Taglio della liquidità, ritorno prudente all’azionario e sovrappeso nel credito investment grade: l’outlook di Generali Insurance Am
La recessione sarà profonda, nonostante la massiccia risposta politica. E per gli investitori in questo momento è consigliabile, secondo Vincent Chaigneau, head of research di Generali Insurance Asset Management, un prudente re-risking dei portafogli.
“E’ difficile quantificare lo shock economico della pandemia globale di Covid-19, che ha avuto il picco in Cina nel primo trimestre e colpirà il mondo occidentale tra marzo e giugno. L’Ocse stima che ogni mese di blocco costi due punti del Pil annuale per le principali economie, ma temiamo sia una stima ottimistica”, afferma Chaigneau, che stima un calo dell’1,1% del Pil globale quest’anno, peggio che nel 2009, ipotizzando un progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale nel corso del secondo trimestre.
“I rischi rimangono fortemente orientati al ribasso – spiega -, poiché il calo del secondo trimestre sarà profondo e la ripresa nella seconda metà dell’anno ostacolata dagli effetti di possibili nuovi focolai di contagio (secondi round). In ogni caso, come abbiamo visto nelle crisi precedenti, il Pil reale non tornerà al livello pre-crisi immediatamente”.
Picco di panico, quindi picco di pessimismo. A detta dell’esperto, la risposta politica è stata particolarmente efficace nel fornire liquidità: la scarsità di dollari è già diminuita, sebbene alcuni punti di stress non siano tornati ai livelli pre-crisi (spread sui Commercial Paper, differenziale tra OIS e interbancario). “Più in generale – fa notare -, il panico si sta attenuando, come testimonia il calo della volatilità del mercato. La volatilità implicita è rientrata più rapidamente nell’obbligazionario rispetto all’azionario, grazie alla minaccia della Fed di offrire un Qe illimitato. I rendimenti obbligazionari si stanno abbassando rispetto dall’impennata di metà marzo, dovuta all’azione delle banche centrali al di fuori degli Usa e dell’Area Euro e alle vendite dei fondi”.
Questi segnali sono confortanti, ma Chaigneau teme che il picco del pessimismo seguirà il picco del panico con un certo ritardo: “Durante la grande crisi finanziaria (2008) ci sono voluti diciassette mesi prima che l’indice S&P passasse dal picco al minimo di ciclo. Non dovremmo aspettarci una ripetizione esatta in questa crisi, che si rivelerà molto più profonda ma, si spera, più breve. Tuttavia, le stime sulla crescita globale e sugli utili non si sono ancora stabilizzate; vi è inoltre spazio per una nuova correzione al ribasso dei multipli azionari con il deteriorarsi ulteriore del sentiment economico. Se il rallentamento del contagio virale offre conforto, per ora la nostra preferenza a breve termine rimane per i mercati e settori e titoli difensivi”.
Chaigneau evidenzia come i tassi a lungo siano orientati al ribasso. “I Treasury a 10 anni, che avevamo evidenziato come un rifugio sicuro migliore dei Bund, sono quasi tornati ai minimi di inizio marzo. Ma il Bund decennale non lo ha fatto (-0,43% contro -0,86%) – sottolinea -. Al di là dei fattori tecnici, ci potrebbero essere preoccupazioni che la qualità del debito tedesco risenta in futuro di meccanismi atti a realizzare, almeno in parte, la condivisione del rischio sovrano nell’Area Euro. Prevediamo però che questi timori non avranno forza tale da impedire ai rendimenti del Bund di tornare a livelli inferiori, nel contesto di forti acquisti della Bce e di notizie economiche negative. Vediamo anche valore nelle obbligazioni francesi o spagnole a lunga scadenza, che mostrano valutazioni a sconto rispetto agli swap”.
Per l’esperto, al momento il credito investment grade è l’asset rischioso più sicuro. “Gli spread sui titoli, a differenza di quelli sui cds, si sono ristretti di poco rispetto ai massimi delle ultime settimane – osserva -. Ovviamente hanno subito allargamenti maggiori nelle crisi precedenti, ma nello scenario presente vi è una attenzione maggiore da parte di banche centrali e governi verso nuovi prestiti e garanzie, per ridurre al minimo i default. La Fed si è inoltre ora unita alla BCE come acquirente di obbligazioni corporate. Le vendita forzate (visibile dai deflussi dai fondi) ha aumenato gli spread sui titoli corporate, rendendoli meno cari rispetto ai cds”.
A detta di Chaigneau, la normalizzazione dei mercati di funding aiuterà in tal senso oltre a facilitare la contrattazione di commercial paper. “Vediamo inoltre chiare evidenze che i responsabili politici stanno mostrando una preferenza per i creditori rispetto agli azionisti – aggiunge -; il conseguente congelamento o il taglio di buybacks e dividendi contribuirà a proteggere i flussi di cassa delle imprese emittenti. Infine, notiamo che gli spread sul credito corporate sono ampi e quindi attraenti rispetto ai titoli sovrani con rating equivalenti”.
Quanto all’asset allocation, l’esperto dà quindi alcuni consigli. Primo: tagliare la liquidità. “Alla fine di febbraio abbiamo cambiato la nostra raccomandazione a favore di una temporanea posizione lunga sulla liquidità, alla luce dei crescenti rischi. Ma i portafogli bilanciati obbligazionario/azionario hanno avuto una performance pessima da allora; modifichiamo quindi la posizione circa la liquidità in underweight. Raccomandiamo un approccio underweight anche sui titoli governativi di breve durata”, spiega.
Secondo: ritorno prudente all’azionario. “Raccomandiamo un overweight molto limitato verso le azioni, se non altro perché in grado di offrire valore da 6 a 12 mesi. Nel breve termine, favoriremo i settori e i mercati difensivi. L’imminente arrivo di dati economici terribili dovrebbero invece ritardare una ripresa sostenuta dalle azioni cicliche”, chiarisce.
“Il nostro maggiore overweight è nel credito investment grade – afferma -. Questa asset class non è senza rischi, naturalmente, alla luce dell’aumento nel numero di ‘fallen angels’ (gli indici IG sono ora affollati di titoli BBB, alcuni dei quali saranno declassati a High Yield). Da qui la necessità di essere molto selettivi: il nostro sforzo di ricerca nel settore credit è molto focalizzato sull’analisi e sulla strategia bottom-up. Ma, come discusso in precedenza, da un punto di vista top-down riteniamo che la combinazione rendimento/rischio sia interessante in questo segmento, considerando il livello degli spread, il supporto della politica economica e il livello strutturalmente basso rispetto alla storia di default nell’area IG”.
Rispetto ai valori medi del passato, Chaigneau trova anche titoli IG europei e titoli governativi di mercati emergenti in valuta forte meno costosi di altri mercati del credito. Trova anche valore in alcuni titoli IG in usd, dove il pick-up degli spread rispetto a titoli IG europei è aumentato (anche tenendo conto della copertura del rischio di cambio). “Con gli Stati Uniti che pensano a strategie di svalutazione e i problemi internazionali di funding in dollari risolti in modo aggressivo attraverso l’enorme offerta di liquidità in usd all’estero – prosegue -, raccomanderemmo sicuramente di coprire la valuta quando si acquistano attività in usd. Infine, vediamo con interesse gli spread nel credito High Yield in eur, ma manteniamo posizioni molto limitate in questo segmento, data la ciclicità e il rischio di default”.
“Sovrappesiamo anche la parte lunga dei mercati obbligazionari europei semi core – conclude l’esperto -, il che implica una posizione leggermente lunga sulla duration. La mancanza di solidarietà potrebbe mettere a rischio la stabilità dell’Area Euro nel lungo termine: se l’Europa vuole evitare un’altra crisi sovrana, deve agire in anticipo. Ma il rischio non è tanto per il 2020, poiché l’acquisto della Bce coprirà quasi interamente le nuove esigenze di finanziamento”.
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