Ecco come il lusso attraverserà il terremoto
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Tra le vittime eccellenti del Covid-19 spicca senza dubbio il turismo, il cui crollo costituisce una pesante ipoteca sulla ripartenza globale. Il settore, nel 2008, ha contribuito al Pil mondiale per il 10,4% e secondo alcune proiezioni dell’Omt, l’Organizzazione mondiale del turismo, quest’anno potremmo assistere, causa restrizioni anti-pandemia, a un declino nei viaggi turistici internazionali compreso tra il 58 e il 78%. Un calo che metterebbe a rischio tra i 100 e i 120 milioni di posti di lavoro, trattandosi di uno dei segmenti a maggiore intensità di manodopera.
A pagare il prezzo più alto, come puntualizza James Reilly, economista di Schroders che ha analizzato l’impatto di un crollo del turismo internazionale sulle economie dei diversi Paesi, sarebbero in particolare alcuni Stati, con Spagna e Italia a guidare la triste classifica.
“L’Omt analizza i dati sulla ‘percentuale di ospiti internazionali in tutti gli esercizi commerciali’ per stimare il contributo del turismo internazionale al turismo nella sua totalità in un Paese specifico – spiega Reilly -. Tale metrica varia dal 98% in Liechtenstein e Monaco, per esempio, all’11% in Australia”.
Combinando questa misura con il contributo totale del turismo al Pil, l’economista ha potuto stimare l’esposizione di un dato Paese al turismo internazionale. Dal momento che una rapida analisi del turismo come quota del Pil e dell’occupazione totale rivela l’esistenza di una relazione molto forte tra questi due fattori, questa misura può essere vista come un buon indicatore anche per l’impatto sull’occupazione.
Particolarmente chiara è la tabella elaborata da Schroders, in cui la colonna dedicata al turismo internazionale mira a catturare soltanto la porzione di Pil generata dal turismo internazionale, evidenziando quali sono le economie più vulnerabili a un rallentamento in tale ambito.
TABELLA : statistiche legate al turismo per alcuni specifici Paesi (dati 2018)
(Fonte: World Bank, OMT, Schroders Economics Group. 26/05/2020. Dati in dollari Usa relativi al 2018)
Tuttavia, secondo Reilly, tale dato non incorpora i benefici che potrebbero derivare dall’ ‘on-shoring’ delle spese che non vengono più fatte all’estero, ma all’interno del Paese. “Sottraendo le spese fatte all’estero dagli introiti provenienti dai turisti internazionali, troviamo un flusso netto derivante dal turismo internazionale – chiarisce -. Confrontandolo con il Pil totale, si può fare una stima dell’impatto netto del turismo internazionale su un’economia. I Paesi che al momento vedono flussi positivi, come la Spagna, sostanzialmente soffriranno maggiormente in un mondo privo di turismo internazionale”.
Quali altri fattori potrebbero impattare sulla vulnerabilità di un’economia? Le ultime due colonne della Tabella si concentrano sulle caratteristiche di un turista medio. La colonna ‘Average Receipts’ (ricevute medie) indica quanto spende un visitatore medio in un dato Paese (in migliaia di dollari) mentre è in vacanza. “Con una maggiore enfasi sul distanziamento sociale, il focus sulla qualità rispetto alla quantità potrebbe giocare un ruolo fondamentale. Tuttavia, nel breve termine, con il calo del numero di visitatori, i Paesi più esposti soffriranno maggiori perdite”, osserva ancora l’economista.
La colonna ‘Average Expenditure’ (spesa media) traccia invece l’equivalente a livello di spesa per il cittadino medio di un dato Paese quando viaggia all’estero. “Con soluzioni come le ‘travel bubbles’ – fa notare Reilly – che sembrano destinate a diventare una caratteristica comune nel panorama degli spostamenti internazionali, le economie che stabiliranno questi ‘corridoi’ con Paesi come Australia e Islanda, i primi due per spese all’estero, potrebbero raccoglierne i frutti. Tali spese includono i pagamenti effettuati a favore di compagnie aeree nazionali, il che forse spiega l’alto posto in classifica dell’Australia”.
Ci sono poi una serie di altri fattori, a detta dell’economista, che svolgono un ruolo. Uno di questi è la stagionalità del turismo in alcune economie: “Paesi europei come Spagna e Italia dipendono in modo particolare dai visitatori estivi e di conseguenza le tempistiche di questa crisi non avrebbero potuto essere peggiori”, avverte.
Non solo. Per Reilly non è da sottovalutare l’effetto psicologico. “Un’altra considerazione riguarda il rischio che le aree più colpite dal Covid-19 faticheranno a togliersi questo stigma e dovranno attendere più a lungo prima che i livelli di turismo tornino alla normalità”, conclude.