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Nel quarto trimestre 2023 primo deflusso storico per i fondi sostenibili. Da maggio il settore ha però ripreso ad attrarre capitali trainato dal mercato europeo. Ma per chi fa analisi, il fattore etico è ormai stabile e strutturale nella costruzione dei portafogli
Lo scorso anno Larry Fink, ceo di BlackRock, aveva messo al bando il termine ESG. Il motivo fu l’estrema politicizzazione di tale espressione: la parola sarebbe infatti stata usata come ‘arma’, soprattutto negli Stati Uniti, tanto dai repubblicani quanto dai democratici. C’è da dire che molti asset manager nel corso del 2023 avevano avuto non pochi grattacapi. Alcuni colossi, anche assicurativi, avevano dal canto loro lasciato l’alleanza Net Zero proprio per le pressioni subite da parte di alcuni investitori politicamente rilevanti. Non sappiamo se sia stato per il clima (inteso come sentiment diffuso) o per una questione più prettamente finanziaria (inflazione, tassi d’interesse elevati), ma il 2023 è stato un anno nero per i fondi sostenibili.
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Nel quarto trimestre si era registrato un primo deflusso storico: gli investitori avevano ritirato 2,5 miliardi di dollari a livello globale. Dallo scorso maggio, invece, i flussi sembrano aver ripreso a camminare. Secondo l’ultimo Global Sustainable Fund Flows report di Morningstar, i fondi e gli ETF con focus su fattori ambientali, sociali e di governance hanno attratto a livello globale circa 10,4 miliardi di dollari nel terzo trimestre 2024 rispetto ai 6,3 del secondo e ai 4,8 del primo. Un fenomeno dovuto soprattutto alla decelerazione delle fuoriuscite in USA, Giappone e Canada mentre l’Europa ha registrato un leggero calo delle sottoscrizioni su base congiunturale ma resta sempre la prima area geografica del mondo per investimenti etici.
Sostenibilità, un progetto strutturale
C’è da chiedersi se questo brusco stop and go abbia complicato il …

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