SFDR: è aperto il dibattito sul futuro quadro normativo
Nell'attesa della piena ripresa dei lavori della nuova Commissione Europea, continuano le riflessioni sulla revisione del framework normativo che disciplina la finanza sostenibile
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Cresce e si consolida tra le PMI l’interesse verso i temi della sostenibilità. Il 62% delle piccole e medie imprese pone infatti maggiore attenzione agli aspetti ESG mentre il 52% li ritiene fondamentali per le scelte di investimento. È quanto emerge dall’ultima ricerca del Forum per la Finanza Sostenibile, che l’associazione ha scelto di presentare alla giornata inaugurale della sua kermesse annuale intitolatala ′Settimane SRI′. Uno studio dal quale è emerso come la metà del campione sondato abbia già adottato strumenti in linea coi principi etici e il 70% sia disposto a prenderli in considerazione per il futuro. Ma con una consapevolezza: l’offerta finanziaria è ancora inadeguata.
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L’indagine, condotta insieme a BVA Doxa e Finlombarda, si è articolata in due fasi: una quantitativa, che ha coinvolto 513 PMI, e una qualitativa, con interviste in profondità a sette operatori finanziari che includono i criteri ESG. Ne è emerso che l’interesse per la sostenibilità è imputabile soprattutto agli stakeholder, dai quali si moltiplicano le richieste per un maggiore impegno verso l’inclusione dei criteri etici in azienda: i primi sono i clienti, indicati dal 42% delle realtà intervistate, mentre sui gradini inferiori del podio si posizionano i fornitori (26%) e le banche (19%). Anche gli operatori finanziari rilevano una maggiore sensibilità da parte delle piccole e medie imprese, ma la attribuiscono principalmente a normative come quelle sulla rendicontazione.
Le PMI interpellate hanno dimostrato di riconoscere vantaggi concreti nell’adozione di pratiche sostenibili: a partire dal risparmio collegato all’efficientamento energetico (39%) per arrivare alla riduzione degli eventi climatici estremi e dei relativi costi (23%). Inoltre, le aziende associano alla finanza etica vantaggi in termini reputazionali (29%), di mercato (27%) e di accesso ai capitali di nuovi investitori (15%). Tutti benefici a cui si sommano quelli individuati dagli operatori, che a loro avviso vengono però sottovalutati dalle aziende: dalla possibilità di creare valore a lungo termine all’opportunità di attrarre nuovi talenti. Non mancano però gli ostacoli, tra i quali il 48% cita costi di gestione più alti per i progetti green e il 46% oneri burocratici. Senza contare che nove realtà su 10 individuano come criticità l’accesso alle informazioni: significa che le aziende hanno difficoltà a orientarsi nell’offerta (35%), a reperire dati affidabili e comprensibili (34%) e a comprendere le procedure di attivazione dei diversi strumenti (33%).
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Per dare corso a progetti ESG, il 48% delle PMI è dovuta ricorrere all’autofinanziamento ma non mancano aziende più strutturate che sono riuscite a garantirsi fondi pubblici: statali o regionali in un quarto dei casi ed europei per il 21%. C’è poi un 26% che utilizza almeno uno strumento di finanza sostenibile, dai fondi di garanzia con vincoli ESG (17%) alle linee di credito dedicate (13%) fino alle obbligazioni green (11%) e ai fondi di private equity e private debt sostenibili (14%). Resta però il fatto che l’offerta finanziaria viene ancora percepita come poco o solo parzialmente adeguata dal 70% del campione, in quanto considerata troppo complessa e con criteri di accesso troppo vincolanti o con tempistiche eccessivamente lunghe. Per migliorarla, il 29% degli interessati esprime un forte apprezzamento per soluzioni assicurative mentre il 28% indica linee di credito a condizioni più vantaggiose (indicati rispettivamente dal 29% e dal 28%). Inoltre, l’80% delle imprese intervistate ritiene che gli operatori finanziari dovrebbero assumere un ruolo di promotori o partner delle progettualità ESG.
Quanto alla rendicontazione, è vero che il 45% delle imprese intervistate dichiara di voler pubblicare dati sugli aspetti ESG in futuro ma attualmente tale pratica è adottata solo dall’11% del campione. E tra le aziende che non hanno ancora redatto un report di sostenibilità, ben l’89% del totale, i principali ostacoli citati sono la mancanza di competenze interne (40%) e i costi elevati (38%). Non solo: in aggiunta alle criticità indicate, gli operatori finanziari evidenziano il fatto che le PMI tendono a sottovalutare il valore strategico di questa pratica e spesso la percepiscono più come un onere o un’ulteriore incombenza che come opportunità per valorizzarsi. Stesso discorso per le polizze: il 67% delle aziende è infatti a conoscenza dell’obbligo di dotarsi di una copertura assicurativa contro eventi estremi entro fine 2024 ma la quota di chi vi ha già provveduto si ferma al 49% mentre il 40% si limita a dire che ha in programma di farlo. Secondo gli operatori finanziari, si tratta però di un dato destinato a crescere: per accedere ai fondi pubblici, infatti, sarà necessaria questa copertura.
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I vertici del Forum per la Finanza Sostenibile si sono detti molto soddisfatti dei risultati offerti dallo studio. “Le piccole e medie imprese sono sempre più pronte ad affrontare le nuove sfide della sostenibilità ed è fondamentale che l’attore pubblico sostenga questa svolta”, ha detto il presidente Massimo Giusti. Gli ha fatto eco il direttore generale Francesco Bicciato, che ha sottolineato come la realizzazione di un’efficace transizione ecologica non possa prescindere dal coinvolgere questa categoria. Dai due manager non è mancato però anche un appello a fare presto, perché “è urgente mettere in campo un’adeguata assistenza tecnica finanziaria ritagliata sulla specificità di ogni singola azienda”.
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