Crescita globale, salvati dall’ottimismo dei consumatori (per ora)
Secondo gli esperti Dws, l'umore dei vertici nelle aziende è però peggiorato più rapidamente che tra i consumatori. E la cosa è fonte di non poca preoccupazione. L’analisi
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La guerra dei dazi rappresenta ancora un tema problematico per questa stagione commerciale. Ma nel corso dei negoziati Trump ha revocato i nuovi dazi sui beni di consumo e le aziende Usa sono state in grado di fornire i propri prodotti senza maggiori costi fiscali. Tuttavia, secondo Vincent Lemoine, fund manager equities di La Française Am, l’aspetto più importante è stato il mancato impatto della guerra commerciale sulla fiducia dei consumatori europei o americani. “La maggior parte delle rilevazioni condotte negli Stati Uniti indicano che i consumatori (adulti) spenderanno in media 397 dollari a testa per il Black Friday di quest’anno: una somma molto vicina a quella dell’anno scorso”, sottolinea l’esperto.
In Nord America, ricorda Lemoine, il primo Black Friday apparve nel 1951: l’espressione indicava il giorno più ‘caldo’ dello shopping di fine anno. Nel 2013 la tradizione approdò in Europa, al seguito delle Big Tech americane, divenendo sempre più popolare. Recentemente si è trasformata in una ‘Black Friday week’, sino a coprire, per alcune aziende, le prime due settimane di dicembre. Ora vi è anche il ‘Singles’ day’, le più importanti 24 ore dedicate allo shopping a livello globale, sempre più diffuso anche nei Paesi occidentali.
“A trarre vantaggio dal Singles’ Day e dal Black Friday sono quasi tutti i settori legati ai consumi – sottolinea Lemoine -. Naturalmente il retail è il settore che ne beneficia più di tutti. Alla luce degli attuali cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, il principale vincitore sembra essere l’e-commerce. Apprezziamo le aziende che possono offrire i prezzi migliori sfruttando le proprie dimensioni e che hanno piattaforme online all’avanguardia. Zalando, ad esempio, nel 2018 ha raddoppiato il numero degli ordini rispetto al 2017 e ha attirato sulla propria piattaforma 220mila nuovi clienti. Questo singolo evento ha permesso all’azienda di superare la propria guidance (previsione fornita dall’azienda) annuale”.
E la tenuta dei consumi rispecchia, secondo François Rimeu, senior strategist di La Française Am, i livelli elevati di fiducia dei consumatori in Europa e negli Stati Uniti. “Negli Usa, gli indicatori sono più che confortanti – spiega -; l’indice Conference Board di fiducia dei consumatori si attesta ora a 125,90 punti, un livello molto alto. Negli ultimi tempi i dati americani sono stati molto buoni: i consumi hanno rappresentato la voce principale della crescita del Paese nel 2019”.
Anche i livelli di risparmio sono elevati, l’inflazione dei salari reali è positiva, così come l’effetto ricchezza (grazie all’apprezzamento dei mercati azionari e dell’immobiliare) e anche se in alcune aree specifiche come i prestiti agli studenti o le carte di credito la leva finanziaria è significativa, secondo lo strategist comunque il costo degli interessi rimane accettabile. “Nell’Eurozona la situazione è più o meno la stessa, ma con un tono meno positivo – osserva -. La fiducia dei consumatori è ancora solida, ma in lenta decrescita, e anche le aspettative si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, come negli Stati Uniti, i tassi di risparmio sono alti e l’inflazione dei salari reali positiva, così che fintanto che il tasso di disoccupazione continuerà a calare, i dati sui consumi dovrebbero mantenersi su livelli soddisfacenti”.
Volgendo l’attenzione agli aspetti meno positivi, a detta di Rimeu potremmo ricordare come i principali indicatori in un certo numero di Paesi stiano cominciando a mostrare alcuni punti di inversione nell’andamento della disoccupazione. “Se dovessimo assistere a un declino ulteriore sul mercato del lavoro, ciò potrebbe ovviamente avere un impatto anche molto significativo sui consumi”, precisa.
“Per quanto riguarda il rischio di una recessione negli Usa, guardando alle serie storiche si potrebbe notare come al momento alcuni indicatori specifici possano fare prevedere una recessione molto probabile nei prossimi 12-24 mesi (guardiamo ad esempio alla forma della curva dei rendimenti), ma questo non è il caso dei consumi”, conclude Rimeu