Consulenti e tasse, chi ha diritto alla proroga ai sensi del Dl Agosto
Bisogna aver subito un calo del fatturato del primo semestre 2020 di almeno il 33%. Anasf, Conte e Mei: “Consulenti finanziari abbiano accesso a finanziamenti”
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Le aziende che non hanno fatto ricorso alla Cig non possono licenziare fino a fine anno. E dovranno pagare (per la parte che compete loro) chi è a casa in attesa del tampone che, pur se in ottima forma, non potrà lavorare, ma sarà considerato in malattia. Va meglio con lo smart working che in molti casi anche medie imprese con 100 dipendenti hanno scoperto e vogliono istituzionalizzare. È questo, in estrema sintesi, il pensiero critico di Giuseppe Merola, giuslavorista di Pirola Pennuto Zei & Associati, sulle norme per il lavoro contenute nel Decreto Agosto – e in parte i precedenti – e le ricadute sulle imprese.
Spiega Merola: “Diversamente dalla previgente normativa emergenziale che disponeva il blocco dei licenziamenti per motivi economici sino ad una scadenza fissa valida per tutti, il decreto Agosto proroga il divieto di licenziamento attraverso un complesso meccanismo ancorato all’integrale fruizione dei benefici introdotti dallo stesso decreto e, in particolare, dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza Covid o, in alternativa, dell’esonero contributivo. Una volta esauriti tali benefici le aziende che li avessero richiesti potranno licenziare. Nulla è stato invece previsto per quelle aziende che non si sono avvalse di questi benefici né intendono farlo ma che, ciononostante, si trovano nella necessità di ridurre l’organico, magari a seguito di riorganizzazioni. Pur nel silenzio normativo, si ritiene che tali aziende non possano licenziare sino al 31 dicembre 2020, cioè per tutto il periodo in cui sarebbero astrattamente fruibili le nuove 18 settimane di cassa integrazione Covid o i quattro mesi di esonero contributivo. È evidente la disparità di trattamento che per effetto di queste disposizioni normative si viene a creare tra le aziende beneficiarie della cassa integrazione o dell’esonero contributivo e quelle che invece non hanno chiesto – né intendono chiedere – alcun tipo di aiuto allo Stato: mentre le prime potranno licenziare tendenzialmente prima della fine dell’anno, non appena avranno esaurito i benefici introdotti dal decreto Agosto, le seconde dovranno attendere il 2021 prima di poter procedere con i licenziamenti, facendosi carico, nel frattempo, della conservazione dei posti di lavoro e dei relativi costi”.
Non c’è circolare del Mise o sentenza del giudice a chiarire la reale portata della norma, ma la dottrina prevalente ritiene che questa sia l’interpretazione corretta. Insomma, un pasticcio, giustificato, come precisa Merola, dall’essere “nell’ambito di una normativa emergenziale, scritta in pochissimi giorni e sula base di un compromesso sorto proprio sul nodo dei licenziamenti: ciò la rende oggi poco efficiente e rischia di creare dei danni alle aziende già sofferenti per la crisi.
Ma i difetti di queste norme emergenziali sono diversi. “Tanto per fare un altro esempio – dice ancora Merola – un’altra problematica segnalata dalle aziende è relativa alla necessità per i dipendenti che sono rientrati da mete di vacanza a rischio: la legge attuale prescrive che, nell’attesa di ricevere l’esito, il dipendente è considerato in malattia e non deve lavorare (anche se sta bene): questo è scritto a chiare lettere nel Decreto Cura Italia e si traduce in un costo che in alcuni casi si riversa sulle collettività (nel terziario gran parte della malattia è coperta dallo Stato) e in altri è completamente a carico dell’aziende, per esempio nell’industria e per i dirigenti”.
Infine, cosa ne sarà dello smart working una volta concluso l’effetto del Decreti? E queste leggi emergenziali hanno effettivamente contribuito a una diffusione più massiccia di questa modalità? “Anche su questo tema c’è confusione – afferma Merola – oggi si chiede a gran voce di regolamentare lo smart working, ma una legge, la 81/2017 sul lavoro agile esiste già ,e norma interamente la questione, prevedendo anche il cosiddetto diritto alla disconnessione. Dunque esiste lo strumento legislativo, che però lascia alle parti attraverso di fissare le specifiche regole un accordo individuale. Cioè la legge dice che lo smart working si svolge in alternanza tra ufficio e a casa senza obblighi di orari, con la stessa retribuzione e le stesse pause, le parti poi implementano le modalità attraverso un accordo individuale o collettivo e nell’accordo sarò specificato anche come si esercita il diritto alla disconnessione. Se il 15 ottobre non verrà prorogato il lavoro agile emergenziale le aziende dovranno autodisciplinare le proprie regole. La buona notizia è che abbiamo incontrato diverse aziende anche medie, della dimensione di 100 dipendenti, che ci hanno chiesto di istituzionalizzarlo. Molto dipende dal settore e dal tipo di lavoro: laddove è possibile fissare risultati misurabili, secondo me le aziende continueranno ad avvalersi dello smart working anche dopo il 15 ottobre”.
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