Private equity, le nuove strategie per il post-Covid
Il settore cambia dopo la pandemia e si prepara a lavorare per la ripartenza dell’Italia. Cipolletta: “Lo Stato sostenga il capitale privato senza sovrastarlo”
3 min
La pandemia colpisce ma non manda al tappeto il private equity e il venture capital italiani. Nel 2020 il settore registra un aumento della raccolta, che resta comunque lontana dal record del 2017, e un calo sul fronte degli investimenti per quanto riguarda l’ammontare totale impiegato. A tirare le somme è Aifi, l’associazione italiana del private equity, venture capital e private debt, che nell’analisi condotta insieme a PwC Italia-Deals segnala anche un forte ridimensionamento degli investitori esteri e il boom delle operazioni su infrastrutture e venture capital.
Quanto alla raccolta, i flussi si sono attestati a 2,6 miliardi di euro, in crescita del 64% rispetto all’anno precedente, ma distanti dai 3,6 miliardi del 2018 e dai 6,2 miliardi del 2017. La sola raccolta sul mercato, escludendo cioè quella realizzata presso la casa madre del gestore del fondo, ha superato di poco i 2 miliardi (+32% sul 2019), dato definito deludente da Aifi se confrontato con altri mercati europei.
La sorpresa negativa, stando al report, è però quella della fuga dei capitali esteri: solo il 10% degli impegni di investimento è arrivato da fuori Italia, a fronte del 27-28% degli ultimi anni, con il 90% che invece resta appannaggio della componente domestica. Gli operatori che nel 2020 hanno svolto attività di fundraising sul mercato sono stati 26 e, a livello di fonti, il 28% della raccolta deriva da investitori individuali e family office, grazie anche al closing di alcuni fondi retail, seguiti dalle assicurazioni (27%), protagoniste in particolare nella raccolta di un fondo di dimensioni significative, dai fondi di fondi istituzionali (16%) e dai fondi pensione e casse di previdenza (12%).
Passando agli investimenti, nel 2020 si sono concluse 471 operazioni (erano state 370 l’anno precedente) per 6,6 miliardi di euro, in calo del 9% sul 2019 quando si erano toccati i 7.223 milioni di euro. A far la parte del leone sono, come di consueto, le operazioni di buy out: 4,37 miliardi per l’acquisto del controllo di un’azienda pari al 66% del totale (-14% rispetto al 2019), distribuiti su 94 operazioni (-24%). I tassi di crescita più significativi sono stati invece per gli investimenti in infrastrutture (+159% a 1,3 miliardi) e 20 operazioni (+54%) e per il venture capital (+40% a 378 milioni). Giù le operazioni di expansion, cioè l’acquisto di quote per lo più di minoranza per accompagnare l’azienda in lancio di nuove linee o prodotti o in M&A.
“Nell’anno della pandemia il mercato del private capital italiano ha tenuto; la raccolta è cresciuta anche grazie al maggiore apporto dei privati – sottolinea Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi – . Cresce il comparto delle infrastrutture, grande obiettivo per il rilancio del Paese; da rilevare che nel 2020 oltre il 50% degli investimenti hanno riguardato imprese che per la prima volta si sono aperte a un private equity”.
“Il rovescio della medaglia è però – conclude Cipolletta – un crollo dell’expansion, attività che più servirebbe in questo momento per il supporto alla tenuta delle imprese. Occorre infine investire sui fondi di turnaround che potrebbero permettere a molte aziende di non chiudere ma, anzi, di ripartire con una nuova governance e nuovi obiettivi ritornando sul mercato più forti e strutturate”.
A livello settoriale, il 2020 ha visto al primo posto per numero di investimenti il comparto Ict, con il 33% delle operazioni totali, seguito dal medicale, 13%, e dai beni e servizi industriali, 11%. Il 38% del numero di operazioni ha riguardato imprese ad alto contenuto tecnologico: considerando solamente il comparto dell’early stage, tale valore sale al 53%. A livello geografico la regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è la Lombardia con il 37% del numero degli investimenti in Italia, seguita da Campania (9%) e Lazio (8%).
Infine le exit. Nel 2020 l’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 1.594 milioni di euro, in diminuzione del 28% rispetto ai 2.216 milioni dell’anno precedente. Il numero di exit è stato pari a 81, in calo del 39% rispetto al 2019, quando si era attestato a 132.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.