Pensioni, il 40% prende meno di 12 mila euro all’anno
Il 23% dei lavoratori non arriva a 780 euro al mese, meno del Reddito di cittadinanza. E Tridico avverte: “Chi è povero lavorativamente oggi sarà un povero pensionisticamente domani”
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Il 2022 potrebbe esser un anno nefasto anche per la previdenza. Il terribile mix di inflazione, volatilità dei mercati e bassi tassi d’interesse sta infatti mettendo sempre più sotto pressione i risparmi pensionistici a livello globale. Il dato emerge dal Global Retirement Index 2022 di Natixis Investment Managers, che vede l’Italia ancora al 31° posto per quanto riguarda la sicurezza pensionistica, con un punteggio del 62%, identico a quello del 2021.
Giunto alla decima edizione, il Global Retirement Index è un indice multidimensionale, progettato per esaminare i fattori che condizionano la sicurezza pensionistica, combinando gli indicatori chiave su elementi essenziali per poter beneficiare di una pensione sostenibile e certa.
Ebbene: la rilevazione di quest’anno inquadra il 2022 potenzialmente come uno dei peggiori anni per andare in pensione a memoria d’uomo. I pensionati rischiano infatti non solo di ricavare il reddito da pensione da un patrimonio già impoverito, ma anche di dover assumere maggiori rischi in portafoglio per recuperare il terreno già perso.
L’indice prende in considerazione 18 indicatori di performance, raggruppati in quattro macro-temi che coprono diversi aspetti chiave per il benessere in pensione: i mezzi materiali per vivere comodamente; l’accesso a servizi finanziari di qualità per aiutare a preservare il valore dei risparmi e massimizzare il reddito; l’accesso a servizi sanitari di qualità; un ambiente pulito e sicuro.
E in Italia la situazione si conferma non particolarmente rosea. Nel nostro Paese, come si diceva, la sicurezza pensionistica si è confermata nel complesso sugli stessi livelli dell’anno scorso e sui quattro macro-temi esaminati si classifica al 20°posto, rispetto al 21°del 2021, per quanto riguarda i servizi sanitari, e per la qualità della vita, mentre è oltre il 25° posto sia per quanto riguarda le condizioni finanziarie in pensione sia per il benessere materiale dei pensionati.
A livello globale, la Norvegia è balzata al primo posto dell’indice dopo essere stata per quattro anni consecutivi sull’ultimo gradino del podio, seguita da Svizzera e Islanda. Completano la top ten Irlanda (4°), Australia (5°), Nuova Zelanda (6°), Lussemburgo (7°), Paesi Bassi (8°), Danimarca (9°) e Repubblica Ceca (10°).
Tra le peggiori minacce che incombono sui pensionati c’è appunto quella dell’inflazione. Per la maggior parte dell’ultimo decennio l’inflazione si è attestata su livelli eccezionalmente bassi, con un valore medio dell’1,76% tra il 2012 e il 2020 nei 38 Paesi Ocse. Nella prima metà di quest’anno, il carovita è però aumentato, raggiungendo il 9,6% a maggio.
La rapidità con cui i prezzi sono aumentati, sottolineano gli esperti Natixis Im, è un fattore che induce a ripensare i fondamenti della pianificazione pensionistica: i significativi aumenti dei prezzi del petrolio, dei generi alimentari e delle abitazioni stanno riducendo il potere d’acquisto dei pensionati e rappresentano una lezione economica di fondamentale importanza per coloro che stanno pianificando la pensione.
“In genere – spiega Marco Barindelli, responsabile per l’Italia di Natixis Im – le pensioni registrano performance migliori nei periodi di inflazione, quando le banche centrali attuano aumenti dei tassi di interesse per contenere l’aumento dei prezzi. Ciò è dovuto all’effetto altalenante che i tassi hanno sui costi delle prestazioni pensionistiche. In parole povere: più alto è il tasso, più basso è il valore attuale delle passività”.
“Ora che i tassi sono aumentati, il valore attuale delle prestazioni si sta riducendo per molti, anche se non tutti gli operatori previdenziali rispondono in egual misura. L’aumento dell’inflazione rende più difficile il confronto con il Tfr; d’altra parte i tassi più elevati consentono, in fase di accumulo, di investire i contributi a rendimenti progressivamente più elevati. Sul versante delle pensioni pubbliche, i conti potrebbero non essere altrettanto semplici, in quanto occorre tenere presente il maggior costo del debito”, avverte Barindelli.
Ma non c’è solo l’inflazione a minacciare le tasche dei pensionati. L’Ocse prevede che la popolazione over 65 aumenterà dal 17% (del 2019) al 27% entro il 2050, aumentando i rischi sulla sicurezza previdenziale ed esercitando ulteriori pressioni sui sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine. Anche le regioni con popolazioni giovani potrebbero presto trovarsi di fronte a sfide, poiché il miglioramento dell’alimentazione, dell’assistenza sanitaria e dei fattori ambientali contribuiscono alla longevità e i bassi tassi di natalità contribuiscono a far invecchiare la popolazione complessiva. Questo è il caso sia della Cina sia dell’America Latina nel 2022.
Gli esperti Natixis Im fanno anche notare che l’invecchiamento della popolazione presenta scelte limitate per i politici, soprattutto perché le prestazioni pensionistiche e sanitarie dovranno competere con la necessità di ripagare il debito pubblico, che tra le economie avanzate è salito a 226 mila miliardi di dollari nel 2020. Per compensare la mancanza di fondi, i politici potrebbero dover scegliere una delle seguenti opzioni, nessuna delle quali è popolare tra gli elettori: aumentare le imposte sul reddito, innalzare l’età pensionabile o ridurre le prestazioni.
“Le sfide che si stanno affrontando ora e che si affronteranno in futuro sono chiare. Ottenere il giusto pensionamento e contribuire a garantire che gli individui possano vivere con dignità dopo gli anni di lavoro è una questione di sostenibilità fondamentale per la società. Dovranno essere prese decisioni difficili quando i politici cercheranno di conciliare i bilanci con gli impegni per le prestazioni pensionistiche e sanitarie pubbliche. Il successo richiederà uno sforzo concertato da parte non solo dei politici, ma anche dei datori di lavoro, del settore dei servizi finanziari e dei singoli individui. Tutto inizia con la comprensione dei rischi”, conclude Barindelli.
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