I mercati scommettono sulla pausa Fed. Il riassunto della settimana
Il punto su quanto accaduto e sulle attese, a cura di Francesco Casarella, responsabile Italia di Investing.com
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Lo scorso aprile il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le prospettive di crescita mondiale, passando dal 4,4% al 3,6%; e per l’Italia, la percentuale si abbassa drasticamente al 2,3%. In generale, l’area europea risente di un impatto maggiore della crisi inflazionistica e bellica, rispetto all’America e ancor più rispetto all’Asia. Lo scenario è schiacciato dalla pressione dell’inflazione, che lo stesso FMI ha previsto possa arrivare a fine anno al 6%.
La risposta aggressiva delle banche completa il quadro: Philip Lane, capo-economista della Bce, ha dichiarato che un probabile ulteriore rialzo dei tassi di 25 punti base sarà previsto a luglio, un secondo a settembre. Guardando il panorama globale, Gianluca Ungari, head of portfolio manager di Vontobel Asset Management, si chiede, durante la presentazione del Summer Outlook 2022: “Come si può costruire un portafoglio con elementi positivi in un anno come questo?”
“Siamo in una situazione di inflazione estremamente elevata e le banche centrali sono costrette a intervenire” afferma Ungari, che specifica “è un’inflazione che colpisce maggiormente l’offerta che la domanda”. La risposta alla questione della costruzione del portafoglio risulta complessa.
In ottica macroeconomica, bisogna tener conto che “in Europa il margine di manovra per la ripresa è estremamente limitato”, poiché il Vecchio Continente sembra essere vicino al minimo decennale di offerta di credito. Anche in Usa le prospettive sembrano limitate, a causa di un rallentamento della crescita frenata a sua volta dall’aumento dei tassi di interesse. La Fed, infatti, sta iniziando a drenare 45 miliardi di dollari al mese. “Questo rende i mercati molto più nervosi e l’economia reale molto più fragile” continua Ungari.
“Il paragone chiaramente che viene fatto è quello relativo agli anni 70” sottolinea Ungari, che specifica come non si tratti di un confronto accurato. “Non sono presenti esattamente le stesse variabili”. L’attuale elemento disruptive è l’andamento dell’azionario, che rende più complessa – rispetto anche agli anni 70 – la costruzione del portafoglio.
Nel quadro critico, l’evidenza maggiore è che l’investitore guarda alle commodities come rifugio. “Si tratta dell’asset class con la performance maggiormente positiva in quest’anno” afferma Ungari.
Il settore dei servizi appare interessante agli occhi degli investitori. “La pandemia ha accelerato una serie di acquisti e investimenti sulla parte manifatturiera, tagliando drasticamente sulla parte dei servizi” afferma Ungari. Ma adesso “il trend si sta invertendo”.
Un’altra tendenza che si evince è la consapevolezza di non poter creare un mondo a zero emissioni in modo repentino. Nei portafogli, giustifica Ungari, è normale che ancora ci siano degli investimenti poco Esg. “L’obiettivo”, spiega, “è quello di portare un mondo com’è oggi a un mondo senza emissioni. Ma la transizione non può essere considerata come un investimento solo in asset Esg, poiché al momento si tratta di un processo non sostenibile in termini economici”, almeno stando alle infrastrutture in clean energy al momento presenti nel mondo.
Vista però la volontà dei governi e delle istituzioni di volerle implementare, in ottica di indipendenza energetica, le infrastrutture si configurano come un ulteriore asset class a cui guardare con interesse, come una priorità strategica di investimento.
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