Il fondo sovrano norvegese perde altri 44 miliardi
Dopo il maxi rosso da 170 miliardi di euro dei primi sei mesi, anche il terzo trimestre si chiude in negativo per Nbim
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La svolta green stavolta è di quelle in grado di innescare uno tsunami. Il fondo sovrano norvegese, il più grande al mondo, ha annunciato che decarbonizzerà completamente le sue partecipazioni. L’obiettivo è quello di raggiungere il net zero entro il 2050, in linea con l’accordo di Parigi, spingendo le aziende partecipate ad azzerare le proprie emissioni di gas serra.
Il calcolo è semplice: con circa 1.200 miliardi di euro di asset, di cui 18,25 miliardi in Italia, la potenza di una tale decisioni avrà implicazioni enormi. Si tratta infatti di circa 9.000 società in 70 Paesi. Alimentato dalle rendite petrolifere della Norvegia e gestito dalla banca centrale, la Norges Bank, il fondo detiene l’equivalente dell’1,3% della capitalizzazione di mercato globale, oltre a una serie di investimenti obbligazionari e investimenti in progetti immobiliari e di energia rinnovabile non quotati. La sua valutazione è uguale alla dimensione dell’economia messicana, la 16esima più grande al mondo.
“Il nostro obiettivo è quello di essere il principale investitore mondiale in termini di gestione del rischio climatico. Il nostro rendimento a lungo termine dipenderà da come le società nel nostro portafoglio gestiranno la transizione verso una società a emissioni zero”, ha spiegato Nicolai Tangen, ceo di Norges Bank Investment Management, il ramo della banca centrale norvegese che gestisce il fondo.
“Ci impegneremo con le aziende per raggiungere questo obiettivo, stabilendo target preliminari credibili e mettendo in atto piani per ridurre le loro emissioni dirette e indirette di gas serra”, ha aggiunto Carine Smith Ihenacho, direttrice governance e conformità. Il piano del fondo prevede infatti di spingere le aziende a raggiungere il net zero attraverso step intermedi che dovranno essere giudicati credibili nel ridurre le emissioni di tipo scope 1, scope 2 e material scope 3.
Il fondo monitorerà sistematicamente il rischio climatico del portafoglio, comprese le inclusioni di benchmark azionari, e disinvestirà dalle società con rischi climatici non mitigati, soprattutto laddove l’engagement con la società è fallito o è difficile che abbia successo. “La vendita delle aziende non risolve la crisi climatica – hanno comunque chiarito Tangen e Smith Ihenacho -. Valuteremo se è il caso di cedere i titoli considerati ad alto rischio climatico e senza piani per la decarbonizzazione in cui la nostra partecipazione non è efficace”.
L’annuncio è da inquadrare nell’ambito di una decisione del parlamento di Oslo che all’inizio di quest’anno ha fissato l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Il fondo è già regolato da norme etiche che gli vietano in particolare di investire in società colpevoli di gravi danni ambientali o nel carbone e ora, da investitore attivo, cambierà il modo di dialogare con le partecipate e chiederà su base scientifica a breve, medio termine la posizione sugli obiettivi zero netti per il 2050, piani di transizione credibili e miglioramenti in corso per raggiungere la decarbonizzazione.
“Entro il 2025 puntiamo ad avere un sistema completo in atto per misurare la nostra esposizione ai rischi e alle opportunità climatiche e potenziali traiettorie di emissione del portafoglio”, hanno assicurato i due manager.
Insomma, una vera rivoluzione verde il cui annuncio è arrivato in contemporanea con quello della Bce che ha messo nero su bianco un limite agli acquisti di bond a lungo termine emessi dalle aziende che non si adeguano agli standard sulle emissioni climatiche. Francoforte, come preannunciato, ha messo un limite alle scadenze dei bond teso a tagliare “l’esposizione di lungo termine dell’Eurosistema ai rischi di transizione”, e un “trattamento di favore” per i green bond di emittenti che adempiono a requisiti “stringenti”, sulla base di piano di decarbonizzazione stringenti e verificabili da terze parti.
L’Eurotower ha anche pubblicato i primi dettagli su come intende muoversi di fronte alle corpose scadenze dei bond in arrivo: circa 30 miliardi (il 10% del portafoglio di bond aziendali della Bce) saranno reinvestiti ogni anno in quello che definisce il “più ambizioso” programma di una banca centrale contro il cambiamento climatico.
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