Indellicate (SYZ AM): “Wall Street, se il ‘declino’ dei FAANG avvantaggia le gestioni attive”
1 ottobre 2018
di EUGENIO MONTESANO
5 min
Le mid cap USA, società dal forte focus domestico, hanno come mercato interno la maggiore economia del mondo. Secondo John Indellicate, cogestore dell’OYSTER US Selection di SYZ AM, con una economia ancora in espansione queste azioni non hanno ancora espresso appieno il loro potenziale.
“I gestori attivi sul mercato degli Stati Uniti hanno affrontato tempi duri. Uno dei fattori che più ha danneggiato la gestione attiva è stata la presenza di una leadership di mercato molto concentrata. A condurre gli indici S&P500 sono stati i titoli di poche imprese: Apple, Facebook, Amazon – le aziende mega cap, i cosiddetti FAANG”. Esattamente le azioni in cui John Indellicate, cogestore dell’OYSTER US Selection, fondo della società SYZ Asset Management, spiega di non investire. Il motivo è semplice: la crescita nell’investimento passivo ha drenato investimenti dalle aree meno liquide del mercato, quindi dalle small e mid cap, facendoli confluire nelle aree più liquide del mercato – uno sviluppo che presenta delle opportunità.
“Quando è solo un gruppo ristretto di titoli a realizzare gran parte della performance dell’indice, si crea un cattivo ambiente per i gestori attivi perché in quel caso tutto dipende da quanto possiedono di quei specifici titoli. E se non si possiede più del benchmark fissato da quei cinque titoli si subisce un forte vento contrario”, spiega Indellicate.
Eppure il vento sta cambiando e non sembra soffiare più così deciso nelle vele dei giganti della Silicon Valley: “Il governo degli Stati Uniti ha cominciato a chiedere valutazioni antitrust su molte di queste compagnie in crescita”, spiega Indellicate. “Si è iniziato a investigare su certe pratiche, cosa che – come in genere accade – ha inciso sui prezzi dei titoli in maniera negativa”, intaccando valutazioni che sembravano comunque aver raggiunto un livello di picco. “Paragonando le valutazioni di questi titoli a iper-crescita con il resto dell’universo economico, si nota come i primi abbiano raggiunto un picco storico dei premi”, argomenta lo specialista.
Ragioni per cui, spiega Indellicate, “c’è una buona chance di inversione del trend a favore del mercato nella sua interezza, tornando più in linea con i valori storici” che porta il gestore a ritenere che, prossimamente, “potremmo trovarci in uno scenario caratterizzato da un maggiore equilibrio di mercato e, dunque, più favorevole alla gestione attiva”.
Guardando allo scenario economico degli Stati Uniti, perché credete che continuerà la fase di espansione del paese? Giusta domanda. Siamo molto positivi sull’economia statunitense e abbiamo un posizionamento rialzista. Da lungo tempo, sin dalla fine della recessione nel 2009, abbiamo cercato di cogliere le opportunità derivanti dall’espansione economica. La riforma del sistema fiscale varata nel 2017 ha avuto l’effetto di accrescere i guadagni delle imprese abbassando le tasse – questo è ben prezzato sui mercati. Ciò che crediamo non sia sufficientemente prezzato è l’effetto secondario: le imprese stanno reinvestendo i flussi di cassa in salari più alti e maggiori spese in conto capitale e questo sta avendo l’effetto di accrescere entrate e profitti. Si assiste ad un’accelerazione del pil con una traiettoria che, da una crescita del 2-3%, sta puntando verso il 4% e oltre. Pensiamo dunque che il flusso di cassa extra derivante dalla riforma fiscale si stia riverberando sull’economia e stia producendo effetti molto positivi. Inoltre, anche gli indici PMI sono in crescita.
A che punto il rialzo dei tassi da parte della Fed inizierà a rallentare l’economia? La Fed da un po’ di tempo ha attuato una politica di rialzo dei tassi e riteniamo che, mentre la curva dei rendimenti si sta appiattendo, permanga ancora una pendenza positiva, e finché la curva conserverà questa pendenza ci saranno incentivi per le banche a concedere prestiti, la liquidità si muoverà all’interno dell’economia e la crescita rimarrà forte. A un certo punto, la curva dei rendimenti invertirà la pendenza e l’incentivo alla concessione dei prestiti diminuirà. Storicamente, la recessione inizia a verificarsi a partire da 18 mesi dopo l’inversione della curva. Dunque riteniamo che dal momento in cui la Fed invertirà la pendenza della curva dei rendimenti – evento per cui dobbiamo ancora attendere – ci vorranno altri 18 mesi perché inizi la fase di recessione.
Insomma la recessione da fine ciclo non colpirà gli USA nel 2019, come avverte un gruppo sempre più folto di analisti? Ne sarei sorpreso. Con l’accelerazione della crescita del pil e la curva dei rendimenti ancora positiva, ci sembra troppo presto. Verso la fine del 2019 è possibile che la curva dei rendimenti inverta il proprio trend considerato il ritmo dei rialzi dei tassi, ma allora, seguendo lo storico per cui la recessione inizia dopo un periodo di 18 mesi, crediamo che questa possa più probabilmente verificarsi nel 2021. Se – come dice – la Fed inizia a incorporare nelle proprie analisi i segnali dei mercati, potrebbe anche decidere di rallentare il passo dei rialzi. Noi prevediamo che possano ammorbidire il linguaggio e considerare una pausa, andando avanti. Questo consentirebbe di allungare ulteriormente il ciclo.
Qual è la vostra view sulle guerre commerciali intentate dagli Stati Uniti? I dazi sono un tema molto interessante, ma bisogna distinguere tra la Cina e il resto del mondo. Nella maggior parte delle negoziazioni commerciali, l’apertura dei negoziati è molto dura. Ad esempio, nei confronti di Messico e Canada, gli Stati Uniti hanno minacciato un’esclusione totale. Poi però, quando viene raggiunto un accordo, l’atteggiamento diventa molto mite. Nel caso del Messico, sta cambiando un po’ solamente la percentuale di automobili vendute negli Stati Uniti. Nei confronti del Canada, i dazi arriveranno a pochi punti percentuali su alcuni prodotti lattiero-caseari – un cambiamento decisamente modesto, se consideriamo il punto di partenza. Per quanto riguarda la Cina la situazione è molto differente: in campagna elettorale, Trump ha indicato i rapporti degli Stati Uniti con la Cina come l’esempio più eclatante di relazioni commerciali non eque. Trump chiede molte più concessioni da parte della Cina, quindi le trattative tra i due paesi sono ancora lontane dalla risoluzione.
Quali settori stanno traendo e continueranno a trarre benefici l’anno prossimo? Siamo sottoesposti rispetto alla tecnologia, visto che molte aziende produttrici di semiconduttori hanno un’ampia esposizione alla Cina e avranno difficoltà a spostare i propri prodotti altrove, poiché molti di questi sono realizzati in impianti cinesi dotati di una tecnologia estremamente avanzata e il pricing power sarà inferiore. Non sarà invece così difficile per le aziende che producono beni di consumo, calzature, abbigliamento – queste aziende saranno probabilmente in grado di gestire meglio la catena di approvvigionamento, poiché ci sono altri Paesi in cui è possibile spostare la produzione di abbigliamento, come Vietnam, Bangladesh e Tailandia.
Le aree che preferiamo hanno un focus più domestico. Deteniamo società che sono favorite dall’economia industriale statunitense. Tra queste, United Rentals, che affitta attrezzature per l’edilizia; al momento investiamo molto anche nelle raffinerie, una delle dinamiche interessanti è che il prezzo del petrolio in Europa è di circa 10 dollari americani in più rispetto al prezzo in Texas, perché la crescita della produzione di petrolio in quest’ultimo paese è così forte da creare un differenziale per cui le raffinerie riescono a comprare petrolio a un prezzo relativamente basso in Texas, raffinarlo chimicamente trasformandolo in combustibile diesel da vendere in Europa – dove è più costoso – a un sovrapprezzo che gli consente di catturare uno spread che lo rende un investimento molto interessante.
Un altro settore domestico di nostro interesse sono le compagnie aeree. Questa industria è diventata più razionale negli ultimi anni, i team di management si sono concentrati molto di più sugli utili del capitale che sulla conquista di quote di mercato. Quindi, mentre i prezzi del petrolio stanno aumentando e hanno iniziato a ostacolare i margini delle compagnie aeree, queste hanno risposto riducendo la crescita della capacità: negli ultimi mesi ci sono stati diversi annunci da parte di compagnie aeree nazionali riguardo la riduzione della capacità aggiuntiva pianificata, cosa che manterrà elevata la domanda e si rivelerà positiva per i prezzi dei biglietti. Questo è il tipo di imprese che ci piacciono al momento, concentrate esclusivamente sul mercato statunitense.
Il mercato statunitense è molto difficile da sovraperformare e, infatti, molti consulenti investono tramite index-linker a basso costoed ETF. Come vi rapportate a questo trend? Abbiamo un processo molto disciplinato e ripetibile. Prima di tutto, abbiamo un team molto allineato: le persone che hanno iniziato la strategia nel 2006 e hanno generato un track record positivo gestiscono ancora oggi il prodotto. Poi il nostro processo combina approcci top-down e bottom-up, quindi ci preoccupiamo sia delle specifiche aziendali bottom-up, ma siamo anche molto consapevoli di come l’ambiente macro interagisca con le nostre aziende. Molti manager si occupano o di uno o dell’altro aspetto, ma noi, combinandoli entrambi, siamo in grado di fare bene in più ambienti di mercato. All’interno dell’approccio bottom-up, il terzo punto che secondo noi supporta il successo della nostra strategia è la nostra metodologia di valutazione molto flessibile. Usiamo approcci differenti per i mercati rialzisti o ribassisti, poiché – come mostrano anche le ricerche – riconosciamo che gli investitori cambiano il proprio focus a seconda del tipo di mercato. Questo ci consente di fare bene in entrambi i tipi di mercati. Infine, abbiamo un processo di vendita molto attivo, grazie al quale ci avvantaggiamo dei bias comportamentali. Gli investitori tendono ad essere molto lenti nell’accettare cattive notizie, ci vuole molto tempo perché accettino di aver commesso un errore e cambino idea. Cerchiamo di vendere titoli con maggior rigore quando ci sono notizie negative; questo ci aiuta a preservarci da molti titoli che perdono significativamente valore per un tempo più lungo e, a sua volta, questo ci consente di sovraperformare.
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