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Dall’Osservatorio sottoscrittori a cura di Assogestioni, la fotografia di un’industria che al Mezzogiorno raccoglie meno investitori e capitali. Per Giuliani, ceo di BancoPosta Fondi, il Paese sconta un divario di occupazione e reddito. “Ma l’alfabetizzazione finanziaria può essere cruciale”. E attenzione anche a costi e forma dell’offerta
“Il divario Nord-Sud verrà colmato solo nel 2020”. Così recitava la prima pagina del Corriere della Sera datata 13 settembre 1972. Quel titolo, che all’epoca poteva suonare quasi provocatorio, non può che apparire ottimista se letto con gli occhi di oggi. Tre anni dopo la data-obiettivo fissata dal quotidiano di Via Solferino, lo storico gap che accompagna il nostro Paese sin dall’unificazione si dimostra infatti tutt’altro che superato. E non risparmia neppure l’industria del gestito, dove importi e coinvolgimento dei clienti continuano a differire tra un capo e l’altro della Penisola. La conferma viene anche dall’ultima edizione dell’Osservatorio sottoscrittori, il rapporto con cui Assogestioni monitora dinamiche e salute del mercato dei fondi comuni di investimento. La ricerca, presentata dall’associazione degli asset manager al Salone del Risparmio 2023, ha infatti mostrato come al Nord si investa con più frequenza e in maggior misura oltre che in virtù di una più profonda consapevolezza degli strumenti e delle dinamiche finanziarie di base. Evidenze che, secondo il ceo di BancoPosta Fondi SGR Stefano Giuliani, sono sì ascrivibili a un’iniqua distribuzione di lavoro e reddito ma impongono comunque ai gestori di dare il loro contributo intensificando le iniziative di educazione finanziaria e sviluppando prodotti accessibili anche in termini di costi o complessità.
Stefano Giuliani, ceo di BancoPosta Fondi SGR
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Un’industria sana ma non abbastanza capillare
La ricerca realizzata dall’Ufficio Studi di Assogestioni ha innanzitutto restituito l’istantanea di un’industria in salute. “Il campione analizzato rappresenta la quasi totalità dei fondi italiani nel 2022, per un valore di 180 miliardi di euro”, afferma il Senior Research Analyst Riccardo Morassut. Che aggiunge: “Contando anche il 65% di copertura sui prodotti esteri (220 miliardi), il patrimonio intermediato raggiunge i 400 miliardi su un mercato complessivo di 520”. Un dato che corrisponde a 11,5 milioni di sottoscrittori, gli stessi del 2021 nonostante nel mezzo ci sia stato uno dei periodi più difficili per i mercati finanziari. Ed è in questa esatta cornice che vanno inquadrati i dati sulla forbice che separa Settentrione e Meridione. A partire da quelli forse più indicativi del fenomeno, ossia i numeri sulla partecipazione dei cittadini all’industria.
La rappresentatività del campione
Dati in miliardi di euro. Fonte: Bankitalia, Assogestioni
Nel Nord Italia risiede infatti il 65% dei sottoscrittori, di cui il 39% nel Nord-Ovest e il 26% nel Nord-Est, mentre il 35% mancante si distribuisce in tutto il resto della Penisola. Una cifra già di per sé bassa, che risulta ancora più esigua confrontando la concentrazione geografica dei risparmiatori con quella della popolazione: in altre parole, al Sud vive oltre il 20% degli italiani ma solo l’11% dei risparmiatori. E lo stesso accade nelle Isole: 10% di cittadini contro 5% di investitoti retail. Nello specifico, con il suo 30,8% di adesioni su totale dei residenti, è l’Emilia-Romagna la regione in cui si registra la maggiore capillarità dell’industria dei fondi. Seguono Lombardia (28,4%) e Piemonte (27,9%) mentre, a riprova del gap ancora da colmare, la coda della classifica è occupata da Sicilia (9,2%), Sardegna (9,1%) e Campania (9%).
Adesione: la chiave è l’educazione. Ma attenzione ai costi
Per Giuliani, che è Amministratore delegato della SGR che serve una delle reti più capillari di tutto il Paese e quindi gode di una prospettiva privilegiata sul tema, si tratta di un problema di “minore presenza sul territorio da parte degli intermediari ma anche di diverso livello di ricchezza e di differente propensione al rischio”. Un fattore, quest’ultimo, che il numero uno della Sgr di casa Poste riconduce espressamente all’educazione finanziaria. Con una riflessione di fondo: “La questione va ben oltre i confini dell’industria, richiedendo interventi strutturali che coinvolgano la scuola e tutte le altre istituzioni, ma le leve a disposizione degli asset manager per migliorare il quadro non mancano”. E il primo snodo, è l’opinione del dirigente, consiste nel superare un certo appiattimento degli operatori sul prodotto in favore di maggiori investimenti nella relazione con il cliente: “Il mercato fa in media molto meglio del portafoglio retail perché il piccolo risparmiatore tende a investire solo quando le cose vanno bene e liquidare la posizione appena gli indici calano. Per forzare questa tendenza e promuovere una gestione del risparmio più efficiente, i prodotti e servizi di investimento offerti sono utili ma risultano comunque insufficienti se non abbinati a un’adeguata formazione della rete”. Ecco perché il principale sforzo rivendicato da Giuliani è proprio quello di aver aumentato i momenti di allineamento interni, in cui ribadire ai consulenti l’importanza del loro ruolo nell’accompagnare i clienti a una diversificazione del portafoglio, così come gli appuntamenti di informazione e divulgazione al pubblico.
Partecipazione per regione
Fonte: Bankitalia, Assogestioni
Se di offerta o prodotto si deve parlare, tra i fattori che rilevano nell’ottica di attrarre un maggior numero di clienti centro-meridionali rientrano certamente i costi. E la ragione viene da un altro dato strutturale: la minor disponibilità di reddito di cui soffrono mediamente i cittadini centro-meridionali. Non a caso, Giuliani sottolinea l’importanza di avere fee più basse della media: “Per Poste, poter offrire ex ante un pezzo di rendimento su ogni prodotto rappresenta una leva con cui promuovere l’adesione al risparmio gestito”. Un concetto ribadito dal manager of Product Development della società, Sandro Vergari: “Cercare di favorire l’inclusione finanziaria passa, soprattutto per quanto riguarda la gamma base, attraverso basse commissioni di gestione e assenza di costi di ingresso e commissioni di performance”.
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Investimenti più contenuti. Ma i prodotti possono aiutare
Il divario Nord-Sud non si esprime solo in termini di coinvolgimento. Anche il controvalore delle posizioni finanziarie è una spia del problema. Nelle regioni settentrionali, ad esempio, si registra un importo medio investito per singolo cliente tra 46mila e 51mila euro mentre la stessa voce scende a 37mila euro nel Meridione e a 36mila nelle Isole. Dinamica identica considerando il dato su base regionale: si passa infatti dagli oltre 51mila euro di Liguria, Lombardia e Piemonte ai circa 30mila di Abruzzo, Calabria e Basilicata, sia pur con le eccezioni di Lazio (49mila) e Campania (40mila). Due evidenze che, nel loro insieme, contribuiscono a una terza: i sottoscrittori residenti nel Nord Italia detengono un totale di 280 miliardi mentre tutti gli altri si accontentano di 120 miliardi. In altre parole, il 65% del mercato ha in mano il 70% dell’investimento complessivo (il 44% per il Nord-Ovest e 26% per il Nord-Est) mentre la restante fetta di patrimonio si distribuisce nelle aree via via più mediterranee dello Stivale secondo percentuali sempre più marginali: 17%, 9% e 4%. A livello di singola regione, a spiccare è ovviamente la Lombardia.
“I risparmiatori del Centro-Sud appaiono più avversi al rischio e quindi meno propensi a investire in strumenti più rischiosi o comunque esposti al mark to market”, è la spiegazione al fenomeno data da Giuliani. Che precisa come, proprio su questo aspetto ancor più che sui precedenti, l’industria possa e debba lavorare in termini di adeguamento dell’offerta. Un primo passo in tale direzione è certamente rappresentato dai Piani di accumulo del capitale, considerati adatti ai clienti con minore cultura finanziaria e per questo già molto diffusi da Roma in giù (il tasso di incidenza per provincia vede in testa Ragusa con il 35,4%, Bolzano con il 35%, Brindisi con il 34,4%, Trapani con il 33,2% e Crotone con il 33%). “Puntiamo molto su questi strumenti perché, oltre a venire incontro a chi non possiede capitali elevati da investire nell’immediato, aiutano ad affrontare emotivamente la volatilità tipica dei prodotti mark to market”, spiega il ceo di BancoPosta Fondi SGR. E ancora: “Il Piano di accumulo è la modalità principale di sottoscrizione che proponiamo per i fondi con profilo di rischio-rendimento elevato, rendendo tali prodotti accessibili anche a un pubblico meno esperto”.
Investimento complessivo per residenza
Fonte: Bankitalia, Assogestioni
In seconda battuta, però, anche altri meccanismi possono rivelarsi efficaci. Vergari parla di prodotti con Orizzonte temporale predefinito ma non solo. “Guardiamo positivamente a soluzioni che favoriscano la diversificazione del portafoglio secondo livelli di rischio equilibrati”, spiega il manager. Che aggiunge: “Ci sembrano soluzioni interessanti e adatte ai nostri clienti i fondi “target date” che prevedono una crescita graduale degli asset rischiosi nel primo periodo”. Un tipo di prodotto, conferma, utile a replicare l’efficienza finanziaria del Pac ma anche a gestire l’emotività del cliente contenendo il numero dei riscatti prima della “scadenza” dell’orizzonte temporale.
Incidenza Pac per provincia
Fonte: Bankitalia, Assogestioni
Donne e giovani potenziali leve. Resta il problema reddito
Quanto al naturale intrecciarsi del tema con quello dell’inclusione di donne e giovani, Giuliani ha una visione chiara: “Le due categorie potrebbero rappresentare volani importanti per ridurre il divario geografico, specie considerando che gran parte del gap che separa il tasso di occupazione italiano da quello dei più virtuosi Paesi nordici è ascrivile al mancato coinvolgimento delle donne centro-meridionali nel mondo del lavoro”. Tuttavia, precisa, il problema resta sempre lo stesso: “La minore disponibilità di reddito”. Una criticità che, anche in questo caso, va oltre in confini dell’industria.
Da lavorare c’è invece a proposito dei fondi sostenibili, che tendono a diminuire al Sud soprattutto nella forma degli articolo 8. Per Giuliani, il dato è figlio di una cultura finanziaria – in questo caso sugli aspetti di sostenibilità integrati nei prodotti di investimento – “su cui bisogna lavorare come sistema finanziario Paese per diminuire il gap e aumentare la consapevolezza dell’importanza di effettuare scelte d’investimento orientate alla sostenibilità”. “Come SGR del Gruppo Poste Italiane”, spiega poi il dirigente, “stiamo proseguendo la nostra azione di ampliamento della proposta di prodotti che promuovano caratteristiche ambientali o sociali, nell’ottica di favorire una allocazione del capitale a favore dello sviluppo sostenibile e soddisfare le richieste di risparmiatori ed investitori attenti alla creazione di valore socio-ambientale positivo tramite i prodotti di investimento sottoscritti”.
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