Corporate bond, per i gestori è ora di puntare sull’Europa
Nonostante il sentiment sui mercati non sia dei migliori, le occasioni non mancano. E le società del Vecchio Continente sono da preferire a quelle Usa. Ecco perché
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Archiviata la Bce, lo sguardo dei mercati si è spostato Oltreoceano dove si attende per mercoledì un nuovo aumento dei tassi Usa di almeno 75 punti base. Negli ultimi giorni infatti molti investitori hanno iniziato a temere che, nella sua lotta senza quartiere all’inflazione, la banca centrale americana possa essere più aggressiva del previsto, soprattutto dopo che a giugno il costo della vita è volato al 9,1%. Restano però forti i timori che una stretta particolarmente dura possa dare il colpo di grazia all’economia Usa.
Pochissime ore separeranno infatti la decisione del Fomc dall’altro sorvegliato speciale dei mercati, la crescita statunitense. Giovedì verrà reso noto il dato sul Pil del secondo trimestre e, dopo che il primo si è chiuso con una contrazione dell’1,6%, l’aspettativa è per una crescita dell’1,6%. Dunque questa settimana, dopo l’intervento di Powell, sarà più chiaro se il rischio recessione è reale oppure, come è tornata a tranquillizzare la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, il solido mercato del lavoro e le forti tendenze alla spesa dei consumatori rendono remota questa possibilità.
“Non è ancora chiaro se l’economia statunitense riuscirà ad evitare un atterraggio duro. Riteniamo che le probabilità di recessione siano aumentate notevolmente, sulla scia dei timori per la minaccia di un eccessivo inasprimento monetario da parte della Federal Reserve statunitense”, osservano Erik Weisman e Benoit Anne, rispettivamente chief economist portfolio manger e director investment solutions group di Mfs Im.
Ellen Gaske, lead economist for G10 economies di Pgim Fixed Income, ricorda che la Fed ha affermato come un allentamento della politica monetaria sarà improbabile fino a quando non si vedrà un cambiamento convincente nella traiettoria delle rilevazioni mensili dell’inflazione ed è dunque probabile che Powell ribadisca questo messaggio nella conferenza stampa post meeting.
Ma per l’economista di Pgim Fixed Income ci sono almeno altre tre cose da tenere d’occhio mercoledì. La prima è come la banca centrale Usa definirà le attuali condizioni economiche: “Al momento ci sono segnali contrastanti sull’attuale forza dell’economia e sul probabile trend di breve termine delle rilevazioni mensili sull’inflazione”, sottolinea infatti la Gaske. Sarà poi utile soffermarsi su quanta importanza verrà attribuita dai funzionari della Fed alle proprie previsioni sull’andamento dell’economia e delle pressioni inflazionistiche nella seconda metà dell’anno e anche al peso che daranno ai rischi derivanti dal contesto globale.
Anche per Darrell Spence, economista specializzato negli Stati Uniti di Capital Group, la Fed continuerà verosimilmente a seguire il proprio percorso di inasprimento. “Al momento assistiamo ad una significativa inversione del tratto a breve della curva dei rendimenti, con i futures sui tassi d’interesse che segnalano un picco del tasso sui Fed Fund in corrispondenza del 4% verso metà 2023 ma anche, successivamente, tagli per 50 pb. Si tratta di ipotesi plausibili considerando che il mercato continua a scontare la prosecuzione dei rialzi”, sottolinea precisando che comunque la banca centrale Usa non ignorerà la necessità di una certa stabilità nei mercati
“Con il mercato che sconta già un picco del tasso sui Fed Fund in corrispondenza del 4% e rialzi per 200 pb previsti per le prossime tre riunioni della Fed, il rischio/rendimento legato al fatto di conservare una duration ridotta diviene via via meno interessante – aggiunge Spence -. La duration misura la sensibilità del prezzo di un’obbligazione alle variazioni dei tassi d’interesse. Mantenere un’esposizione alla duration e alla curva vicina ai propri valori neutrali risulta attualmente conveniente dato che ci avviciniamo a quello che sarà a mio avviso un periodo volatile per i mercati fino alla fine dell’anno”.
Per Weisman e Anne di Mfs Im, a fronte di uno scenario di recessione sempre più verosimile, la tesi a favore di un netto sottopeso di duration si è indebolita. “La probabilità che i tassi a lungo termine salgano di molto rispetto ai livelli attuali è a nostro avviso diminuita. Tuttavia, i tassi sul tratto a breve della curva potrebbero rimanere sensibili a un’inflazione persistentemente elevata, a un mercato del lavoro robusto e a un orientamento restrittivo della Fed, con il rischio di ulteriori aumenti dei tassi a breve. Se i fondamentali macroeconomici continueranno a deteriorarsi e si verificherà una recessione, prevediamo un ampliamento degli spread creditizi, il che renderà necessarie un’attenta analisi e una scrupolosa selezione dei titoli per gestire le esposizioni creditizie”, concludono.
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