Amundi: il 2022 è l’anno delle grandi trasformazioni
La casa di gestione presenta i principali spunti contenuti nell’outlook annuale. Nei portafogli spazio ad azioni value, emergenti e materie prime
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“Il tema di come raggiungere un’economia globale net zero entro il 2050 non è solo importantissimo, ma a dir poco urgente”. Lo afferma Paolo Proli, responsabile Divisione Retail di Amundi Sgr, in apertura della tappa italiana dell’European Hydrogen Tour della casa di gestione che ha come scopo quello di riflettere sulle applicazioni attuali e future dell’idrogeno, come volano per una transizione net zero al 2050; in special modo per settori difficili da decarbonizzare, come l’industria dell’acciaio o l’industria chimica.
Vedi su FR|Vision l’Amundi CPR Hydrogen Summit
Man mano che i Paesi e le industrie si pongono obiettivi sostenibili, l’idrogeno figura sempre più come la soluzione per il cambiamento. È ciò che si evince dall’ultimo rapporto di IRENA (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili). L’indagine, “Collaborative Framework on the Geopolitics of Energy Transformation (CF-GET)”, ha esplorato non solo le applicazioni dell’idrogeno in ottica di transizione, ma anche i possibili risvolti in ambito anche di geopolitica. “L’idrogeno pulito potrà soddisfare fino al 12% del consumo finale di energia entro il 2050” si legge nel report, che prevede che “la maggior parte di questo fabbisogno sarà soddisfatto utilizzando fonti rinnovabili, mentre il resto verrebbe da cattura e stoccaggio di gas e carbonio”.
Non è una previsione inconcepibile se si pensa che “nella storia lunga 3 milioni di anni dell’umanità, contando 100 mila generazioni, ci sono già state 3 rivoluzioni energetiche”, suggerisce Proli facendo riferimento alla scoperta del fuoco, al cambio di struttura economica passando dalla caccia all’agricoltura, fino alla prima rivoluzione industriale. “Nel 2022, quasi 8 miliardi di persone stanno per entrare nella quarta rivoluzione energetica” conclude.
Diversa, ma più ottimistica rispetto a quella di IRENA, la previsione dell’ultimo rapporto di Hydrogen Council dello scorso novembre 2021. Secondo l’indagine, infatti, entro il 2050 la domanda di idrogeno rinnovabile o a basse emissioni “potrebbe raggiungere circa 660 milioni di tonnellate, costituendo il 22% della domanda energetica finale a livello globale”.
In entrambi i casi la data da segnare per il cambiamento futuro è il 2050, che è poi quella fissata dalla Comunicazione della Commissione UE 773-2018. “Entro quell’anno tutti i nostri asset saranno carbon neutral” afferma Olivier Mariée, ceo di CPR Am, boutique tematica di Amundi.
Impegno comune a numerose società che si sono poste obiettivi sfidanti in ambito di rivoluzione verde. Contemporaneamente, i governi continuano a ragionare sulla strategia migliore da implementare per incentivare questi sforzi. In Italia, ad esempio, il “Piano d’azione per l’idrogeno” dell’Ottobre 2020 firmato da Confindustria, prevede una strategia che mira ad “ottimizzare l’uso delle infrastrutture gas esistenti, sviluppare il mercato del GNL e incrementare in rete di quote crescenti dei gas rinnovabili (biometano, metano sintetico e a tendere idrogeno).” “Nel Piano del Governo” continua il report “viene considerata la necessità di investire nella ricerca nei prossimi anni, indirizzando gli sforzi verso il miglioramento delle prestazioni e dei costi degli elettrolizzatori, oltre che verso l’iniezione controllata di quantità crescenti di idrogeno all’interno delle reti gas”.
“Nelle proiezioni dell’Esecutivo”, si legge ancora nel report, “i consumi finali di idrogeno per autoveicoli al 2030 saranno pari a 4.300 Tep, corrispondenti a circa 10.000 veicoli”.
Settore che anche secondo Alessandra Pasini, CFO CEO Storage Business and Chief International & Business Development Officer di Snam rientra tra quelli che sfrutteranno maggiormente le potenzialità dell’idrogeno. Specialmente in un’ottica di differenziazione: “La crisi di questi giorni ha dimostrato quanto sia importante la diversificazione energetica” sottolinea Pasini.
Ma l’impegno, anche finanziario, sarà importante: nelle linee guida preliminari del MiSe si legge infatti che, in Italia, “al fine di avviare l’economia dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio in Italia e soddisfare il suddetto obiettivo di domanda di penetrazione dell’idrogeno, saranno necessari fino a 10 miliardi di euro di investimenti tra il 2020 e il 2030 (a cui vanno aggiunti gli investimenti per la diffusione delle rinnovabili)”.
Tuttavia non c’è scelta. “Se vogliamo raggiungere la net zero entro il 2050” conclude Vafa Ahmadi, managing director and head of Global Thematic Equities di CPR AM “sarà impossibile farlo senza l’idrogeno”.
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