Azionario USA: non solo tech
Gli esperti di AllianceBernstein John H. Fogarty e Vinay Thapar analizzano le prospettive di crescita del mercato USA e dei differenti settori che lo compongono
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È presto per cantare vittoria sull’inflazione. Lo ha detto mercoledì sera Jerome Powell, presidente della Federal reserve, commentando le decisioni del Fomc, e lo ripete la maggior parte dei gestori all’indomani del primo meeting del 2023, per sottolineare che non è ancora il caso di dare la stretta monetaria per terminata. La banca centrale Usa ha infatti ridotto la potenza di fuoco della sua lotta al carovita, aumentando i tassi di 25 punti base, ma è tornata a ripetere che i rialzi continueranno, e che ce ne saranno ancora almeno “un altro paio”.
Secondo Mark Haefele, chief investment officer di Ubs Global Wealth Management, l’economia Usa si sta muovendo nella direzione che la Fed vuole vedere, ma la forza del mercato del lavoro renderà più difficile che smetta di aumentare i tassi e inizi a tagliarli. “Il rally azionario statunitense di gennaio è stato sostenuto da una combinazione di aspetti tecnici. Ma a nostro avviso, sarà difficile per la Fed sentirsi a proprio agio nel mettere in pausa il ciclo fino a quando non ci sarà un migliore equilibrio tra domanda e offerta sul fronte occupazionale. Riteniamo che sia ancora troppo presto per aspettarsi che la Fed cambi politica, quindi il rischio è che il rally Usa si dimostri non sostenibile”, avverte Haefele.
Dello stesso parere Brian Nick, chief investment strategist di Nuveen, secondo cui Powell si trova ora di fronte a un compito difficile: cercare un modo per ridurre i rialzi dei tassi senza provocare un ulteriore allentamento delle condizioni, che potrebbe portare a un nuovo aumento dell’inflazione nel corso dell’anno. “Per evitare che ciò accada – osserva – ci aspettiamo che venga ribadito l’impegno a non ridurre i tassi dal loro massimo fino al 2024. Gli speaker della Fed lo dicono da mesi, ma i mercati non hanno recepito il messaggio. È probabile che per la riunione di marzo si prospetti un’altra serie di discorsi da falco e una nuova serie di previsioni sobrie”.
Anche per James McCann, deputy chief economist di abrdn, il lavoro della Fed è tutt’altro che finito. “La banca centrale si oppone a un mercato desideroso di prevedere un atterraggio morbido e tagli dei tassi d’interesse nel corso dell’anno”, sottolinea, ma a suo dire a Powell e colleghi rimane solo un altro rialzo, con una recessione verso la metà dell’anno che potrebbe far deviare il percorso del loro ciclo di inasprimento.
Jonathan Duensing, head of fixed income Us di Amundi Us, fa notare che il mercato inizialmente ha ceduto dopo la pubblicazione della dichiarazione del Fomc, in quanto il fatto che non vi fossero stati cambiamenti rispetto alle linee guida precedenti è stato interpretato come una scelta da falco, ma ha registrato un forte rialzo durante la conferenza stampa, poiché Powell ha espresso ottimismo per un ‘atterraggio morbido’ e non si è sbilanciato sull’allentamento a breve termine delle condizioni finanziarie. Ma Duensing preferisce restare cauto. “Prevediamo una volatilità del mercato nel medio periodo, perché gli investitori scontano i dati in arrivo a breve su lavoro, crescita e inflazione e la reazione della Fed a questi dati sul fronte della politica monetaria”, avverte.
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Come muoversi dunque? Con cautela, appunto. Come fa notare anche Nick, i mercati stanno prezzando quasi lo scenario migliore per l’economia statunitense quest’anno: crescita positiva, rapida disinflazione e continuo allentamento delle condizioni finanziarie. “Questa previsione potrebbe rivelarsi valida, ma andando in avanti potrebbero esserci notevoli rischi di rally simultanei dei mercati azionari e obbligazionari”, mette in guardia. “Poiché continuiamo a ritenere che la Fed aumenterà i tassi più di quanto i mercati si aspettino, e li manterrà più alti più a lungo, non possiamo escludere un ritorno alle condizioni di mercato che hanno prevalso nel 2022”, prosegue. Poi precisa: “A meno che la Fed non faccia un passo indietro, siamo posizionati per un ritorno a un contesto guidato dai settori difensivi, in cui è probabile che gli asset di qualità superiore e duration più breve registrino buone performance”.
L’esperto Nuveen spiega di aver iniziato l’anno con un atteggiamento rialzista verso il credito societario investment grade e high yield, nonché sui municipal bond, e che questa view non è cambiata. “Siamo inoltre incoraggiati dalla riapertura della Cina e dalle migliori notizie economiche provenienti dall’Europa, che ci hanno reso meno negativi sulle asset class non statunitensi, anche se il dollaro ha ceduto alcuni guadagni”, aggiunge.
Haefele predilige invece le strategie che forniscono un’esposizione al rialzo del mercato azionario, aggiungendo al tempo stesso una protezione dai ribassi. “Incorporiamo una combinazione di opportunità difensive (beni di consumo e assistenza sanitaria), value e income che dovrebbero sovraperformare in un contesto di alta inflazione e crescita in rallentamento, insieme a ciclici selezionati che dovrebbero dare buoni risultati quando i mercati inizieranno ad anticipare le flessioni”, chiarisce.
Per quanto riguarda le azioni, l’esperto Ubs preferisce i mercati emergenti, tra cui la Cina e le azioni tedesche, all’equity Usa e al settore tecnologico. Nel reddito fisso, ritiene interessanti i segmenti più difensivi e di qualità superiore, con una preferenza per le obbligazioni high grade e investment grade. Tra le valute, con la Fed probabilmente più vicina alla fine del suo ciclo di rialzi rispetto alla Bce, suggerisce di ridurre l’esposizione al biglietto verde e di preferire il dollaro australiano.
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