Fed, per i gestori prossimo taglio a giugno
La solidità del mercato del lavoro USA rafforza l’approccio cauto della banca centrale. A dicembre creati 256.000 nuovi posti di lavoro, ben oltre le attese. Disoccupazione giù al 4,1%
3 min
Non si placano i timori che la Federal Reserve possa alzare i tassi più del previsto. A gennaio l’inflazione Usa ha infatti messo a segno una nuova frenata, la settima consecutiva, ma inferiore a quella prevista dagli analisti: i prezzi al consumo sono saliti su base annua del 6,4%, toccando i minimi dall’ottobre 2021, in calo rispetto al 6,5% di dicembre e sotto il 6,2% atteso. A livello tendenziale, l’incremento è stato invece dello 0,5%, il top da tre mesi, contro lo 0,4% del consensus.
In particolare il dato ‘core’, quello depurato dai beni alimentari ed energetici e monitorato con più attenzione dalla Fed, è cresciuto dello 0,4% contro le attese per un rialzo dello 0,3%. Su base annua, sempre stando al Bureau of labour statistics, la salita è stata del 5,6% dopo il +5,7% di dicembre, più delle stime ferme a +5,5%. I prezzi dell’energia sono aumentati del 2% rispetto a un mese prima, quinto ribasso nell’ultimo semestre, con un incremento dell’8,7% rispetto a un anno fa. Ma a pesare su dato di gennaio sono stati in particolare gli immobili.
“I prezzi delle case rimangono la componente più difficile da mitigare, seguita da generi alimentari ed energia”, sottolinea Jon Maier, chief investment officer di Global X, che fa anche notare come la variazione del dato core sia la più contenuta da quando i numeri sull’inflazione hanno iniziato a migliorare. Per Maier un aspetto importante da evidenziare è poi quello della recente revisione annuale dell’indice dei prezzi al consumo. “Il Bureau of Labor Statistics ha pubblicato la sua modifica al Cpi ridistribuendo l’inflazione nel corso dell’anno. Queste variazioni rendono difficile fare ipotesi sul futuro poiché cambiano di colpo la narrazione. In ogni caso, è chiaro che un’inflazione più persistente dovrebbe indurre la Fed a un atteggiamento da falco”, afferma.
Per Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, il market mover di breve è stato il dato sui non farm payrolls, che ha mostrato un mercato occupazionale Usa molto forte con un’ottima creazione di posti di lavoro e una salita costante dei salari capace di buttare ulteriore fuoco sulle pressioni inflazionistiche. “Nonostante abbia mostrato un rallentamento minore rispetto alle aspettative, il dato sull’inflazione di gennaio non modifica l’outlook di breve sulle prossime mosse della Federal Reserve”. Al momento il mercato sconta due possibili rialzi dei tassi di 25 punti base e un possibile taglio del costo del denaro a fine 2023. Ma le previsioni della società di gestione sono più hawkish: tre rialzi da un quarto di punto nelle riunioni di marzo, maggio e giugno, e nessun taglio quest’anno.
📰 Leggi anche “Bce e Fed, il picco dei tassi di interesse si avvicina?“
“I mercati hanno reagito in modo confuso alla pubblicazione del dato visto che non cambia le prospettive sulle mosse di breve della Fed. Sarà necessario aspettare ulteriori dati, in particolare inflazione indice core Pce e Nfp di febbraio, per avere maggiori input per determinare le scelte del Fomc di marzo. Tuttavia dopo un’ora dalla pubblicazione del dato tra gli investitori sembra aumentare il senso di pericolo legato a pressioni inflazionistiche che rimangono elevate, con gli indici azionari in calo soprattutto quello tecnologico più sensibile alle azioni sui tassi, acquisti sul dollaro”, conclude Diodovich.
Concorde con la visione di una Fed più hawkish è anche John Lloyd, multi-sector credit strategies & portfolio manager di Janus Henderson. “Attualmente i tassi di inflazione core a tre mesi sono pari al 4,6% annualizzato e al 6,5% annualizzato a sei mesi. Se il ritmo di diminuzione del carovita rimane invariato, con le revisioni operate dal bureau ci vorrà più tempo per raggiungere l’obiettivo del 2%. E ciò avvalora la tesi di un aumento dei tassi per un periodo di tempo più lungo”, precisa. Poi aggiunge: “I dati odierni non dovrebbero modificare in modo sostanziale l’ipotesi della Federal Reserve di almeno altri due aumenti dei tassi di 25 punti il base, attualmente prezzati nel mercato dei forward”.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.