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È stato il monito di Sachs (Columbia University) nella conferenza che ha chiuso la tre giorni del Salone del Risparmio: “Devono smetterla di pensare alla poltrona e di rovinare il mondo”
Si è chiusa con l’intervento di Jeffrey Sachs, direttore del Centro dello Sviluppo Sostenibile della Columbia University, la tre giorni del Salone del Risparmio dedicata alla sostenibilità. Un intervento senza freni, che ha visto Sachs attaccare la politica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump: “È un uomo molto pericoloso, alla guida del Paese più potente al mondo, che ha imboccato la strada sbagliata. Ormai si guarda solo al Pil. Ma se da un lato è vero che la ricchezza pro capite negli Usa viaggia oggi intorno ai 62mila dollari, dall’altro lato è pur vero che l’aspettativa di vita sta diminuendo. E dovremmo tutti domandarci il perché”.
Il paradosso è molto chiaro: il mondo diventa più ricco, ma al tempo stesso è più stressato e meno felice. Le emozioni positive sono in diminuzione, mentre aumentano ansie e paura. “Sembra che tutto ruoti intorno alle previsioni del Pil – ha argomentato Sachs – Ma la crescita del prodotto interno lordo non produce benessere e felicità. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui misuriamo l’economia”.
È fondamentale ridisegnare il sistema economico attraverso linee guida per arrivare agli obiettivi che ci siamo preposti in termini di sviluppo sostenibile. “Occorre un approccio più olistico, che ci consente di migliorare la società e realizzarne le ambizioni – ha sottolineato l’esperto della Columbia University e consigliere dell’Onu – Il concetto di sviluppo sostenibile è nato 27 anni fa e stiamo ancora cercando di realizzarlo. In tal senso, sono quattro le dimensioni che dobbiamo considerare: lo standard materiale di vita, il benessere, l’inclusione sociale e la sosteniblità ambientale”.
Nel 2012, a distanza di 20 anni dal primo approccio alla sostenibilità, i governi si sono riuniti per tirare le somme e ci si è resi conto che non era cambiato nulla. In quel momento si è deciso di avere degli obiettivi di sviluppo molto precisi. I governi hanno negoziato per 3 anni. Sono stati proposti 300 obiettivi che, dopo una “bella” sforbiciata, si sono poi ridotti a 17. Obiettivi che hanno adottato 193 Paesi. E per raggiungerli serve una corresponsabilità a 360 gradi. “I politici devono lavorare per noi e non per la poltrona – ha concluso Sachs – Devono smetterla di mandare in rovina il mondo”.
La view di Consob
All’intervento di Sachs è seguito quello di Paolo Ciocca che ha fatto il punto sui parametri di valutazione, sempre da un punto di vista sostenibile, delle società quotate o che si vogliono quotare. E per farlo è partito dalle basi, spiegando che il regolatore non può permettersi uno strabismo: “Questo per dire che il perseguimento di obiettivi di sostenibilità finanziaria non può prescindere da una visione integrata di due mondi: quello dell’intermediazione mobiliare e quello relativo alla disclosure delle informazioni non finanziarie”, ha argomentato Ciocca.
È fondamentale da parte del regolatore guardare alla protezione dell’investitore. “La sostenibilità si integra all’interno di una missione più ampia – ha proseguito il commissario Consob – In tal senso, la direttiva 2014 ha introdotto l’obbligo per gli enti di interesse pubblico di presentare la dichiarazione sulle cosiddette non financial information. E a oggi, i soggetti che hanno predisposto la questa dichiarazione sono già 210. Lato intermediazione mobiliare, e quindi prodotti, poi, il legislatore comunitario sta sostenendo attivamente l’evoluzione della finanza sostenibile. L’Action Plan dell’8 marzo 2018, per esempio, persegue l’obiettivo di sostenere e allocare capitali privati in attività sostenibili. Ora, uno dei obiettivi che si è preposto la Commissione europea – ha aggiunto ancora – è l’individuazione di un framework normativo che classifichi le attività sostenibili con criteri uniformi: la cosiddetta tassonomia. E lo fa per assicurare che i partecipanti ai mercati finanziari integrino i fattori Esg all’interno dei loro processi di offerta e ne informino correttamente il cliente”.
Questi due mondi, disclosure e tassonomia, devono avere almeno una lingua in comune. Non è un passaggio facile. “Non dico che dovranno essere identiche, ma quantomeno non divergenti – ha fatto notare Ciocca – E poi bisogna guardare anche alla relazione tra il mondo della disclosure finanziaria e quello della disclosure non finanziaria. I contatti tra questi due mondi ci sono e aumenteranno ancora. Una domanda è se è possibile pensare in futuro a una unica comunicazione integrata dei due mondi. Ci stiamo lavorando e vedremo, anche in base al ruolo che avrà l’innovazione tecnologica”, ha concluso.