Guerra commerciale, torna lo spettro di una soluzione hard
9 maggio 2019
di LAURA MAGNA
3 min
Trump attacca, ma la Cina conferma l’incontro a Washington di venerdì 10 maggio. Il mercato adotta un mood risk-off e cauto
Torna lo spettro della guerra commerciale. È bastato un tweet aggressivo (e a sorpresa) del presidente Usa Doland Trump per riaccendere il timore di un inasprimento del protezionismo internazionale. Tuttavia è confermato che “nella giornata di venerdì 10 maggio arriverà la delegazione cinese a Washington capeggiata dal vicepremier cinese – dice Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim – e che, secondo indiscrezioni di stampa, l’atteggiamento cinese è disponibile ai negoziati, ma anche pronto a dare luogo a ritorsioni nel caso in cui Trump faccia partire l’incremento dei dazi (da 10 a 25%) su 200 miliardi di dollari di beni importati, alle 18:01 (ora italiana)”.
A pesare sul clima generale di risk off e di cauta attesa che alle parole di Trump è seguito ci sono anche altri due fattori: la percezione di banche centrali potenzialmente meno di supporto e il prezzo del petrolio che continua a scendere nonostante i colli di bottiglia dal lato dell’offerta siano aumentati. “Il forte risk off si è tradotto – spiega Cesarano – nel calo del 90% dei titoli dell’indice S&P 500 e in un marcato rialzo dell’indice Vix, come non si era mai visto dallo scorso dicembre. Inoltre, la pendenza della curva a termine del Vix inizia a ridursi, ma non è ancora in area negativa tale da segnalare un possibile eccesso. Se il risk off sulle Borse dovesse continuare non sarebbe da escludere un movimento congiunto in calo di borse e prezzi dei bond”.
A generare queste dinamiche sui listini è stata più che altro la sorpresa. “I recenti annunci del Presidente Trump hanno certamente colto i mercati di sorpresa – aggiunge Aninda Mitra, analista senior di Bny Mellon Im basato a Singapore – Guardando alle reazioni immediate in termini di politiche monetarie, la Banca Popolare Cinese ha annunciato un taglio compreso tra il 2 e il 3,5% ai requisiti di riserva per le banche di piccole e medie dimensioni, a partire dal 15 maggio. Una misura che libererà circa 280 miliardi di renminbi (42 miliardi di dollari) di liquidità aggiuntiva, e che può essere interpretata come una mossa proattiva per i segmenti più vulnerabili dei debitori cinesi contro qualsiasi deterioramento del sentiment di mercato”.
L’impatto macroeconomico collegato a una guerra dei dazi minima è limitato: “vale a dire, una tariffa del 10% da parte degli Usa sui 200 miliardi di dollari importati dalla Cina ha un impatto dello 0,14% sul Pil cinese (presumendo un effetto di sostituzione perfetto sulle importazioni statunitensi). Una reazione analoga da parte della Cina con dazi del 10% avrebbe ricadute trascurabili per gli Stati Uniti – spiega Mitra – Ma una tariffa su più di 500 miliardi di dollari di importazioni (e su più di 100 miliardi di dollari di esportazioni dagli Usa alla Cina) potrebbe avere un impatto molto più ampio. Il Fmi stima che l’imposizione bilaterale di dazi pari al 25% potrebbe costare alla Cina l’1,3% del Pil base, e agli Stati Uniti fino allo 0,3% del Pil”.
C’è però la possibilità che “le tattiche basate su minacce utilizzate da Trump potrebbero però non funzionare con la Cina – come afferma Anthony Chan, chief Asia investment strategist di Union Bancaire Privée – Questo perché stringere all’angolo Pechino per strappare un accordo nelle ore finali del negoziato è una mossa pericolosa che potrebbe far arretrare l’intera negoziazione commerciale, in particolare in questo momento in cui la Cina sembra aver raggiunto una certa stabilizzazione della crescita, in contrasto con la forte recessione economica affrontata quando le tariffe americane sono state imposte per la prima volta nell’estate del 2018”.
Nel caso di sviluppi molto negativi sul fronte delle negoziazioni commerciali, “sospettiamo – conclude Chan – che il mercato tornerebbe alla situazione del secondo semestre del 2018, con gli investitori che si aspetteranno la politica di allentamento cinese per valutare le prospettive economiche e degli utili. A questo proposito, pensiamo che la Cina abbia ancora spazio d’azione per prolungare gli stimoli monetari e fiscali nel secondo semestre di quest’anno. È probabile che il renminbi abbia un maggiore rischio di ribasso a breve termine con il venir meno del supporto alla valuta offerto fino ad ora dalle negoziazioni commerciali”.
Sono mal riposte le speranze di un esito positivo del G20 di Buenos Aires, visto che la politica di Trump e i programmi interni della sua controparte cinese Xi Jinping, mostrano come i due Paesi restino in rotta di collisione
Trump ha ritardato la scadenza del primo marzo che imponeva agli Usa di aumentare i dazi sui prodotti cinesi. Nei giorni scorsi, il posticipo della decisione, è diventato per molti operatori del mercato uno scenario di riferimento
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