L’articolo è pubblicato su FocusRisparmio Magazine di maggio-giugno 2022. Disponibile in versione digitale al seguente link e in distribuzione al prossimo Salone del Risparmio (10-12 maggio).
L’investimento delle famiglie in asset alternativi è minoritario, ma in crescita negli ultimi anni. Le reti possono fare da ponte con soluzioni multi-alternative, investimenti diretti o co-investimenti
Gli asset alternativi possono rappresentare una nuova avanguardia per gli investimenti delle famiglie italiane più patrimonializzate. L’investimento in fondi, aperti e chiusi, che danno accesso a queste asset class (dal private equity al più tradizionale real estate passando per il debito privato e le infrastrutture) rappresenta ancora una quota minoritaria dei portafogli degli investitori, ma gli esperti vedono una crescita costante nei prossimi anni.
Oggi, stima la società di consulenza strategica McKinsey, il peso specifico degli investimenti alternativi rispetto al pil è pari al 7% per l’Italia, a confronto di una media europea di circa il 22%. “Negli ultimi anni il mercato degli investimenti alternativi in Italia ha registrato un incremento significativo, trainato soprattutto dagli investimenti in private equity e real estate. Tuttavia, c’è ancora un discreto margine di crescita considerando che nel nostro Paese la penetrazione degli investimenti alternativi è ancora molto bassa rispetto ai peer europei”, spiega Cristina Catania, senior partner McKinsey & Company. Nel 2020 questa percentuale ha raggiunto l’8% degli asset under management (aum) complessivi rispetto a quote molto più significative registrate all’estero: 18% in Germania e Spagna e 20% in Svizzera.
Chi investe negli alternativi
Gli investimenti alternativi sono diffusi prevalentemente fra la clientela di tipo istituzionale o professionale con alte disponibilità patrimoniali. Tuttavia, la recente norma che abbassa la soglia d’accesso ai FIA da 500mila a 100mila euro, rispettando il limite soggettivo del 10% del portafoglio totale del cliente, può contribuire ad allargare la platea di investitori anche fra i segmenti così detti affluent. “In Europa – spiega Catania – i player più attivi nella distribuzione degli alternativi al segmento retail/private sono i family offices, che si rivolgono a una clientela con portafogli di dimensioni rilevanti”. E aggiunge: “Aumentando la platea di investitori che possono accedere ai FIA, l’abbassamento della soglia di investimento da 500mila a 100mila euro può sicuramente contribuire ad aumentare la penetrazione degli asset alternativi negli investimenti degli italiani. Questa riforma aiuterà lo sviluppo sui segmenti upper affluent e private nei prossimi anni, mentre per i clienti affluent, visto il limite del 10% sul portafoglio complessivo, saranno i fondi alternativi aperti, Eltif su tutti, a trainare la crescita. Inoltre, al momento sul mercato sono pochi i FIA rivolti in modo specifico agli investitori privati; quindi, l’offerta dovrà sviluppare nuovi prodotti per adeguarsi alla domanda”, afferma l’esperta.
Visione condivisa da Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti, l’associazione delle reti di consulenza che molto si è spesa per l’approvazione della norma. “Si va nella direzione auspicata di un allentamento dei vincoli di accesso al prodotto quando questo sia offerto al cliente nell’ambito della prestazione del servizio di gestione o del servizio di consulenza”. E poi precisa: “La ratio è chiara: al divieto si sostituisce un approccio flessibile in cui si affida ad un intermediario professionalmente qualificato il compito di valutare se e in qual misura i prodotti di investimento alternativi possano essere adatti ad un cliente retail. Nel rispetto dei nuovi limiti si amplia così la cerchia degli investitori ai quali tali prodotti possano essere offerti in un ambiente ‘sicuro’ e, al contempo, si valorizza il ruolo del consulente nel processo di selezione e raccomandazione dei prodotti stessi”.
Il ruolo delle reti
Oggi l’offerta di fondi chiusi da parte delle reti, anche se in crescita, rimane limitata. Secondo i dati Assoreti nel 2021 i volumi di raccolta sui fondi alternativi chiusi hanno raggiunto 1,5 miliardi di euro, un dato quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente (+83%) e che accelera la dinamica di crescita progressiva osservata negli ultimi anni. Ciononostante, la rilevanza di questi prodotti, sul totale distribuito dalle reti, è meno dell’1%.“Alla base di questo trend c’è il riconoscimento degli alternativi come asset class necessaria da un punto di vista strutturale per la costruzione dei portafogli, fonte di diversificazione e contributore di rendimento a premio rispetto alle asset class tradizionali”, spiega Gianluca La Calce, responsabile marketing e sviluppo offerta di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, fra i player più rilevanti nel mercato italiano dei fondi chiusi con circa 2 miliardi di massea fine 2021 e una raccolta di 78,5 milioni nel quarto trimestre (fonte Mappa trimestrale Assogestioni).
“In generale, le reti si stanno muovendo per incrementare la propria offerta di prodotti alternativi. Molti operatori lo stanno facendo sfruttando le capabilities di investment firm specializzate in questo tipo di investimenti. In particolare, stanno nascendo diverse partnership di successo finalizzate a proporre gli investimenti alternativi a una clientela più retail. In ogni caso, gli Eltif e i FIA aperti possono essere un buon punto di partenza per iniziare a sensibilizzare la clientela affluent e upper affluent rispetto agli investimenti alternativi”, analizza Catania.
“Le soluzioni ricercate per la clientela private sono tipicamente soluzioni multi-alternative strategy grazie alle quali si sintetizza in un unico veicolo con soglie di accesso relativamente accessibile ciò che di norma richiede disponibilità oltre 1,5 milioni. Per i clienti HNW e UHNW, che guardano con interesse a forme di investimenti anche più specializzate, le soluzioni di investimento possono essere sviluppate anche con una esposizione a singole strategie, fino ad arrivare ad operazioni mirate a singole aziende tramite investimenti diretti o co-investimenti”, prosegue La Calce.
“Per i prossimi anni si prevede che vi sarà una crescita rilevante, soprattutto nel segmento del private equity. Un ruolo importante sarà svolto dagli operatori di private banking e dalle reti di consulenti finanziari, che potrebbero raccogliere quasi la metà del fundraising. Questo principalmente grazie alla necessità di diversificare il portafoglio dei clienti private e HNW e alle spinte regolamentari che stanno ampliando la platea di investitori che può accedere a questo tipo di investimenti”, aggiunge Catania.
“Molto innovative sono le piattaforme digitali che, accettando ticket minimi di poche migliaia di euro, stanno aprendo il mercato a una clientela mass-affluent. Queste possono assumere la forma piattaforme di crowdfunding/crowdlending o di distribuzione di fondi chiusi, che consentono di investire in sottostanti variegati (es. private equity, private debt, real estate, investimenti diretti). Un’innovazione importante, anche in ottica di creazione di un mercato secondario, che possa facilitare la liquidabilità degli investimenti e diminuire l’holding period”, conclude l’esperta di McKinsey.
Questi e altri temi saranno oggetto della conferenza Assogestioni “Creare valore con i mercati privati”, mercoledì 11 maggio 2022 (ore 16.30, sala Green 1 al MiCo di Milano). Clicca qui per iscriverti.
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