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Longevi, ricchi e con nessuna intenzione di cedere la plancia di comando nella gestione dei patrimoni familiari. È l’identikit (sintetico) di quasi il 20% di coloro che in Italia sottoscrivono quote di fondi comuni. Quasi un investitore su cinque, si legge nell’Osservatorio sui sottoscrittori di fondi comuni di Assogestioni, ha un’età superiore ai 75 anni; sono coloro che in gergo vengono definiti Silent Generation (SG) – i nati fra il ’28 e il ’45 – e Greatest Generation (GG), cioè i nati prima del ’27.
Dal punto di vista anagrafico la longevità premia le donne: fra gli investitori in fondi ultrasettantacinquenni prevale il genere femminile (51% contro 49% degli uomini), un dato in controtendenza rispetto alla media generale che vede gli uomini al 53% e le donne al 47%. La differenza più evidente fra questa fetta di sottoscrittori e le generazioni successive riguarda le modalità di accesso al mercato dei fondi. Come ci si potrebbe attendere, la quasi totalità della popolazione oltre i 75 anni va in banca, allo sportello, per concludere operazioni di sottoscrizione.
Fonte: Osservatorio Sottoscrittori Assogestioni
Ciò che veramente caratterizza i silver investitori italiani e li differenzia nettamente da quelli nel resto del mondo è la longevità nella tenuta della ricchezza. Guardando ai dati forniti dall’Osservatorio Assogestioni, infatti, gli investimenti degli over 75 seguono una dinamica crescente, un’evidenza che va in contrasto con la tradizionale lifecycle investment theory che vorrebbe gli investitori che superano l’età della pensione iniziare la fase di decumulo dei propri investimenti. Significa che i silver italiani, sempre più numerosi visto il progressivo invecchiamento demografico generale che si registra in Italia, non investono con finalità previdenziali ma di puro investimento.
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