Rappresentano fino al 40% dei clienti private ma non hanno le competenze per affrontare temi che potrebbero aumentare ulteriormente il contributo dei banker. Formazione, tecnologia, nuove generazioni e istituzioni: dal XIX Forum Aipb, la ricetta per estrarre valore dalla categoria
Un tesoro che non può e non deve rimanere sepolto, specie se l’obiettivo è quello di affrontare con successo i mutamenti del futuro. È questa l’ottica con cui la consulenza di alta fascia deve guardare ai piccoli e medi imprenditori, una categoria che rappresenta da sola il 27% dei clienti del settore e arriva a toccare il 40% considerando anche gli autonomi. Una riflessione emersa in occasione del XIX Forum di Associazione Italia Private Banking, dove un panel dedicato ha evidenziato come l’industria debba comprendere sempre di più le esigenze della categoria ma necessiti di maggiore formazione e un pizzico di tecnologia in più per farlo in modo efficace.
Il punto di partenza del dibattito sono stati i dati raccolti dall’Osservatorio dell’assocazione, che ha mostrato come la relazione tra il singolo founder e il suo consulente sia stretta e diversificata. In media, i due si incontrano infatti 14 volte all’anno e discutono anche di temi come conduzione dell’azienda, la gestione del patrimonio immobiliare o la protezione dai rischi. Eppure, proprio perché cresce l’interesse per argomenti estranei alla tradizionale pianificazione finanziaria, si rende evidente la natura del vuoto che i banker sono chiamati colmare in quanto soggetti a più diretto contatto con gli imprenditori: fornire loro competenze a 360° su dimensioni rispetto alle quali appaiono ancora lacunosi. Due esempi su tutti vengono dalla responsabile dell’ufficio studi Aipb Federica Bertoncelli: “Il 71% delle pmi usa solo il reinvestimento degli utili o i prestiti bancari come leva di crescita e solo il 36% ha pianificato una successione”.
Multidisciplinarietà, digitale e giovani per migliorare il servizio
Se si pone la necessità di educare i clienti, ecco che i primi destinatari di uno sforzo formativo diventano i consulenti stessi. E questo perché, anche per ragioni anagrafiche, non tutti sono oggi in possesso degli strumenti necessari a supportare la crescita degli imprenditori secondo i criteri individuati dallo studio. A chiarirlo è stata la stessa Aibp per tramite del vicepresidente Angelo Viganò. “Poiché lo accompagna in un percorso di formazione, il private banker è molto più centrale di altre figure come l’investment o il corporate banker”, ha spiegato. Da qui, l’impegno suo e dell’assocazione a “formare i professionisti dotati di un approccio multidisciplinare che permetta loro tanto di discutere di gestione quanto di comprendere le dinamiche aziendali, di o settore o di finanziamento dell’interlocutore”. Uno sforzo che si somma a quelli di coinvolgere i giovani, interpretato dando vita a un master al primo master hoc in Italia, e di recepire la trasformazione digitale.
Non solo membri dell’industria. Alla tavola rotonda sul tema hanno partecipato anche rappresentanti delle istituzioni. Che hanno fornito un punto di vista inedito sulla questione. Fabio Bernasconi, vicecapo del dipartimento tutela della clientela ed educazione finanziaria in Banca d’Italia, sottolineato come occorra da parte degli imprenditori “consapevolezza dei rischi degli strumenti utilizzati” perché “le competenze finanziarie hanno ricadute positive sui risultati aziendali, sulla gestione del debito, sulla capacità di accedere a fonti di finanziamento e rendono più sicuri nel rapportarsi con le banche”. Parole che ribadiscono, in sostanza, il ruolo dei consulenti nell’accompagnare la clientela lungo un percorso di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze.
Scardinare la tendenza dei fondatori di aziende a basare le decisioni finanziarie sul mero consiglio informale (è il 37% a farlo) è stata invece individuata come priorità da Guglielmina Onofri, responsabile della divisione informazione emittenti di Consob.La manager si è però focalizzata anche su un altro punto rispetto al quale la cultura della nostra classe imprenditoriale pare carente: la sostenibilità. “Nel 2024 una nuova normativa amplierà il novero dei soggetti obbligati a rendicontare e anche le pmi saranno coinvolte perché rientrano nella catena del valore di grandi gruppi e hanno bisogno di ottenere credito dalla banche interessate”, ha fatto notare. Per questo, ha concluso, “collaboriamo con Mef, Ivass e Covip nella prospettiva di definire una guida di comportamento”.
Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero delle Imprese del Made in Italy, ha legato il tema della consulenza di alta fascia a quello della Manovra finanziaria. “Con la recente Legge di Bilancio, abbiamo cercato di alleviare tassazione e dare un po’ di ossigeno alle famiglie dopo due anni di inflazione e tassi di interesse sui livelli elevati. Anche il ruolo dei private banking in questo senso risulta importante, come del resto dimostrano gli ottimi dati conseguiti dal settore nel 2023 rispetto all’anno precedente ”.
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