lavoro continua a contrarsi”, precisa.
Paul Diggle, capo economista di abrdn, prevede due tagli a settembre e a dicembre 2024, in scia alla moderazione dei trend della crescita e dell’inflazione nella seconda metà dell’anno. Ma precisa di considerare seriamente il rischio che non ci siano sforbiciate o che la prossima mossa sia un rialzo. “Assegniamo una probabilità cumulativa del 35% agli scenari ‘no landing’ e ‘picco del prezzo del petrolio’, in cui la politica monetaria rimane invariata o addirittura diventa più restrittiva”, avverte.
Più ottimista Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, che punta l’attenzione sulla crescita. “Nel primo trimestre del 2024 il prodotto interno lordo reale degli Stati Uniti è cresciuto dell’1,6% su base annua, al di sotto delle attese del mercato (+2,5%) e dell’ultima lettura del 2023 (+3,4%)”, analizza. L’esperto evidenzia come a far da traino sia stata soprattutto la crescita dei consumi e degli investimenti immobiliari, parzialmente compensata da un calo delle scorte e da un aumento delle importazioni. Per Flax, questo dato potrebbe pesare sulla decisione della Fed: “Finora la resilienza dell’economia Usa ha contribuito ad allontanare l’ipotesi di un taglio dei tassi, ma questo inaspettato rallentamento potrebbe essere il segnale che i policymaker stavano aspettando per procedere con un’inversione di rotta”.
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Quello che è certo, per ora, è che a Powell e colleghi tocca navigare a vista. Come fa notare Erik Weisman, chief economist and portfolio manager di Mfs Im, alla fine del 2018 la banca centrale Usa ha alzato i tassi solo al 2,5%, rallentando bruscamente l’economia, mentre in questo ciclo ha operato rialzi per 500 punti base e l’attività ha continuato ad espandersi. A suo avviso ci sono tre possibilità. La prima è che l’economia sia meno sensibile al costo del denaro perché le condizioni fondamentali sono cambiate. “Se così fosse, la Fed potrebbe aver bisogno di alzare ulteriormente i tassi”, fa notare. La seconda è che l’economia sia ancora sensibile ai tassi, ma che quelli reali effettivi non siano così alti e che le condizioni finanziarie generali siano ancora favorevoli. “In tal caso, il Fomc dovrebbe aumentare gradualmente il costo del denaro fino a quando la politica monetaria non sarà sufficientemente restrittiva”, spiega. Infine, l’ultimo caso è quello che vede l’economia meno sensibile al costo del denaro, ma solo a causa dello shock della pandemia. “Se fosse vero, Powell potrebbe semplicemente avere bisogno di più tempo perché i tassi attuali abbiano effetto. La conclusione è che la Fed si trova nella poco invidiabile posizione di dover capire tutto questo senza una bussola”, conclude Weisman.
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