A maggio l’indice dei prezzi cala al 4%. Resta alto, anche se in frenata, il dato core: +5,3%. Per i gestori, il Fomc non toccherà i tassi ma il pivot è ancora lontano
Jerome Powell, presidente della Fed,
Ormai i mercati non hanno quasi più dubbi: la Federal Reserve di Jerome Powell si prenderà una pausa nella sua guerra all’inflazione combattuta negli ultimi quattordici mesi a colpi di rialzi dei tassi. A rendere ancora più plausibile l’ipotesi è arrivato, a riunione del Fomc appena iniziata, il dato sui prezzi al consumo (Cpi), che a maggio si è attestato sui minimi da due anni. Una frenata che lascia ben sperare per il meeting ma non illude i gestori: il carovita resterà per molto al di sopra del target del 2% e la banca centrale americana non ha ancora terminato il lavoro.
Nel dettaglio, a maggio l’inflazione negli Stati Uniti è aumentata in linea con le attese sia livello tendenziale che congiunturale. I prezzi sono infatti cresciuti dello 0,1% rispetto ad aprile, contro il +0,2% delle stime degli analisti e in decelerazione rispetto al +0,4% del mese precedente. Sull’anno, la crescita è stata del +4%, in discesa dal 4,9% di aprile e ai minimi da marzo 2021. Il dato ‘core’, quello depurato delle componenti più volatili come cibo ed energia e ritenuto più interessante dalla Fed, è invece cresciuto del 5,3%, dopo il +5,5% di aprile e contro il +5,2% del consensus, e dello 0,4% su base mensile.
Fed verso una pausa “da falco”
Dopo dieci rialzi consecutivi, Powell e colleghi dovrebbero dunque optare per una sosta. Ipotesi che nessun analista identifica però con la fine al ciclo restrittivo. Specie alla luce di quanto operato qualche giorno fa dalla Banca centrale del Canada, che è ripartita con un ampliamento di 25 punti base e ha portando i tassi ai massimi degli ultimi 22 anni per contrastare un’inflazione ancora molto lontana dall’obiettivo del 2%.
Michelle Cluver, portfolio strategist di Global X
Per Michelle Cluver, portfolio strategist di Global X, il Cpi al 4,0%, quindi leggermente al di sotto delle aspettative di mercato del 4,1%, è “incoraggiante”, con la riduzione dei prezzi dell’energia che ha contribuito alla discesa. “Tuttavia, in linea con le attese, l’inflazione core è più persistente e si attesta al 5,3%. Sia i prezzi dei beni rifugio che le auto usate sono rimasti una componente chiave nello spingere al rialzo il dato”. Da qui, la sua convinzione che la Fed manterrà i tassi invariati al Fomc di giugno”, precisa.
Ma Cluver ricorda soprattutto che spesso, in fatto di banche centrali, il messaggio è più importante rispetto alla decisione effettiva. “Ci aspettiamo che la prossima sia una pausa da falco, seguita da un rialzo a luglio. I mercati si concentreranno sulle proiezioni, prestando particolare attenzione a una revisione al rialzo delle aspettative di inflazione e del dot plot”, avverte.Per l’esperta, infatti, sebbene la Jerome Powell possa evitare di modificare i tassi in alcune riunioni, fattori come l’inflazione elevata, il mercato del lavoro rigido, l’aumento della propensione al rischio e la maggiore stabilità del sistema bancario lo costringeranno a mantenere una propensione al rialzo per quanto riguarda la traiettoria tassi.
Michael Contopoulos, director of fixed income di Richard Bernstein Advisors (iM Global Partner)
Anche Michael Contopoulos, director of fixed income di Richard Bernstein Advisors (iM Global Partner), avverte che la pausa non è certo il ‘pivot’ tanto atteso. “Su questo il mercato ha un’idea completamente sbagliata, anche perché i tagli in realtà sarebbero un fattore negativo per gli asset di rischio. L’obbligazionario sembra prevedere da qui a fine anno ancora un rialzo e un ribasso. A mio parere, la situazione potrebbe essere più netta di così: o la Fed non stringe quest’anno o la crescita cala così tanto che la taglierà molto già nel 2023. Propendo per la prima ipotesi”, spiega.
Secondo l’esperto, per il 2024, il mercato dei bond sta invece prezzando tagli di 200 punti base, dunque ipotizzando che la recessione non avverrà prima dell’anno prossimo. “Su questo sono tendenzialmente d’accordo. La nostra maggiore preoccupazione è un credit crunch che faccia aumentare sensibilmente gli spread, cosa piuttosto probabile. Per questo motivo, non abbiamo un’esposizione significativa al credito societario. I tassi di default delle aziende più deboli stanno accelerando, operando come un canarino nella miniera”, afferma.
Il consiglio di Contopoulos è quindi di mantenere un certo equilibrio nel portafoglio a reddito fisso. “I Treasury e i prodotti cartolarizzati di alta qualità restano al momento rifugi sicuri. Gli investitori dovrebbero cercare rendimenti nella parte lunga della curva e bilanciarli con prodotti di alta qualità a duration breve o nulla: liquidità, prodotti cartolarizzati e altro. Meglio non farsi tentare dai titoli corporate e prepararsi a essere tattici. Contrariamente all’opinione comune, quest’anno navigare il reddito fisso non sarà facile e richiederà una gestione attiva”, conclude.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte
Sulla stessa linea anche Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. “Il dato di oggi è in linea con la possibilità (incorporata già nei prezzi degli Ois) che la Fed arresti temporaneamente la fase di rialzo dei tassi nella riunione del 14 giugno, segnalando però al contempo come potrebbe trattarsi di una pausa non definitiva”, spiega. Poi aggiunge: “Per il secondo semestre, confermiamo lo scenario di ridimensionamento dei tassi di mercato in attesa di rallentamento dell’inflazione e soprattutto della crescita, che insieme potrebbero comportare un clima di attesa di ammorbidimento o inversione della politica monetaria in ottica 2024”. “Il livello importante di supporto in termini di tasso decennale Treasury per ipotizzare una seconda fase di calo dei tassi Us è rappresentato dall’area 3,30%”, conclude.
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