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A giugno i prezzi in Germania tornano a salire al 6,4%, spinti dall’impennata dei servizi. La Spagna scende invece sotto la soglia del 2%, ai minimi da aprile 2021
Sul fronte inflazione Madrid fa sperare ma Berlino gela ogni ottimismo. A giugno i prezzi in Germania sono infatti tornati a correre, salendo del 6,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, oltre le previsioni di un +6,3%. A maggio il dato era del 6,1%. L’incremento su base mensile è stato invece dello 0,3%, anche questo leggermente superiore al consensus dello 0,2%. L’indice core, quello al netto di cibo ed energia, è passato invece al 5,8% dal +5,4% di trenta giorni prima. A pesare sul dato complessivo è stata soprattutto l’impennata record dei servizi (5,3%), spinti dal rincaro dei trasporti dopo che il governo ha tagliato i sussidi al settore.
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Qualche schiarita è arrivata invece dalla Spagna, dove il carovita è tornato sotto la soglia obiettivo della Bce del 2%. A giugno l’indice dei prezzi è sceso all’1,9%, il tasso più basso da aprile 2021, con un calo rispetto a maggio di 1,3 punti. A influire sulla frenata sono stati in particolare carburanti, elettricità e generi alimentari. Secondo l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, il tasso d’inflazione di giugno è invece dell’1,6%. Anche l’inflazione core continua a scendere e si è attestata al 5,9%. Nonostante sia lievemente superiore alle attese degli analisti, il dato è stato accolto con grande soddisfazione dalla ministra per l’Economia, Nadia Calvino: “La Spagna è la prima grande economia della Zona euro a riportare l’inflazione sotto il 2%. È stata ridotta di quasi 9 punti in meno di un anno”, ha sottolineato.
Le mosse della Bce
In attesa del dato sul carovita dell’intera Eurozona, che verrà pubblicato venerdì, il bollettino economico trimestrale della Bce si sofferma proprio sui rischi che possa ampliarsi la forbice tra gli Stati di Eurolandia. “I differenziali d’inflazione tra Paesi, misurati dall’intervallo interquartile, sono passati da livelli storicamente bassi nel periodo pre-pandemico a massimi storici alla fine del 2022 e, sebbene in calo da allora, sono rimasti a livelli elevati. A maggio 2023 i tassi di inflazione nei Paesi dell’area variavano dal 2,0% del Lussemburgo al 12,3% della Lettonia e della Slovacchia”. Gli economisti di Francoforte mettono quindi in guardia sul fatto che tali differenze, se persistenti, possono portare a squilibri esterni. “I differenziali sono normali in un’unione valutaria nella misura in cui riflettono aggiustamenti temporanei agli shock o sono associati a processi di recupero”, viene sottolineato.
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“La Bce è chiamata a svolgere un compito immane: deve prendere decisioni di politica monetaria per 20 Paesi diversi. L’area valutaria è estremamente eterogenea. Inoltre, la politica monetaria dell’Eurozona è influenzata dalle politiche fiscali nazionali”, osserva Pablo Duarte, senior research analyst del Flossbach von Storch Research Institute. Per l’analista, i costi di rifinanziamento di Stati membri altamente indebitati, come Italia e Spagna, giocheranno probabilmente un ruolo importante nel determinare quando Francoforte smetterà di alzare i tassi. Duarte fa anche notare come l’Eurotower abbia spesso preso spunto dalle azioni della Federal Reserve e quindi, se Powell fa una pausa dopo qualche tempo potrebbe seguirne le orme. “A ogni modo, nel medio termine i tassi d’inflazione saranno la variabile più importante a cui si orienterà la Bce, che però potrebbe anche accettare un target d’inflazione più elevato, pur senza dichiararlo esplicitamente”.
“Le banche centrali stanno bilanciando gli scarsi progressi sul fronte dell’inflazione, un indicatore ritardato, con l’affievolirsi dello slancio della crescita in una prospettiva macroeconomica scoraggiante”, spiega Tiffany Wilding, economist e managing director di Pimco. Per l’esperta, questo equilibrio implica un ulteriore rischio di rialzo dei tassi nel prossimo trimestre o due, rispetto a quanto attualmente prezzato dai mercati, seguito da un rischio di ribasso nel 2024. “Di base, prevediamo che le banche centrali dei mercati sviluppati vareranno ancora un paio di rialzi nei prossimi mesi e poi manterranno la politica in territorio restrittivo”, afferma. Di conseguenza per Wilding, i temi d’investimento chiave per quest’anno restano immutati: “In breve, concentrarsi sulle aree di alta qualità del mercato obbligazionario, dove i rendimenti di partenza sono elevati. A nostro avviso, questo può aiutare gli investitori a costruire portafogli resilienti in un contesto macroeconomico più incerto e volatile”, conclude.
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