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Nove su dieci non hanno o non rendono noti gli obiettivi ambientali. E un terzo delle strategie articolo 9 ha una percentuale pari o inferiore al 30% di investimenti sostenibili. Il Barometro Esg 2023 di MainStreet Partners
Molti fondi che godono dello status di articolo 9 ai sensi della Sfdr non sono ancora in grado di garantire la necessaria attenzione alla sostenibilità. È quanto emerge dal Barometro Esg 2023 di MainStreet Partners, che ha passato al setaccio il suo database Esg proprietario composto da oltre 5.800 fondi/Etf e più di 64.000 Isin individuali, per un totale di oltre 300 asset manager e 4,4 trilioni di euro di patrimonio.
Dall’analisi dei dati dello European Esg Template (Eet), il metodo standardizzato per lo scambio di dati ambientali sociali e di governance, viene fuori infatti che oltre il 90% dei fondi non aveva o non rendeva noti gli obiettivi di carattere ambientale. Con circa un terzo delle strategie articolo 9 che ha dichiarato una percentuale minima di investimenti sostenibili pari o inferiore al 30%. Ne deriva, secondo gli esperti MainStreet Partners, che i dati Eet risultino ancora poco affidabili e che c’è da spettarsi un miglioramento significativo della quantità e della qualità di queste informazioni nei prossimi mesi.
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Intanto, a quasi due anni dall’entrata in vigore della Sustainable finance disclosure regulation, si nota un massiccio spostamento dei fondi dallo status di articolo 6 a quello di articolo 8, come conseguenza del fatto che gli asset managers hanno modificato il loro approccio Esg al processo, alla divulgazione e alla classificazione normativa. Nel complesso, infatti, il numero e la percentuale di strategie articolo 9 nell’universo analizzato da MainStreet Partners sono rimasti costanti, mentre si è verificato un chiaro passaggio dal 6 all’8, con i primi che nel 2021 costituivano il 75% del totale e che nel 2022 sono scesi al 50%.
Quanto agli asset manager, dall’analisi emerge che i gestori medio-grandi continuano a ottenere in media punteggi leggermente superiori nelle valutazioni Esg rispetto a quelli con patrimoni più piccoli e alle boutique. Da segnalare anche che gli asset managers cui è toccato affrontare problemi di ‘greenwashin’, di gestione del rischio e di compliance sono stati penalizzati nel loro rating Esg, con i parametri ‘Credibilità istituzionale’ e ‘Reputazione’ che si sono rivelati i punti più deboli di questi gestori. In particolare, comunque, la differenza tra i più grandi e i più piccoli si è ridotta nell’ultimo anno.
Guardando ai fondi dei mercati emergenti, queste strategie risultano svantaggiate rispetto alle loro omologhe dei mercati sviluppati e hanno costantemente ottenuto punteggi inferiori nei rating Esg, circa il 10% in meno per i comparti degli articoli 8 e 9. Ciò, a detta degli esperti MainStreet Partners, è dovuto certamente al fatto che le società incluse nei portafogli hanno ricevuto valutazioni di sostenibilità inferiori, anche se la mancanza in generale di dati e di informazioni provenienti da quelle regioni rende l’analisi ambientale, sociale e di governance generalmente più difficile. Ne deriva che se i requisiti sempre più stringenti da parte delle autorità di regolamentazione in materia di dati e divulgazione superano i miglioramenti apportati dalle società che operano in queste regioni, si potrebbe assistere al persistere o addirittura all’aggravarsi di questa tendenza.
“La nuova normativa europea sugli investimenti sostenibili ha creato una rivoluzione nel settore del wealth and asset management e le comunicazioni Esg sono ora le priorità dei consigli di amministrazione e dei comitati esecutivi”, ha commentato Simone Gallo, managing director di MainStreet Partners, secondo cui sul mercato regna però una notevole confusione su cosa si intenda per fondo sostenibile e su come evitare il rischio di greenwashing in un’enorme offerta di nuovi prodotti commercializzati come Esg, Impact o sostenibili.
“Per questi motivi – ha concluso Gallo – continuiamo a registrare un numero crescente di investitori in Europa e in Asia che richiedono o desiderano rating Esg coerenti e di facile comprensione che vadano oltre la semplice aggregazione bottom-up dei rating Esg delle partecipazioni per fornire una due diligence Esg olistica e indipendente“.
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