Il blocco della borsa di Mosca complica la vita ai gestori
Le fund house sospendono o chiudono i fondi su Russia e Eastern Europe. Attesa la possibile rimozione del paese di Putin da tutti gli indici MSCI
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Un balzo artificiale del 4,37%. Nonostante il conflitto in Ucraina e le sanzioni che si annunciano sempre più dure, la Borsa di Mosca è tornata alle contrattazioni con un deciso segno più. Dopo la lunga sospensione iniziata il 25 febbraio, e voluta dalla Banca centrale per sottrarre il listino agli effetti destabilizzanti delle sanzioni, la piazza russa ha riaperto i battenti forte di una serie di sostegni che le hanno impedito di crollare, in primis l’aiuto del fondo sovrano.
L’indice Moex ha infatti terminato la seduta in progresso del 4,37%, ma nel corso della giornata è arrivato a toccare un rialzo massimo dell’11,77%. Il listino è tornato in attività con appena 33 titoli contrattabili, sui circa 50 che lo compongono, ed è stato artificialmente tenuto in piedi dalle misure adottate dal governo. Il Cremlino ha infatti vietato lo short selling e le vendite di azioni da parte degli stranieri, e soprattutto ha schierato l’artiglieria pesante: il fondo sovrano ha infatti ricevuto l’ordine di acquistare titoli e sostenere le quotazioni.
Il 24 febbraio scorso, ultimo giorno di contrattazioni prima del fermo, l’indice principale di Mosca aveva lasciato sul terreno il 33% bruciando oltre 190 miliardi di dollari di capitalizzazione. Secondo indiscrezioni, dunque, il fondo sovrano russo ha avuto il compito di sostenere il mercato azionario, tenendosi pronto a investire fino a 10 miliardi di dollari, proprio per evitare il ripetersi di un tracollo simile.
“Con restrizioni alle vendite straniere e al rimpatrio questo non è un mercato funzionale in termine di trasparenza dei prezzi, alla luce del fatto che gli stranieri dominano il flottante”, ha spiegato a Bloomberg Hasnain Malik, strategist di Tellimer.
Dello stesso parere Per Hammarlund, capo delle strategie sui mercati emergenti di Seb. “Devo mettere in guardia sul fatto che al momento non si tratta di un vero floor, perché i rialzi di oggi sono stati molto probabilmente determinati dagli acquisti di azioni da parte delle autorità”, ha osservato. Per Hammarlund ci vorrà tempo prima che le società straniere possano ‘scaricare’ le loro posizioni sul mercato azionario, in quanto “non prevedo che le restrizioni saranno rimosse presto”.
Caustico il commento di Washington. “Quello che stiamo vedendo è un farsa: l’apertura di una Borsa Potiomkin”, ha detto di Daleep Singh, vice consigliere per la sicurezza nazionale Usa, delegato alle questioni economiche internazionali, che ha fatto riferimento ai falsi villaggi di cartapesta che, secondo la leggenda, l’omonimo principe fece costruire per impressionare l’imperatrice e sua amante Caterina II.
A correre sono stati soprattutto i titoli dei giganti dell’energia, settore risparmiato dalle sanzioni e che per di più beneficia dell’impennata dei prezzi di petrolio e gas: Tatneft (+20%) e Novatek (+18%) sono state le migliori del listino, dove hanno chiuso in forte rialzo anche i giganti Lukoil (+12,4%) e Gazprom (+13,4%). Tonfo, invece, per la compagnia di bandiera Aeroflot (-16,4%). Tra le banche si è salvata Sberbank (+3,9%), il principale istituto del Paese, mentre è scivolata Vtb (-5,5%), una delle più colpitie dalle sanzioni.
In rosso anche Severstal (-2,7%), che rischia il default dopo non essere riuscita a pagare la cedola su un suo bond in valuta estera, bloccata da Citigroup. Il colosso dell’acciaio è infatti la prima azienda russa che rischia davvero il fallimento. Stando a Bloomberg, la società non è stata in grado di regolare una cedola di 12,6 milioni di dollari entro un periodo di cinque giorni lavorativi. Da parte sua, Severstal si è detta pronta a soddisfare le richieste dei creditori, ma Citigroup sta bloccando il pagamento. “Questa è una situazione straordinaria per noi – ha affermato il ceo Alexander Shevelev a Bloomberg -. Continuiamo le consultazioni con i partner e facciamo il nostro meglio per garantire che gli obbligazionisti ricevano i fondi in conformità con i termini dell’emissione obbligazionaria. Spero che questa ingiustizia sarà risolta presto e che i diritti degli obbligazionisti siano rispettati”.
Intanto, dopo l’alert di Moody’s, anche S&P fa sapere che vede un significativo aumento del rischio di insolvenza per la Russia a causa delle difficoltà nel completare i pagamenti. L’agenzia di rating valuterà i prossimi pagamenti di interessi e capitale delle obbligazioni sovrane russe denominate in dollari e in euro il 31 marzo e il 4 aprile. Per gli esperti, pur continuando a godere di afflussi di valuta forte grazie all’export di energia, sull’eventualità di un default “resta un punto interrogativo circa la volontà della Russia”. Inoltre “sanzioni più stringenti che limitassero interamente il suo interscambio energetico potrebbero chiudere questa strada”.
“Dall’inizio del conflitto militare tra Russia e Ucraina – si legge in un report -, S&P ha intrapreso un numero considerevole di azioni di rating nei confronti di società finanziarie e non finanziarie, di sovrani ed enti pubblici di finanza internazionale, in cui il conflitto o i prezzi dell’energia, o entrambi, sono citati quali fattori diretti o indiretti alla base della decisione. I rating di più di 50 aziende e società domiciliate in Russia sono stati abbassati allo stesso livello del sovrano, a causa delle considerazioni di S&P sulla loro capacità di servire e ripagare il debito nazionale ed estero in essere e l’aumento del rischio di insolvenza. Inoltre, i rating di almeno cinque società domiciliate in Ucraina sono stati abbassati in seguito al declassamento del sovrano e alla revisione del punteggio di rischio paese da 5 a 6”.
Gli analisti si aspettano che la crescita mondiale sarà del 3,4%, una riduzione di 0,7 punti percentuali rispetto alle stime dello scorso 8 marzo: un peggioramento che “riflette in larga misura una forte recessione in Russia, dove ci aspettiamo un calo del Pil del 9% nel 2022″, oltre che prezzi energetici più alti e impatto della normalizzazione della politica monetaria della Fed. “L’Europa – avverte S&P – sarà quella colpita più duramente dalle implicazioni della guerra” con un taglio di 1,2 punti percentuali al 3,2% (stesso tasso di crescita atteso per gli Usa) rispetto alle stime di poche settimane fa.
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