Alessandra Manuli, AD della società, spiega a FocusRisparmio perché il ritorno dell’inflazione è uno dei fondamentali fattori, ma non il solo, che stanno riportando l’attenzione sulle strategie hedge
“Dopo un lungo periodo caratterizzato da una disattenzione diffusa da parte degli investitori è di nuovo il momento degli hedge fund. Un ritorno alle origini per noi che in questi anni abbiamo dovuto evolvere la nostra gamma per continuare a crescere e che oggi possiamo sfruttare le nuove competenze acquisite unendole alle expertise storiche, mai abbandonate”. Alessandra Manuli, AD di Hedge Invest, parla con lo spirito di chi sente di essere a ormai pochi passi da un’oasi dopo aver attraversato un deserto. Un deserto fatto di tassi negativi, quantitative easing e inflazione a zero. Tutti fattori che hanno spinto i listini negli ultimi anni spingendo il ciclo fino a diventare il più lungo della storia e facendo inesorabilmente scendere l’interesse degli investitori per le strategie hedge.
Perché assistiamo ad un ritorno di attenzione in questo momento?
Alessandra Manuli, AD di Hedge Invest
Per l’asset class Hedge Funds, il 2020 è stato l’anno migliore dal 2013, riportando una forte attenzione da parte degli investitori. Il 2021 ha registrato, in base ai dati pubblicati da BarclayHedge, oltre 116 miliardi di dollari di afflussi verso l’asst class (considerando solo i primi 7 mesi), con un incremento complessivo a livello globale negli ultimi 12 mesi del 45% delle masse gestite per l’industria Hedge.
L’Italia è ancora molto indietro rispetto al trend globale, ma noi stessi abbiamo verificato un importante ritorno di attenzione da parte di nostri investitori che si interrogano rispetto alla riallocazione della parte obbligazionaria dei loro portafogli, dato lo scenario di riduzione degli stimoli monetari a livello globale e in considerazione delle pressioni inflazionistiche emerse nel 2021.
Durerà l’inflazione?
Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente pubblicato le proprie previsioni dando una indicazione di picco per l’headline inflation, per le economie sviluppate, nell’autunno del 2021 al 3,6%, in declino entro la metà del 2022 verso il 2%. Stessa dinamica per i Paesi emergenti con un picco al 6,8% nell’autunno 2021 e una successiva normalizzazione verso il 4% nell’anno seguente. Certamente rispetto a queste ipotesi di base persistono delle preoccupazioni legate all’aumento degli affitti e dei salari, voci che una volta in crescita impiegano del tempo ad invertire la tendenza. Preoccupante anche il rapido aumento dei prezzi delle materie prime ad uso industriale e dell’energia, dovuto alla distruzione delle filiere produttive e alla difficile transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili nell’ambito dello sforzo globale verso politiche più green. Questi sono solo alcuni degli elementi che riteniamo meno transitori e che potrebbero dunque mantenere l’inflazione significativamente più alta e più volatile rispetto alle previsioni di base.
Quali sono gli altri fattori determinanti il quadro dei mercati e come li state affrontando?
I mercati finanziari nelle ultime settimane sono stati sempre meno influenzati dalle dinamiche della pandemia da Covid. Fattore determinate è stato invece il dibattito relativo all’andamento delle politiche monetarie globali, nell’aspettativa di un tapering della Fed entro la fine dell’anno e di un primo rialzo dei tassi da parte della Bank of England già nel prossimo incontro, il tutto in un contesto in cui diversi Paesi emergenti sono già intervenuti per normalizzare (al rialzo) i propri tassi di interesse. Il dibattito relativo alle prossime decisioni delle Banche centrali si è affiancato a quello relativo alle previsioni di crescita globale: dopo un forte rimbalzo del Pil globale post pandemia, il rallentamento della crescita cinese, unitamente a una fisiologica normalizzazione attesa dei tassi di crescita delle principali economie sviluppate, ha generato dubbi circa la sostenibilità del forte ritmo della ripresa economica dei primi mesi del 2021, causando altresì timori di stagflazione.
Questo contesto, pur ricco di incertezze, rappresenta un ambiente ideale per le strategie Hedge e per i fondi alternativi in generale, in virtù del loro approccio opportunistico. Ad esempio, potrebbero rappresentare un’opportunità eventuali ribassi sull’azionario, fasi di sofferenza sul reddito fisso con tassi in moderato aumento, maggiore volatilità sui mercati delle materie prime e delle valute. Ci attendiamo, inoltre, che uno scenario caratterizzato da maggiore dispersione dei titoli anche all’interno dei singoli settori rappresenterà un contesto più favorevole per i fondi long/short azionari che operano con una logica di stock picking.
Che cosa avete imparato negli ultimi 5 anni e come questi insegnamenti si riflettono nella gamma Hedge Invest?
Hedge Invest vanta un’esperienza ormai ventennale nella gestione Hedge, infatti il nostro fondo Hedge Invest Global Fund è partito nel dicembre del 2001 dando modo agli investitori di verificarne l’andamento in diversi scenari di mercato compresa la crisi finanziaria globale del 2008. Se è vero che le performance passate non sono garanzia di quelle future, crediamo però sia un valore poter mostrare come il prodotto abbia affrontato diversi scenari, positivi e negativi, garantendo comunque una buona reddittività netta al cliente nel corso di questi 20 anni.
Focalizzandoci invece su un periodo più breve, come gli ultimi 5 anni, l’insegnamento ricevuto è che è essenziale avere una gamma prodotti diversificata in grado di soddisfare l’interesse degli investitori in differenti cicli di mercato e per questo la nostra gamma di fondi chiusi si à ampliata con strategie innovative (distressed/private debt , Eltif) e gestori di qualità. Pur continuando nella nostra ricerca di nicchie nuove e prodotti innovativi, crediamo oggi più che mai che l’interesse degli investitori tornerà sui fondi hedge, in uno scenario caratterizzato dal tapering e da aumenti dei tassi di interesse, e noi siamo pronti a capitalizzare dalla nostra lunga esperienza nel settore.
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