Per il mercato dei fondi di investimento alternativi il 2021 sarà un anno di cambiamenti. A gennaio scadono i termini delle consultazioni lanciate dalla Commissione europea (qui i dettagli) per rivedere alcuni punti della direttiva Aifm e del Regolamento Eltif, secondo una logica che vuole rendere il mercato degli investimenti alternativi protagonista di primo piano nella ripartenza economica post-Covid del continente.
“Oggi l’industria dei fondi alternativi necessita di maggior flessibilità sia sul fronte della produzione che su quello della distribuzione”, sottolinea Roberta D’Apice, Direttore del Settore legale di Assogestioni, nel corso della seconda giornata dell’evento online Alternative Investment Funds Days, organizzato dall’Associazione degli asset manager e Borsa Italiana per ragionare sul futuro degli investimenti alternativi.
Da un lato, quindi, occorrono prodotti più flessibili per venire incontro alle esigenze di liquidità e liquidabilità dell’investitore retail, e dall’altro, emerge la necessità di una nuova categoria dei clienti semi-professionali.
La dirigente di Assogestioni ha sollecitato su questi temi alcuni fra i principali operatori dell’industria italiana nel corso della tavola rotonda “Produttori e distributori di fondi alternativi a confronto”, invitandoli a ragionare sulle possibili vie da seguire per rendere i fondi alternativi più attrattivi agli occhi del pubblico retail.
Il mondo della produzione: maggior flessibilità nell’offerta
Giovanni Carenini, Condirettore generale – Head of business support & control Amundi Sgr, auspica che la revisione della regolamentazione sugli Eltif possa orientare il legislatore italiano alla rimozione di alcune rigidità affinché i produttori possano offrire fondi con regole di rimborso più flessibili. Il manager di Amundi cita l’esempio di Francia e Germania dove esistono Fia immobiliari rivolti al retail anche in forma aperta.
“Prodotti di gran successo”, dice Carenini, che però “non sono accessibili alla clientela retail italiana per via dell’incompatibilità con l’attuale assetto normativo del Tuf”. E in chiusura l’esperto lancia l’idea di un fondo di diritto italiano che investa nelle detrazioni d’imposta scambiate in seno alla nuova norma sul Superbonus, “un prodotto – chiosa Carenini – che potrebbe essere esportato in tutta Europa”.
Guarda nella stessa direzione Andrea Pescatori, Ceo Ver Capital, che suggerisce di non guardare tanto alla normativa Eltif, che risponde più ad esigenze di politica economica, ma alla disciplina della Banca d’Italia sui Fia retail, introducendo una versione 2.0 dei Fia aperti retail. Secondo Pescatori occorrerebbe in primo luogo estendere le asset class nelle quali un Fia Aperto può investire andando oltre i soli strumenti finanziari. In questa prospettiva, afferma Pescatori, occorrerebbe pensare al mercato dei crediti liquidi, cioè al mercato dei prestiti sindacati che vale 1.200 miliardi negli Usa e circa 400 miliardi in Europa. “Offrire asset class alternative liquide significa anche generare un prodotto con rapporto rischio-rendimento effettivamente adatto alle esigenze di un pubblico più ampio di risparmiatori”.
Philippe Minard, Amministratore delegato e direttore investimenti Anima Alternative Sgr, pensa che nella revisione del Regolamento Eltif “sarebbe utile introdurre maggior flessibilità negli investimenti nel credito sul secondario o in cartolarizzazioni e altri Fia chiusi” e cita il tema della fiscalità. “Probabilmente se si andrà avanti con forme chiuse di Eltif la leva fiscale sarà estremamente utile per cercare di avvicinare i risparmiatori retail a queste forme di investimento come è stato fatto, per esempio, per incoraggiare investimenti in start up piuttosto che in Pmi innovative”. In questa prospettiva, conclude Minard, è “necessario migliorare e rendere più attinente la normativa fiscale alla modalità di funzionamento dei fondi chiusi”.
La distribuzione: formazione, nuova categoria di cliente e supporto della consulenza
Antonella Tirabassi, Direttore prodotti Azimut Capital Management Sgr, richiama la figura dell’investitore semi-professionale: “Credo che l’accesso ai Fia riservati da parte di questa nuova categoria di investitori retail indicati nella nuova formulazione dell’articolo 14 del DM 30/2015 possa essere considerato un passo in avanti nella giusta direzione da tutti quanti gli operatori del mercato”. E cita esempi dall’estero come il Lussemburgo dove “già da tempo esistono categorie simili e il retail ha possibilità di investire in questi strumenti alternativi con importi minimi di investimento assai più contenuti rispetto all’odierno mercato italiano”.
Tirabassi chiama in causa anche la presenza della prestazione obbligatoria del servizio di consulenza nell’ambito della strategia distributiva ritenendola “fondamentale per accompagnare le scelte dei clienti verso questi strumenti innovativi”. “Gli alternative sono sicuramente un’opportunità di diversificazione dei portafogli – sottolinea – ma hanno delle peculiarità e delle complessità piuttosto ampie che vanno spiegate in maniera chiara e inequivocabile al cliente retail per non pregiudicare poi la capacità dello stesso di assumere decisioni di investimento consapevoli”.
Per Gianluca La Calce, Responsabile marketing strategico e coordinamento prodotti di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, l’idea di ridurre la soglia di accesso in presenza di un’attività di consulenza o di un servizio d’investimento razionale è “molto importante” poiché permette “da una parte, di avere la giusta disciplina e, dall’altra, anche di avere quella diversificazione che una soglia più bassa naturalmente consente”.
Ci sono però altri punti di attenzione, dice il manager di Fideuram, che meritano di essere richiamati. “Ogni volta che c’è un mismatch fra quelle che sono le caratteristiche di liquidità del sottostante rispetto alla liquidabilità del prodotto si apre un’area di rischio che tipicamente viene gestita intervenendo sull’asset mix e quindi con un impatto sul profilo rischio rendimento”. “Perché questo punto è rilevante?” si domanda retoricamente La Calce, che spiega: “E’ un punto delicato che va chiarito nel patto che, in un rapporto di consulenza, si stringe con il cliente. Il cliente deve essere messo in condizione di comprendere quale sia il prezzo della rinuncia che lui sta subendo o in termini di minore liquidabilità o in termini di rendimento. Questo è un punto di attenzione ma per alcune aree di bisogno è una complessità che vale la pena affrontare”.
Claudia Vacanti, Direttore prodotti di Banca Generali, sostiene l’importanza delle agevolazioni fiscali e spiega che “dovrebbe rinnovarsi e passare da un concetto di detassazione degli utili prospettici a un più adeguato, in questo caso, concetto di protezione del capitale”. “Se riuscissimo a fare questo step otterremmo un prodotto che incorpora un concetto di allineamento d’interessi tra gli incentivi delle politiche economiche volte a stimolare la crescita e gli interessi del risparmiatore e questo concetto sarebbe molto importante per veder decollare lo strumento e far superare a tanti clienti il timore del lungo orizzonte temporale”.
Giovanni Sandri, Managing director e head di BlackRock Italia, chiude la tavola rotonda con una riflessione sul concetto della tecnologia Fintech in chiave di miglioramento dei processi sia di prodotto, per quei player che stanno a monte della filiera, che di servizio, per chi invece si trova a valle.
Nella visione del manager oggi servono competenze trasversali per costruire portafogli che contengano più dimensioni, da quelle più tradizionali fino ad arrivare a quelle passive e infine verso gli asset alternativi. In questo quadro, spiega Sandri, il supporto della tecnologia è fondamentale per gestire la complessità.
È in quest’ottica che lo scorso 24 settembre la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure denominato “Pacchetto per la Finanza Digitale”, contenente proposte di regolamentazione in materia di finanza digitale per rendere più competitivo il settore finanziario.
“Costruire un portafoglio oggi è diventato un’attività più complessa che in passato, però offre molte più opportunità perché avendo così tanti ingredienti è possibile personalizzarlo in maniera migliore a seconda delle esigenze del cliente ed è qui che interviene il ruolo fondamentale della tecnologia”, conclude Sandri.
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