Convertire il cambiamento climatico in opportunità
Se è certamente vero che gli stravolgimenti meteorologici rappresentano una vera e propria minaccia, essi offrono enormi possibilità di creazione di valore per la nostra economia
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La temperatura media della superficie terrestre è salita di quasi 0,9 gradi Celsius rispetto all’epoca preindustriale e il livello globale del mare è salito di circa 20,3 centimetri nell’ultimo secolo, in parte a causa dello scioglimento dei ghiacci e delle calotte polari: il cambiamento climatico è una realtà, e come tale è in grado di produrre un impatto non solo a livello sociale ma anche economico.
“Più del 97% degli scienziati che si occupano di clima afferma che l’aumento del riscaldamento climatico verificatosi nel secolo scorso è quasi sicuramente da attribuirsi all’azione umana”, afferma Gerrit Dubois, analista Investimenti Responsabili di Degroof Petercam AM. L’analista osserva che a rischiare sono soprattutto le popolazioni più colpite dalle conseguenze del cambiamento climatico.
Secondo Conservation International si stima che attualmente 800 milioni di persone siano esposte alle conseguenze derivanti dal cambiamento climatico, come siccità, incendi, inondazioni, temperature estreme, eccetera. E “l’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati ha stimato che, dal 2008, ogni anno una media di 21,5 milioni di persone diventano migranti climatici poiché costrette a sfollare da eventi causati dal clima come inondazioni, tempeste, incendi e temperature estreme.
“Entro il 2050, secondo le stime della Banca Mondiale, il numero di persone destinate a diventare migranti climatici potrebbe salire a 143 milioni, e solo in tre regioni: Africa subsahariana, Asia meridionale e America Latina”, aggiunge Dubois. In un quadro come questo, per l’analista gli impegni di Parigi risultano necessari ma non saranno sufficienti.
“Se vogliamo mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi centigradi o sotto 1,5 gradi, le ambizioni attuali legate agli impegni dell’Accordo di Parigi devono essere triplicate (per soddisfare la prospettiva dei 2 gradi) o quintuplicate (per soddisfare quella di 1,5 gradi)”, aggiunge Dubois. Pertanto, per l’esperto in vista della Cop24 le nazioni “dovranno impegnarsi a rivedere e modificare i loro contributi stabiliti a livello nazionale (National Determined Contributions) per allinearsi all’obiettivo di de-carbonizzazione globale richiesto, che dovrebbe mantenere il riscaldamento mondiale ad una media ben sotto i 2°”. E la Ue dovrà porre fine all’uso del carbone ottenuto con impianti che non adottano alcuna misura per limitare la produzione di diossido di carbonio entro il 2030.
Anche perché non sono solo le persone a essere a rischio, ma anche gli attivi finanziari. “Il valore stimato a rischio, a causa dei cambiamenti climatici, sull’ammontare totale di attivi gestibili va dai 4,2 ai 43 trilioni di dollari in un orizzonte temporale compreso tra oggi e la fine del secolo. È stato stimato che, per compiere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, è necessario un trilione di dollari all’anno per il prossimo futuro, il che rappresenta una sfida ma anche un’opportunità per gli investitori e i gestori di portafogli”, argomenta Dubois.