La Banca centrale americana verso il controllo dell’inflazione ad ogni costo. Irrinunciabile il target al +2%, nonostante gli effetti sull’economia. “Non riportare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora più doloroso”, afferma il presidente Jerome Powell. Cosa aspettarsi sui mercati dopo la reazione negativa delle Borse globali
Verso una politica monetaria restrittiva fino al “completamento delle missione”, ovvero al raggiungimento del target di inflazione fissato al +2%. Jerome Powell, presidente della Fed, non ha lasciato spazio a dubbi nel suo discorso al vertice di Jackson Hole su quanto aspettarsi dalla Banca centrale americana quantomeno nel medio periodo.
Il tradizionale appuntamento di fine estate segna una direzione chiara: politica monetaria restrittiva “Whatever it takes”, che in questo caso significa pressione al ribasso sulla crescita e sull’occupazione.
Linea dura
“Riportare la stabilità dei prezzi richiederà mantenere una politica restrittiva per diverso tempo. La storia ci insegna ad avere cautela contro un allentamento prematuro della politica monetaria”, ha affermato Powell nel suo discorso, aggiungendo che “gli sforzi per ridurre l’inflazione si tradurranno probabilmente in qualche dolore per l’economia ma non riportare la stabilità dei prezzi sarebbe ancora più doloroso”.
Il rallentamento dell’inflazione a luglio negli Stati Uniti non basta, come prevedibile, al presidente della Fed per riorientare un atteggiamento da “falco” ormai pienamente condiviso all’interno della Banche centrale statunitense che si appresta dunque ad un nuovo rialzo dei tassi di interesse nella riunione di fine settembre; e non sarà l’ultimo della serie.
Ne è convinta Morgane Delledonne, head of Investment Strategy Europe di Global X. “La Fed vede la maggior parte dei rischi nel frenare prematuramente l’inasprimento e si impegna a tenere sotto controllo l’inflazione. Mi aspetto continui aumenti di 75 punti base fino a quando ciò non accadrà. Continuo inoltre ad aspettarmi che il dollaro si stabilizzi rispetto ad altre valute poiché è probabile che anche altre banche centrali rafforzino le loro azioni e comunicazioni per combattere l’inflazione”, dichiara Delledonne.
Le tre indicazioni principali”, sintetizza Jason England, global bonds portfolio manager di Janus Henderson in merito a quanto andato in scena a Jackson Hole, “sono che il controllo dell’inflazione è il compito numero uno per la commissione, che il tasso dei Fed Funds deve raggiungere un livello restrittivo (dal 3,5% al 4,0% a seconda dei membri della Fed) e che il tasso dovrà rimanere più alto fino a quando l’inflazione non sarà scesa al target del 2%, per cui i tagli previsti dal mercato per il prossimo anno sono prematuri”. “Il presidente Powell”, ha inoltre commentato England, “ha ribadito questa linea nel suo discorso di oggi, ma, come previsto, non ha fornito alcuna indicazione sulla decisione di aumentare i tassi di 50 o 75 punti base nella riunione di settembre. Indipendentemente dal fatto che il rialzo sia di 50 o 75, come ha sottolineato il Presidente Harker, 50 sono comunque un rialzo sostanziale”.
Gli effetti sui mercati secondo i gestori
La reazione delle Borse globali al discorso di Powell è stata immediata, azzerando in buona parte gli effetti di una timida ripresa iniziata nel mese di luglio. Negli USA i tre principali indici (Dow Jones, Nasdaq, S&P 500) hanno chiuso la giornata di venerdì lasciando tutti sul terreno più di 3 punti percentuali, mentre in Europa il dato peggiore lo ha fatto segnare Piazza Affari con un -2,5%. Il tutto mentre i rendimenti obbligazionari si muovevano verso l’alto e l’euro si posizionava nuovamente sotto la parità con il dollaro.
Lo spettro all’orizzonte, come sottolinea Luke Bartholomew, senior economist di abrdn, assomiglia decisamente a quello di una recessione globale. “A giudicare dalla reazione dei mercati”, spiega l’esperto, “Powell si è spinto oltre le aspettative nel sottolineare l’intento della Fed di combattere l’inflazione”. “Pur riconoscendo che questo processo comporterà una certa sofferenza economica, riteniamo che la Fed, e di fatto i mercati, siano troppo ottimisti sul grado di rallentamento necessario per riequilibrare l’economia”. “È chiaro che la Fed è più restia a parlare di rischi di recessione di quanto non lo sia stata la Banca d’Inghilterra, ma continuiamo a ritenere che questo ciclo di inasprimento porterà alla fine a questo risultato”, completa.
“Anche la BCE potrebbe accelerare il suo processo di inasprimento e alcuni policy maker dell’Istituto di Francoforte stanno discutendo di un rialzo di 75 punti base per la prossima riunione”, afferma Nicolas Forest, global head of Fixed Income di Candriam, guardando agli effetti sul contesto europeo. Tre le fondamentali indicazioni tratte da Forest a seguito di Jackson Hole, con altrettanti effetti sul posizionamento dei portafogli obbligazionari. “Le banche centrali non hanno terminato la lotta all’inflazione e ciò ci spinge ad avere una duration breve; i prossimi rialzi peseranno sugli spread del credito e abbiamo una posizione difensiva su questi; in Europa aumenta il rischio di frammentazione e siamo difensivi sul BTP. In conclusione, diremmo: il ritorno di tutti i pericoli”, sintetizza Forest.
Secondo Calef di NS Partners, l’allentamento monetario cambia lo scenario. E per gli investitori è importante sfruttare la riduzione della correlazione tra azioni e obbligazioni, intervenendo sulle scadenze. Un utile strumento? I perpetual bond
Per Tony Appiah, client Portfolio Manager di Nuveen, detenere obbligazioni di alta qualità fino a scadenza è la soluzione per non rinunciare ai benefici di nessuno dei due approcci. La ricetta della casa per interpretare al meglio questo stile
Scope Ratings: nei primi sei mesi dell’anno +30% a 93 miliardi di euro. Valgono un quarto dei volumi obbligazionari totali e chiuderanno il 2024 con una crescita del 40%. Green bond in testa
Il fallito attentato di sabato gioca a favore dell’ex presidente. Per i gestori, la campagna elettorale si fa più complessa: ecco come navigare il potenziale aumento della volatilità e ridurre l’esposizione all’incertezza politica
Per sbloccare le allocazioni, i gatekeeper globali cercano strutture commissionali più favorevoli, maggior trasparenza e migliore accessibilità. Ottimismo sui bond, meno sull’azionario. Lo studio di PGIM
Evitato il pericolo Le Pen, gli investitori prevedono ancora alta volatilità a causa di un parlamento bloccato. Ma lo spread non ne risentirà in maniera decisa, così come le azioni europee
Instabilità dei mercati e tensioni geopolitiche richiedono un’asset allocation tattica. Per Daniel Ivascyn (Pimco), la gestione attiva è l’unica strategia vincente
La sfida della transizione demografica si fa sempre più incalzante per la consulenza d’alta fascia. Ma se questo fenomeno cela numerose insidie, non si può negare che una società più anziana sia anche foriera di opportunità. È quanto emerso dall'ultimo rapporto di Aipb e Kpmg, nel quale si evidenzia come il settore sia desideroso di cavalcare il nuovo trend ma abbia bisogno di alcuni accorgimenti per non cadere: primo tra tutti, riconoscere una maggiore centralità alla pianificazione patrimoniale.
A Nicolas Jullien, head of High Yield & Credit Arbitrage di Candriam, abbiamo chiesto dell’evoluzione del settore HY negli ultimi anni, considerando i radicali cambi di scenario, e anche dei possibili impatti sul segmento delle nuove politiche monetarie delle banche centrali.
Gli Institutional Investor Indicators di State Street mostrano un calo della propensione al rischio. E un aumento delle partecipazioni obbligazionarie in vista di tassi elevati ancora per un po’ di tempo
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio