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Permettono di allineare il portafoglio agli obiettivi di lotta al surriscaldamento globale e ridurre l’esposizione alle aziende con alto rischio carbonio. Contrastano il greenwashing
Gli investitori sono probabilmente frastornati dalla quantità di annunci sull’impegno di molti gestori patrimoniali a decarbonizzare i loro portafogli e di numerose aziende a raggiungere la neutralità climatica nei prossimi anni (o decenni). La conferenza sul clima di Glasgow (COP26) ha accresciuto le comunicazioni di questo tipo non solo da parte dei politici, ma anche del settore privato. Ma chi ha a cuore il futuro del pianeta farebbe bene ad andare oltre gli slogan.
“La tendenza a fissare obiettivi di lungo termine e l’enfasi sulla parola “nette”, relativamente alle emissioni prodotte, infatti, aiutano le aziende a migliorare la loro immagine pubblica evitando il difficile lavoro di ridurre davvero l’impatto sull’ambiente”, avverte Dan Lefkovitz, strategist di Morningstar Indexes. I dati reali sono spesso lontani dai proclami. Ad esempio, uno studio di Accenture, ha rivelato che solo il 9% delle aziende europee è in linea con l’obiettivo che si è dato per l’azzeramento entro il 2050. La maggior parte dovrà raddoppiare i propri sforzi nel prossimo decennio se vorrà rispettare tale scadenza.
Per gli investitori, trovare chi fa veramente sul serio non è facile, perché devono separare quello che l’attivista Greta Thunberg ha definito il “bla bla bla”, dalle aziende che si sono date obiettivi misurabili e tracciabili nel tempo. La difficoltà deriva principalmente dal fatto che siamo su un terreno dove i dati non sono sempre perfetti e spesso mancano standard condivisi. La buona notizia è che la regolamentazione europea sta evolvendo in questa direzione con l’attuazione del piano per la finanza sostenibile, che ha definito una tabella di marcia per gli investitori.
Cosa c’è negli indici climatici dell’UE
Tra i provvedimenti, l’Unione europea ha adottato a fine 2019 un nuovo Regolamento (n. 2019/2089), introducendo due tipi di indici climatici: l’EU Climate transition benchmark (EU CTB) e l’EU Paris-aligned benchmark (EU PAB). Tra gli obiettivi ci sono l’esigenza di fornire agli investitori strumenti appropriati e allineati con la loro strategia di investimento low carbon, favorire la comparabilità tra le metodologie di costruzione di tali indici e disincentivare il greenwashing.
Nel benchmark europeo Paris-Aligned, le attività sottostanti sono selezionate in modo tale che le emissioni di gas serra del paniere di riferimento siano allineate con gli obiettivi di lungo termine previsti dall’Accordo di Parigi sul clima (COP21). Nel caso del Climate transition benchmark, le attività sottostanti sono selezionate, ponderate o escluse per creare un portafoglio che segua una traiettoria di decarbonizzazione in conformità con gli standard minimi stabiliti dal regolatore europeo.
L’industria degli investimenti ha risposto alla nuova regolamentazione con il lancio di numerosi fondi allineati ai benchmark climatici. Morningstar ha censito nella sua banca dati una trentina di Exchange traded fund (Etf) di questo tipo.
Come usare gli indici climatici
Gli investitori possono usare gli indici climatici dell’Unione europea per misurare l’allineamento dei prodotti del risparmio gestito con i loro obiettivi di lotta al climate change. Infatti, tali benchmark non si limitano a sottopesare le industrie più inquinanti, ma devono utilizzare analisi più sofisticate per rispettare i requisiti normativi. “Sicuramente gli impegni pubblici presi dalle aziende aumentano la probabilità di decarbonizzazione delle attività operative, oltre che della catena dei fornitori e dei prodotti”, spiega Lefkovitz. “Tuttavia, è possibile che un’impresa riduca la sua impronta di carbonio senza però fare nulla per la lotta al cambiamento climatico”.
Se ben costruito, un indice climatico può aiutare l’investitore a valutare il raggiungimento di diversi obiettivi. In primo luogo, dà la possibilità di affrontare il rischio della transizione verso un’economia low carbon attraverso il sottopeso delle aziende con più alte emissioni o con un alto rischio carbonio (queste ultime tipicamente non gestiscono adeguatamente le questioni climatiche). In secondo luogo, permette di allineare il portafoglio allo scenario di contenimento dell’innalzamento delle temperature a 1,5 gradi Celsius entro il 2030. In terzo luogo, l’investitore può ottenere una maggiore esposizione alle industrie impegnate nel trovare soluzioni positive per l’ambiente (energie rinnovabili, trasporti green, ecc.).
Indici climatici allineati con lo scenario di 1,5 gradi

Ad esempio, l’indice Morningstar global markets Paris-aligned ha una intensità di carbonio di oltre il 50% inferiore rispetto al paniere azionario globale tradizionale, mentre il benchmark Morningstar global markets climate transition ha il 30% in meno. Entrambi seguono una traiettoria di riduzione delle emissioni del 7% l’anno in linea con l’obiettivo di contenimento del surriscaldamento del globo entro il 2030.
*Editorial manager di Morningstar
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