La Fed non tocca i tassi ma vede un altro aumento quest’anno
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Transizione ecologica, Intelligenza Artificiale, robotica. L’innovazione sta già cambiando le nostre vite ed è proprio per questo che gli investitori devono trovare il coraggio di cavalcarla a partire da oggi. Specie se sono affamati di rendimento. Anis Lahlou, chief investment officer di Aperture Investors (gruppo Generali Investments), ne è talmente convinto che lui per primo ha sposato questa filosofia ormai anni fa. E con successo: Aperture European Innovation, il fondo che gestisce insieme al suo team, ha infatti recentemente conseguito tre anni di trackrecord e durante questo periodo è riuscito a sovraperformare il benchmark (l’indice MSCI Europe Net Total Return EUR) di oltre il 10%. Selezione attiva e fiducia nelle azioni europee i suoi segreti per continuare a fare bene anche nel 2023.
Anis Lahlou, chief investment officer di Aperture Investors (gruppo Generali Investments)
Ci concentriamo su un’attenta selezione dei titoli lungo la “curva a S” dell’innovazione tra le società europee. Tale schema presenta diverse fasi, che iniziano con l’origine del prodotto o della strategia e proseguono con lo sviluppo iniziale, l’adozione anticipata, l’accelerazione/crescita, la maturità e poi la stabilizzazione o il declino. Il nostro obiettivo è identificare quelle aziende che, nei vari snodi, hanno il potenziale per generare rendimenti superiori. E lo raggiungiamo facendo leva sugli insegnamenti della finanza comportamentale, cioè cercare valutazioni contenute, caratteristiche di qualità come elevate barriere all’ingresso, forte potenziale di crescita degli utili.
Abbiamo generato rendimento da una varietà di settori, tra cui naturalmente tecnologia ma anche sanità, automotive, prodotti di largo consumo, costruzioni, materiali e finanza. La nostra partecipazione con le migliori performance negli ultimi tre anni è stata il produttore danese di farmaci per il diabete Novo-Nordisk. Tra le top holding, i migliori risultati includono Asml e Asm International, specializzate in apparecchiature per semiconduttori che abilitano l’Intelligenza Artificiale, l’attivatore europeo della digitalizzazione Capgemini, il produttore di materiali da costruzione Saint Gobain, la banca Bnp Paribas ed il fornitore belga di componenti automobilistiche D’Ieteren.
Non abbiamo esitato a detenere una percentuale significativa del portafoglio in titoli tech prima e al culmine della crisi Covid nel 2020-2021, quando queste partecipazioni fornivano soluzioni alle sfide che il mondo bloccato dalle misure di contenimento si trovava ad affrontare. Nel momento in cui si è intravista una virata dell’economia verso inflazione in crescita e tassi di interesse più elevati, abbiamo però ridotto la nostra esposizione tecnologica, prendendo profitti da azioni più costose o con un più elevato rapporto Prezzo/Utili e orientandoci verso titoli con valutazioni più basse, in segmenti più maturi della curva di adozione. Primi tra tutti, quelli dell’energia e della finanza.
Al tempo stesso, però, la pandemia ha anche generato massicci investimenti nel digitale e nella sanità. E noi per primi abbiamo cavalcato il trend investendo in diverse opportunità del settore che a nostro avviso hanno beneficiato di tassi più elevati e del dollaro più forte. Molte di queste partecipazioni sono tuttora in portafoglio: per esempio, continuiamo a puntare su nuove scoperte di farmaci guidate da anticorpi umanizzati, terapie cellulari e geniche, nonchè dalle prospettive esponenziali dell’IA nelle scoperte di medicinali. Tecnologia e la sanità rappresentano circa il 30% e il 10% della nostra attuale allocazione.
L’espressione “Big Lows” rappresenta il raro verificarsi di sell off a livello generalizzato che sono frutto di un repricing sistemico del mercato. Si tratta di punti di inflessione che richiedono un tempismo quasi perfetto quando si ruotano posizioni di grandi dimensioni, ma che permettono agli investitori sofisticati con conoscenza del settore di investire in società interessanti a valutazioni più ragionevoli. Sebbene allo stato attuale sia quasi impossibile individuare i minimi assoluti, è importante tenere a mente due fattoi: i mercati ribassisti di solito non durano a lungo; anche il posizionamento gioca un ruolo importante e raramente è stato così negativo, soprattutto in Europa. Perdere i primi cinque o dieci giorni migliori in un anno può appiattire fortemente i rendimenti su un periodo di tempo più lungo, da qui l’importanza di rimanere investiti.
I rendimenti azionari in Europa siano più interessanti delle obbligazioni con un margine del 4,7%, in confronto agli Usa dove il ritorno dell’equity rispetto ai Treasuries è dell’1,3%. Questo rappresenta un vantaggio per l’azionario europeo in confronto ad altri mercati sviluppati. Inoltre, con l’inflazione che in tutto il continente va dal 7% al 10%, è difficile immaginare come rendimenti dei titoli di stato tra il 3% e il 4% possano colmare il divario da soli: l’asset class in questione potrebbe aiutare in questo. Riteniamo, inoltre, che la crescita dei ricavi nominali continuerà a guidare la leva operativa e consideriamo difficile che un reset degli utili sia simile ai precedenti del 2000 o 2008, né deprimerà i prezzi delle azioni, ora che il pivot delle banche centrali pare più vicino. Infine, il posizionamento degli investitori globali, che rimane leggero negli asset internazionali e non Usa, fa ben sperare per un ulteriore allentamento dell’avversione al rischio verso le azioni europee, dove la valutazione rimane molto favorevole.
Le perfomance dell’azionario europeo e il rendimento del Treasury Usa a confronto. Fonte: Bloomberg
Ci saranno probabilmente un’inflazione più vischiosa insieme a rendimenti più elevati più a lungo. Ma se il picco dei rincari dovesse essere raggiunto, come suggerito dai numeri dall’Indice dei prezzi al consumo di novembre e dicembre, il potenziale di miglioramento del ciclo economico sarà ampio. In termini di strategia, guardando al breve termine e alle dinamiche del mercato azionario, i titoli europei sono stati sottopesati in quanto percepiti come ad alto rischio, con l’aumento del prezzo degli input energetici e del carovita. La realtà è che molte aziende cicliche hanno implementato con successo aumenti di prezzo del 5-10%, mentre il costo dell’energia è rimasto relativamente contenuto e la domanda e il portafoglio ordini si confermano solidi. Ciò potrebbe creare spazio per un’espansione temporanea dei margini, che il mercato non sta prezzando.
La generazione da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico è sicuramente un tema destinato a guidare il mercato nei prossimi 10-15 anni. Ma anche la tecnologia continuerà a farla da padrone, tramite innovazioni come la guida autonoma, la stampa 3D, la robotica di massa, la realtà aumentata, i droni ed altri nuovi sistemi di trasporto. E, infine, un ruolo chiave sarà giocato soprattutto dall’Intelligenza Artificiale. La chiave per l’investitori è avere il coraggio di puntare su questi driver adesso e non domani, perché l’innovazione si sta compiendo intorno a noi, cambiando il modo in cui viviamo e interagiamo, in ogni settore dell’economia, ogni secondo di ogni giorno.
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