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Il gestore afferma che bisogna guardare alla crisi climatica con un doppio punto di vista: sia come questione sociale, sia come opportunità di investimento a lungo termine. E BloombergNef conferma: gli investimenti sostenibili hanno raggiunto i 755 miliardi di dollari nel 2021
Questa settimana la rubrica “Alla ricerca di Alpha” ospita Alan Hsu, gestore del fondo Wellington Climate Strategy fund. “Crediamo che esista un beta climatico, cioè una sensibilità dei valori patrimoniali al rischio climatico, ma sia sottovalutato” ha affermato il gestore, che ha voluto specificare come la sostenibilità e la cura per l’ambiente e il clima possa essere anche “una valida opportunità di investimento”.
A tal proposito l’indagine “Energy Transition Investment Trends 2022” di BloombergNef evidenzia una forte crescita degli investimenti sostenibili: 755 miliardi di dollari nel 2021, contro i 595 del 2020 e i 264 nel 2011. Uno sviluppo decennale frutto di un lavoro collettivo, in fatto di legislazione, comunicazione e allocazione del risparmio.
Il settore che ne è uscito maggiormente rinforzato è quello delle rinnovabili, secondo i dati di BloombergNEF. Sono 366 i miliardi di dollari allocati in nuovi progetti e sistemi rinnovabili su piccola scala (+6,5% rispetto al 2020). Di contro, il settore dei trasporti elettrificati è cresciuto più velocemente segnando un +77% rispetto all’anno precedente, portandosi a quota 273 miliardi di dollari.
Visti i risultati il timore è che, l’inflazione prima e il rincaro delle materie prime dopo, abbiano insieme non tanto un effetto rinvigorente sulla consapevolezza degli investitori in materia di sostenibilità, quanto di scoraggiamento visti i tempi lunghi di percorrenza di tali scelte e l’urgenza del Vecchio Continente di cercare un’indipendenza energetica dal gas russo.
La crisi geopolitica, e quindi energetica, come impatterà sull’universo sostenibile?
La guerra Russia/Ucraina evidenzia la necessità di concentrarsi su temi più ampi legati al clima, in particolare la necessità di sicurezza energetica e una crisi alimentare globale potenzialmente incombente. Crediamo che la “transizione energetica” includerà sempre più discussioni sulla “sicurezza energetica”. Questo implica il bisogno di diversificare attraverso differenti fonti di energia e infrastrutture di approvvigionamento. Di conseguenza, la spinta a sviluppare soluzioni alternative come ad esempio tecnologia pulita, energie rinnovabili, efficienza energetica, trasporto sostenibile, sarà più forte che mai. Potremmo anche essere sull’orlo di una crisi alimentare globale. Questo rende l’agricoltura un aspetto essenziale dell’adattamento al clima, il che evidenzia l’importanza delle opportunità di investimento nella tecnologia agricola.
La consapevolezza degli investitori in fatto di sostenibilità potrebbe essere minata dall’urgenza di indipendenza energetica, oppure li porterà ad avere una maggiore responsabilità?
Ironia della sorte, l’attenzione degli investitori sulla decarbonizzazione ha creato una sfida sociale significativa, riguardante il prezzo, l’accessibilità e la consistenza della fornitura di energia. Data questa necessità di bilanciare gli obiettivi di decarbonizzazione con la sicurezza e l’accessibilità dell’energia, si sta iniziando a discutere di come anche altre fonti di energia (ad esempio il gas naturale e il nucleare) possano giocare un ruolo chiave nella transizione energetica.
Il cambiamento climatico comporta anche un rischio sistemico per i mercati finanziari. Il mitigamento della crisi climatica ha quindi una doppia funzione? Come interpretate tale rischio?
Crediamo che esista un “beta climatico”, cioè una sensibilità dei valori patrimoniali al rischio climatico, ma sia sottovalutato. Inoltre, il cambiamento climatico crea opportunità e allo stesso tempo rischi per i portafogli. Pertanto, diventa necessario considerare un set di opportunità che comprenda sia la mitigazione che l’adattamento al clima.
Le istituzioni finanziarie sono fondamentali per aiutare a determinare il prezzo del rischio intrinseco al cambiamento climatico e un numero crescente di istituzioni finanziarie ha iniziato a incorporare il rischio climatico nelle loro analisi di valutazione.
Andiamo nello specifico. Quali sono gli obiettivi del fondo Wellington Climate Strategy Fund e qual è la strategia di investimento che perseguite?
Il fondo mira a sovraperformare l’indice MSCI All Country World investendo in società che forniscono soluzioni di mitigazione e/o adattamento al clima Riteniamo che Climate Strategy presenti molteplici caratteristiche distintive: duplice obiettivo, ovvero fornire rendimenti finanziari competitivi e gestire i fattori legati al clima; attenzione esclusiva ai temi della mitigazione e dell’adattamento al clima; clima come un’opportunità di rendimento e non come un semplice costo; il lungo track record di gestione della strategia riflette un’attenzione e una convinzione pluridecennale sul tema del clima (inizio della strategia 2007; fondo UCITS lanciato nel 2018). Una caratteristica distintiva del nostro approccio è l’integrazione della scienza del clima e, in particolare, delle prospettive acquisite attraverso la nostra partnership con il Woodwell Climate Research Center per identificare nuovi temi o esposizioni.
Tra le principali aree green nelle quali investite, quali sono quelle a maggior rendimento?
Senza dubbio, il settore industriale è attualmente il più redditizio. Il mercato ha ampiamente scontato i rischi di recessione e le aziende focalizzate sulla tecnologia per l’elettrificazione, sulle smart-grid e sull’efficienza energetica degli edifici evidenziano un attraente rendimento degli utili. L’opportunità sta nel capire se il mercato ha punito eccessivamente queste aziende per quello che ora è un rischio noto. Il tempo c’è lo saprà dire.
In un’ottica di lungo periodo invece quali sono gli asset green che monitorate e che pensate cresceranno maggiormente? E perché?
La traiettoria di crescita dei diversi “asset verdi” è funzione della domanda o dell’impiego di capitale così come dei loro potenziali rendimenti. Da una prospettiva di ritorno sull’investimento (ROI), l’efficienza energetica raggiunge i livelli più elevati in termini di ROI, mentre le dinamiche di redditività del capitale investito nell’energia eolica e solare migliorano con l’aumentare del costo relativo dei combustibili fossili e dei progressi nella tecnologia. Il trasporto elettrico è in forte crescita grazie alla regolamentazione e agli impegni di riduzione delle emissioni di CO2.
In questo ipotetico futuro, l’Europa sarà ancora protagonista o sarà superata dai Paesi Asiatici, in primis la Cina?
L’Europa è stata percepita come troppo concentrata sulla “vecchia tecnologia” rispetto alla Cina. Ma l’Europa è la patria di molte aziende industriali leader di mercato con una forte capacità innovativa e beneficia di una regolamentazione rigorosa che sta spingendo le industrie a innovare. Il vantaggio più ovvio dell’Europa è la sua base democratica e la relativa stabilità politica che ne deriva, che crea un quadro normativo favorevole agli investimenti nell’innovazione. Date le fratture nei processi di globalizzazione e nelle catene di fornitura globali, non dovrebbe essere una questione di “oppure” ma piuttosto di “e”. Entrambe le regioni possono raggiungere uno sviluppo tecnologico simile quando si tratta di asset verdi. Occorre sempre trovare un bilanciamento su alpha e beta. Poi abbiamo un attento management del rischio, sottoponendo il portafoglio a valutazioni di ciò che accadrebbe in caso di eventi avversi; siamo molto attenti alla size degli investimenti (per esempio su posizioni più rischiose limitiamo l’esposizione per non prendere rischi eccessivi); guardiamo agli spread, alla forma della curva e a come può cambiare nelle varie fasi di mercato; e alla liquidità, concentrandoci su titoli di cui è facile disfarsi in caso di necessità, perché in un contesto con elevata dispersione è essenziale avere un portafoglio liquido per poter cogliere le opportunità. E ovviamente teniamo in grande considerazione le dinamiche geopolitiche: la politica è un fattore essenziale in generale, ancora di più sugli emergenti.
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Alla ricerca di Alpha è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata ai fund manager. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli impatti sui portafogli da essi gestiti con una visione impostata sul medio e lungo termine.
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