Anto
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Nell’outlook di Carmignac la linea è chiara: i mercati convivranno con l’inflazione ancora per diverso tempo. I gestori sono chiamati a essere flessibili e cercare nuove soluzioni di allocazione oltre le frontiere dei mercati principali
Un anno ottimista quello delineato da Carmignac durante l’Annual Event in Parigi. Una previsione che non cede all’ingenuità di credere di essere fuori dai rischi e dalla crisi, ma che piuttosto mantiene una visione concreta del nuovo anno. Un taglio che si riscontra anche nella lettera trimestrale del suo fondatore e presidente, Edouard Carmignac, nella quale il numero uno della società parla di “ottimismo”, ma “cauto e prudente” per il 2023.
Secondo l’outlook della società l’inflazione resterà sui mercati e i gestori dovranno imparare a conviverci cercando di padroneggiare al meglio le gestioni attive. Nel 2023 le banche rimarranno, per questo motivo, solide sulle loro posizioni e manterranno alti i tassi di interesse per almeno metà anno. Infine, l’asse di interesse a livello geografico cambierà delineando di fatto un nuovo scenario mondiale.
Macro previsioni
L’economia globale nel 2023, per Raphaël Gallardo, chief economist di Carmignac, sarà caratterizzata da una contrazione della crescita, che passerà dal 3% all’1%, e da una forte desincronizzazione globale. Rispetto alle previsioni di metà 2022, le previsioni di crescita, sebbene contratte, sono state riviste in rialzo per tutti i Paesi. Il punto interessante riguarda l’Europa, che andrà verso ad una crescita, ma piuttosto modesta a causa dell’effetto ritardato della politica monetaria della Bce.
Negli Usa, invece, fa sapere l’esperto, “la recessione è rinviata al terzo trimestre a causa della resilienza dei consumi”. Il mercato americano sarà attraversato principalmente da tre trend: disinflazione energetica che farà risalire il reddito reale, mercato del lavoro contratto ed eccesso di risparmi accumulatisi durante il Covid e ancora non del tutto spesi. Per questo motivo la Fed continuerà a mantenere i tassi alti, finché non sarà sicura dell’effettiva fine del fenomeno inflazionistico.
“Solo in Cina la ripresa sarà più duratura e meno inflazionistica”, perché, specifica Gallardo, legata alle riaperture post covid. L’inflazione, per l’esperto, è destinata a restare e accompagnare il mondo degli investimenti e quello economico per i prossimi dieci anni. “I gestori”, afferma, “dovranno essere flessibili e abili nella gestione attiva”.
Soglia del dolore bassa
Come spiega Frederic Leroux, responsabile del team Cross Asset della società, “per capire la situazione economica attuale bisogna analizzare a ritroso lo scenario macro all’inizio del 2000, quando le banche hanno risposto alla fine del ciclo economico — colte dal timore inflazionistico e di recessione — con un’iniezione di liquidità nei mercati. Secondo l’esperto la situazione odierna è figlia di questa decisione. “Le banche hanno svolto un ruolo importante negli ultimi anni in ottica di evitare il dolore della recessione”.
Anche per questo, fa sapere Leroux, “oggi ci ritroviamo con un fenomeno inflazionistico che è destinato ad accompagnarci per diverso tempo”. Per gestire il fenomeno al meglio, ricorda l’esperto, “è importante a questo punto scegliere una gestione attiva per accompagnare l’inflazione, che tornerà ad essere la bussola dei gestori”.
Fuori dai confini
Il 2023 potrebbe essere l’anno del coraggio, durante il quale investire nel mercato americano con un’altra ottica, detronizzandolo da una posizione preponderante. Così, risulta interessante l’America Latina, con particolare attenzione, per la società, verso paesi come il Messico o il Brasile, o verso il rame prodotto dal Cile. E ancora, l’Ungheria, raccontano gli esperti della società.
Senza emissioni
Non mancano accenni alla net zero. Secondo Jean-Francois Louvrier, fund manager di Carmignac, per arrivarci ci sarà bisogno di fare enormi investimenti. “Le stime parlano di 28mila miliardi di euro, per l’Europa, nei prossimi 30 anni”. I settori coinvolti sono diversi, di conseguenza diverse le opportunità. “Le vincitrici saranno quelle aziende che forniranno componenti fondamentali per le tecnologie della transizione”. Le aziende perdenti, secondo Louvrier, sono invece quelle che “non sapranno adattarsi in fretta” e che la transizione lascerà indietro.
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